L’intelligenza della donna

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Io me li ricordo bene gli anni 50, non per la crisi che attanagliava l’Italia, ma perché erano periodi, per me, spensierati.

Erano gli anni in cui le stagioni erano lunghe, ma l’autunno si faceva sentire e l’inverno ancora di più per il freddo che penetrava nelle ossa e le giornate, nonostante facesse buio presto, non passavano mai specie le ore serali. Unico svago lo studio. Io cominciai a frequentare la scuola proprio nel ’50.

In quel periodo alle elementari per tutti i cinque anni si era seguiti da un solo insegnante.

Ricordo che nelle lunghe serate d’inverno, subito dopo cena, i “vicini di casa” si riunivano parlando del più o del meno e quasi sempre c’era qualche anziano che raccontava aneddoti e storie di vita, tenendo noi ragazzi, col cuore in gola, a sentire parlare di storie dei paladini di Francia, degli spiriti di casa, di favole e di tanti racconti che vengono alla mente, ora che sono avanti negli anni, con i capelli bianchi, con le famiglie smembrate e dove ognuno si ritira nella propria stanza a seguire un programma televisivo diverso dagli altri.

Quelli si che erano bei periodi, perché, come detto, ci riunivamo in una abitazione tre, quattro e anche cinque famiglie, attorno ad un braciere di fuoco ad ascoltare novelle o favole.

In quel periodo non c’era neanche l’energia elettrica; qualcuno aveva il lume a petrolio, altri le candele. Fuori tirava vento o pioveva (e spesso la pioggia durava due, tre, quattro giorni) o a volte fioccava e nevicava. Ci portavamo le sedie da casa e ci sistemavamo a circolo ad ascoltare qualche anziano, ma il più delle volte era mio padre colui che narrava, che intratteneva le persone, raccontando tante cose, fino a quando noi ragazzi non crollavamo dal sonno e la seduta veniva sospesa e rinviata alla sera successiva.

Fra le tante storie che mi ricordo una in particolare mi colpì.

Una ricca famiglia, proprietaria terriera, composta dal padre, dalla madre e dall’unico figlio, bello come un Dio, amante della cultura e dell’arte. Costui aveva raggiunto i trenta anni e passava il tempo a studiare i testi della sua ricca biblioteca disinteressandosi della proprietà, della vita mondana e delle donne in particolare. La cosa preoccupava i genitori i quali volevano che il figlio desse loro un nipotino sia per continuare il casato che per trasmettere tutti i beni. Vittorio stava leggendo sotto un albero ombroso un libro, quando il servo Carlo si avvicinò con circospezione e aspettò che il giovane alzasse gli occhi per riferirgli quanto appresso:

Signorino, il Suo signor padre, il principe della rocca di Miragliano, desidera vederla nel salotto, il più presto possibile“.

Dopo aver riferito il messaggio, fece un inchino e silenziosamente andò via. Il giovane, completò il capitolo del libro, lo chiuse, se lo mise sotto l’ascella sinistra e si diresse verso casa. Il principe della rocca di Miragliano, un uomo tutto di un pezzo, sui sessanta – settanta anni, fumava la sua pipa, mentre di tanto in tanto beveva il suo brandy, seduto nella sua poltrona preferita, pensando alle parole da dire al figlio. Due tocchi alla porta d’ingresso e Vittorio entrò in quella stanza arredata molto elegantemente, con il tetto tutto dipinto con scene di caccia e con lo stemma del casato. Il giovane vi entrava solo per prendervi i libri, non era solito soffermarsi a leggere la dentro, perché si sentiva oppresso.

“Cosa desiderate signor padre? Avete bisogno di me? Volete conversare o dovete riferirmi qualcosa?”

“Caro Vittorio, sono preoccupato perché il nostro casato ancora non ha un erede e sarebbe nostro desiderio avere un nipote”. “Signor padre, è vero, i libri e la cultura mi hanno forviato verso mondi nuovi e non mi sono interessato di andare alla ricerca di una donna che potesse piacermi e che diventasse la mia sposa. Se è vostro desiderio che io mi ammogli vedrò di accontentarvi. “Grazie figliolo, lo so che sei un ragazzo d’oro e che faresti di tutto per contentare i tuoi genitori. Mi sento più sollevato.

La voce che il principino cercava moglie si sparse in un battibaleno e nel villaggio arrivarono tante bellezze, ma avendo gusti molto difficili e nessuna lo soddisfaceva per un motivo o per un altro.

I mesi trascorrevano inesorabili e Vittorio si era stancato di dire sempre di no alle varie ragazze che si presentavano. Passò un anno, un mese e un giorno, quando il giovane disse al padre: ”Signor padre, la mia scelta è quasi fatta: solo tre ragazze sono di mio gradimento. Ho bisogno di alcuni giorni per prendere le mie decisioni.” Il principe e la principessa si ritirarono nelle loro stanze, tirando un sospiro di sollievo, perché il loro desiderio finalmente sembrava avverarsi. Le tre ragazze erano Elisabetta, Rachele e Elena, tutte di nobili casate, ma di scarsa cultura. Vittorio le chiamò e disse loro che li avrebbe sottoposte ad una prova; poi avrebbe stabilito con quale sposarsi.

Loro dovevano dormire solo una notte con lui.

Vittorio ed Elisabetta dormirono in una stanza riccamente adornata, in un letto matrimoniale. Ad una certa ora il giovane svegliò Elisabetta e le disse:”Vedi quello spioncino di là? Aprilo e mi riferisci cosa vedi!” Ancora assonnata e innervosita dall’essere stata svegliata nel pieno della notte, suo malgrado, si alzò, aprì lo spioncino e disse: ”Qua è buio pesto. Non vedo niente.” E Vittorio: ”Secondo te che ora potrebbe essere?” Lei rispose: ”Che vuoi che ne sappia che ora è?. Io normalmente mi sveglio molto tardi, a giorno fatto.” E Vittorio: ”Va bene, puoi rimetterti a dormire”. Anche Rachele fu sottoposta alla stessa prova e la giovane donna diede quasi le stesse risposte.

Fu la volta di Elena che, svegliata in piena notte, non manifestò alcun nervosismo.

Anzi disse: ”Vittorio, hai bisogno di qualcosa? Stai male?” Il giovane fece aprire lo spioncino e disse:”Elena guarda fuori e dimmi cosa vedi.

cielostellato

”La ragazza eseguì il comando, aprì lo spioncino e mise la testa fuori, dicendo: ”Siamo nel pieno della notte, ma il cielo stellato mi fa capire che domani sarà un bel giorno.” E Vittorio: ”Secondo te, che ora potrebbe essere?” Elena, rimettendo la testa fuori, disse:”E’ tardi per chi doveva alzarsi prima, ma è presto per chi deve alzarsi più tardi.” Vittorio rimase soddisfatto delle risposte e nel volgere di qualche mese i due si sposarono e più avanti arricchirono il loro casato con cinque maschi e tre femmine, tutti bellissimi.

Questa favola ci fa capire che l’uomo può essere intelligente, ma non potrà mai superare l’astuzia di una donna.