Questi la caccerà per ogne villa

232

Su dantepertutti.com del 28.3.2016

Il Sommo Poeta, dopo che si è visto sbarrare il cammino da una lupa, che gli ha fatto tremar le vene e i polsi impedendogli di raggiungere il dilettoso monte, farà l’incontro che gli cambierà il destino: quello con Virgilio.

Siamo nel cuore del primo canto dell’Inferno.

Questi, presentatosi con un’ampia perifrasi, dalla quale Dante rileva che si trova proprio davanti a quel Virgilio, prima esorta il viandante a seguire un’altra strada, “se vuo’ campar d’esto loco selvaggio ”, poi gli annuncia l’avvento di un veltro, che farà morir con doglia la lupa, infine conclude in tal modo: “Questi non sarà avido di terre, né di ricchezze, ma nutrirà il suo spirito nel nome della Trinità Divina, e avrà umili origini. Salverà l’Italia decaduta, a causa della quale persero la vita la giovane Camilla, Eurialo, Turno e Niso a causa delle ferite. Questi la caccerà per ogne villa, fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno, là onde ’nvidia prima dipartilla ”.

Fin qui il racconto.

I primi commentatori della Commedia furono abbastanza cauti nel dare una identità vera e propria a tale personaggio, mentre più audaci furono i successivi, anche se in realtà anche costoro dovettero prendere atto che l’identità del veltro era secondaria rispetto alla sua funzione di estirpare la cupidigia – lupa dall’animo degli uomini. Se Vellutello fu il primo a dire che fosse Cangrande della Scala, il signore di Verona che diede ospitalità a Dante in esilio, per Betti fu Benedetto XI, il successore di Bonifacio VIII, che tentò vanamente di porre fine alle lotte civili di Firenze; per Mazzoni, invece, fu Enrico VII, l’imperatore a cui Dante scrisse perfino una lettera, quando nel 1310 stava per scendere in Italia a restaurare l’autorità dell’Impero.

Addirittura Getto, Della Torre e Olshki avanzarono l’ipotesi che il veltro fosse lo stesso Dante, per non parlare di alcune interpretazioni, al limite della decenza, che si sono spinte ad avvalorare l’ipotesi che si trattasse di Mussolini o di Hitler.

Gli studiosi più recenti (Bambaglioli su tutti), comunque, appurata ormai la inutilità della ricerca, si sono orientati verso tre figure rappresentative: un imperatore o un suo vicario (Cian, Singleton, Barbi), un pontefice (Torraca, Porena, Tondelli), un virtuoso riformista, come diremmo oggi (Petrocchi, Sapegno, Pietrobono). Ma forse l’ipotesi più giusta, che sottoscriviamo appieno, è che neppure Dante conoscesse l’identità di questo veltro, al momento della stesura del primo canto dell’Inferno. E chissà se, nel citarlo, non abbia provato un sottile piacere, magari manifestato con un sorrisino sulle labbra, immaginando futuri lettori e interpreti tormentarsi per comprendere chi fosse senza venirne a capo!