Don Matteo

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Don Matteo è sdraiato in un materasso tutto bucherellato nell’ostello Roupa Feliz, nella favela.

Il materasso bucherellato l’ha scelto lui, c’erano altri materassi ben migliori, ma lui ha voluto il peggiore. Ha un terribile mal di testa. Una settimana nella favela e non ha combinato niente. Marzia, la direttrice dell’asilo, è piena di impegni e non ha avuto tempo di analizzare il progetto che Matteo, barba lunga da frate, ha scritto. Un progetto pieno di belle idee su come redimere alcuni adolescenti, su come allontanarli dal narcotraffico. Un bel progetto su come aiutare gli adolescenti che già studiano, il piano di un corso preparatorio all’esame di ammissione all’università pubblica.

Perché in Brasile la maggioranza degli studenti che entrano nell’università pubblica vengono da scuole private, non frequentate dai favelados.

Ed ecco che Don Matteo ha pensato ad una scuola, ad un corso preparatorio di un anno, un corso serale nella parte più povera della favela, Matteo ha già contattato i professori che verranno scortati ogni volta che risaliranno la collina e verranno accompagnati dopo le lezioni fino alla metro. Lezioni di matematica, scienze, chimica, fisica, storia, geografia e portoghese. L’idea non è originale ma sicuramente è rivoluzionaria come molte idee di Matteo. Che vuole creare almeno una classe e cominciare il prima possibile ed ottenere il massimo dai suoi studenti, vuole seguirli, accompagnarli, motivarli, vuole conoscere le loro famiglie ma prima …

Prima ha bisogno che Marzia approvi il progetto e lo timbri col logo dell’organizzazione di cui è leader.

Poi Don Matteo manderà il testo ai suoi contatti che (spera) gli daranno l’ok e il denaro necessario. Di quanto denaro hanno bisogno? E’ Marzia che deve dirlo ma in questa prima settimana di permanenza del prete nella favela lei non ha avuto il tempo di aprire il file che lui le ha inviato. E’ troppo presa da mille cose, da mille lavori, last but not least quello di cucire e ricamare dei cuscini da vendere a Matteo non sa chi …

Don Matteo ieri si è ubriacato in un bar della Via Apia e oggi è sdraiato nel materasso bucato, e sta fumando. La cenere della sigaretta cade sul pavimento. Mentre dalla finestra giungono i suoni di strane musiche locali, lui ascolta Francesco Guccini con gli auricolari. E piange pensando all’infanzia, all’oratorio, agli amici, alle amichette, al suo primo amore che si chiamava Barbara e aveva le fossette nelle guance. Matteo nemmeno ricorda se le fossette le avesse davvero. La voce di Guccini è struggente, le parole sono come lame, come proiettili che intaccano la coscienza. Non può fallire. Ha giurato a se stesso e a Dio che avrebbe cambiato la vita di un pugno di adolescenti, soprattutto di quelli che ancora imbracciano un fucile.

E’ triste. E’ solo, seduto ora nella stanzetta pulita.

Dal terrazzo dell’ostello ieri ha contemplato le luci delle altre case, tutte sparse lungo la vallata, sopra e sotto di lui. Le ha contemplate e si è detto, dopo l’ennesima birra, che il suo posto è qui, che lui è venuto fino a qui per cambiare il mondo. Ma lui ora non sa se è venuto fino a qui per cambiare il mondo. Lui oggi ha solo voglia di dormire e di svegliarsi bambino all’oratorio, lui oggi ha voglia di sentire quell’innocenza che sentiva quando desiderava Barbara (ci pensa e si accende un’altra sigaretta) e la seguiva con lo sguardo mentre lei giocava a pallavolo o scherzava con le amiche, poi un giorno si sono baciati sì, nel teatro dell’oratorio e Guccini glielo ricorda e gli ricorda che non ebbe il coraggio di farci all’amore.

Decise anzi di diventare prete, di seguire Gesù, pensò che cambiare il mondo era meglio di abbandonarsi ai piaceri della carne. Eppure beve e fuma … Col passare del tempo si è concesso qualche vizio … Se Marzia continuerà a tergiversare è possibile che lui decida di provare anche i piaceri del sesso … Cosa sta facendo in Brasile, cosa sta facendo seduto nella parte alta della favela, cosa c’entra lui con questa gente? Basta! Basta! Non tollera più tutta questa attesa, il tempo speso a fare niente, cioè a non fare il bene. E se decidesse di fare il male? Questi sono i pensieri che gli vengono in favela: se decidesse di fare il male?

Che male ci sarebbe in fondo, tutti fanno un po’ di bene e un po’ di male, perché lui deve fare sempre il bene, perché lui deve combattere contro se stesso, solo perché ha deciso di seguire l’esempio di Gesù?

Matteo ha dei dubbi ed è colpa di Guccini e delle birre bevute ieri al bar ridacchiando con gli adolescenti della organizzazione non governativa, Don Matteo frequenta i giovani perché si sente ancora giovane ma non lo è, non lo è … Perché quando Barbara dalle cosce larghe gli si offrì, quando lei gli mise, gli prese la mano e se la mise sul seno perché lui la rifiutò?

“Basta, se Marzia continua a tergiversare, io andrò con una prostituta” pensa Don Matteo e subito si pente.

Si alza, si avvicina allo sgabello, accende il computer per cercare di parlare via skype con la madre, in Italia. Ma in Brasile sono le sei di sera e la madre, che è una vecchietta e vive nella provincia di Milano, starà dormendo. Chiude il computer, si toglie gli auricolari, avvicina pensieroso una mano alla tempia. Ascolta, ad occhi chiusi, i suoni della favela: la radio, le radio a volume altissimo, la gente che schiamazza, i cani che abbaiano, lo scoppio di qualche fuoco d’artificio, l’assenza di silenzio lo inquieta. Lo inquieta il ricordo delle fossette nelle guance di Barbara, i capelli neri che angelicamente le ricoprivano le spalle, la camicetta scollata, lui non la deflorò perché non volle rovinare tutta quella bellezza. Qualcuno, probabilmente il demonio, gli ha insegnato che la violenza uccide la bellezza. E il desiderio genera violenza, lo sanno bene i narcotrafficanti adolescenti …

A chi piacciono i racconti, consiglio questo romanzo:
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