Il mausoleo dei Plauzi è una meraviglia dei tempi remoti. La gens Plautia fu una delle più antiche famiglie di Roma. Si attivò per edificare nel territorio dellʼager tiburtinus, in un terreno di proprietà, nei pressi del fiume Aniene, un mausoleo ispirato a quello di Cecilia Metella, sulla Via Appia. La struttura circolare, una volta ultimata, è ricoperta esternamente da blocchi di travertino. Mentre la parte interna è caratterizzata da un corridoio anulare ruotante attorno a un ambito cruciforme. Il sommo della costruzione viene fregiato da ʻsportelliʼ fissati sul soffitto a forma di sfera. Mentre la costruzione in sé è protetta da una recinzione quadrata, con colonne e statue.

Lʼedificio, realizzato quasi certamente nel I secolo d..C. dal console e generale Marco Plauzio Silvano, amico di Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto, nonché membro influente della sua famiglia.

Plauzo Silvano è il primo deceduto illustre della stessa a trovarvi degna sepultura, per essersi distinto nelle guerre illiriche. Solo più tardi, davanti allʼentrata del mausoleo, viene realizzato un manufatto rettangolare, dove trovano luogo le iscrizioni relative ai membri della gens che man mano passano a miglior vita. Tra queste iscrizioni spicca quella di Tiberio Plauzio Silvano Eliano, anchʼesso console nel 45 e nel 74 d. C. e generale.

Medioevo. Il mausoleo dei Plauzi è sfruttato come mera torre difensiva. Nel 1465, però, su iniziativa del pontefice Paolo II, viene utilizzato come posto di avvistamento e di guardia. Sulla sommità viene sistemata una merlatura, dove in un punto della stessa il papa si riserva uno stemma a ricordo dei lavori.

Il mausoleo dei Plauzi oggi.

Ormai i miei occhi si sono assuefatti allo scempio. Percorro in macchina la Maremmana Inferiore con una certa regolarità e da anni lo scenario non cambia. Non appena si svolta per imboccare detta strada dalla Via Tiburtina, qualche decina di metri dal sito dove insiste quel che resta di questo bellissimo mausoleo, ed ecco appare un alto muro, eretto a protezione degli allagamenti che periodicamente si realizzano, malgrado la presenza di idrovore, sullo slargo in corrispondenza del manufatto. Innalzamento realizzato in anni recenti con la tipica illusione dei burocrati, capaci di di risolvere i problemi solamente con la seguente logica:

“Lʼoperazione è pienamente riuscita, ma il paziente è morto”.

Anche in tal caso, “lʼoperazione muro” si è rivelata un fallimento. Questo perché, se da un lato le acque piovane, quando diluvia, non invadono più lʼarea di pertinenza di un fabbricato già deteriorato in sé, in virtù sia del passare inesorabile del tempo, sia dell’incuria umana, dall’altro ha contribuito non poco a uno stato di degrado diffuso, dovuto alla proliferazione di erbacce, crescita incontrollata di canne palustri – una caratteristica della zona – rifiuti di varia specie gettati su entrambe le sponde dell’Aniene, insomma uno stato di degrado diffuso.

Tutto ciò, nonostante gli accorati appelli e le segnalazioni continue di cittadini e associazioni, che sono indirizzate nei luoghi deputati a riceverle (Comune, Regione, Ministero), senza che i rappresentanti degli stessi facciano finalmente qualcosa di tangibile, allo scopo di ridare dignità a un monumento che, insieme agli altri disseminati per la città, contribuiscono a fare di Tivoli una delle mete preferite dal turismo culturale internazionale.

@ MERAVIGLIE TIBURTINE: IL MAUSOLEO DEI PLAUZI