Cotale gioco non fue mai veduto, c’aggio vercogna di dir …

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Dentro la tenda dove, come ogni mattina di quellʼafoso Agosto dellʼAnno Domini 1241, il Notaro sta redigendo lʼennesimo atto per il suo imperatore, impegnato in una importante missione a Roma – a proposito, ci troviamo nei pressi di Tivoli – quando dʼun tratto si fa annunciare un messo.

Questi, fatto subito entrare dalla guardia, lo raggiunge e, salutandolo con il rispetto dovuto a un personaggio di cotanto rilievo, gli porge una lettera. Si tratta, in realtà, di una poesia dal titolo “Qual om riprende altrùʼ ispessamente” di tal ʻAbate di Tivoliʼ, con il quale il nostro Notaro, altrimenti noto come Jacopo da Lentini, ha intrapreso da poco una tenzone sul tema dellʼamore. Questa è la sua replica.

Cotale gioco mai non fue veduto,

c’aggio vercogna di dir ciò ch’io sento,

e dottone che non mi sia creduto,

però c’ogn’om ne vive a scaltrimento;

pur uno poco sia d’amor feruto,

sì si ragenza e fa suo parlamento,

e dice: “Donna, s’io non aggio aiuto,

io me ’nde moro, e fonne saramento”.

Però gran noia mi fanno menzonieri,

si ’mprontamente dicon lor menzogna,

ch’eo lo vero dirialo volontieri;

ma tacciolmi, che no mi sia vergogna,

ca d’onne parte amoroso pensieri

intrat’è in meve com’agua in spugna.

 

‘Cotale gioco mai non fue veduto’

di Jacopo da Lentini allʼAbate di Tivoli