La prima parte della missione di Recep Tayyip Erdoğan è riuscita. Adesso però deve salvare l’economia della Turchia. Il presidente è riuscito a farsi rieleggere con maggioranza assoluta (Il giuramento è previsto per lunedì 9 luglio). Inoltre da ora in poi avrà poteri pressoché assoluti, quasi “totalitari” grazie a un nuovo sistema costituzionale che ha rafforzato al massimo il suo ruolo. La riforma infatti prevede che tutto il potere esecutivo vada al presidente del paese, abolendo in tal modo la figura del primo ministro. Erdogan nominerà quindi direttamente i suoi ministri e nominerà uno o più vicepresidenti.

Le sfide economiche della Turchia di Erdogan

Tuttavia davanti a lui non saranno però poche le sfide da affrontare per garantire al Paese una ripresa economica. Erdogan ha puntato tutto sulla crescita, che effettivamente ha avuto una marcia impetuosa. Ma si tratta di un gigante con i “piedi d’argilla”. Tutto si basa sulla concessione di credito, che però surriscalda l’economia rendendola rovente. Gli squilibri delle partite con l’estero sono il centro del problema. Va rifinanziato il deficit delle partite correnti (6% del Pil), come quello estero di breve termine.

Quello che resta in dubbio è se adesso che è stato rieletto, Erdogan sarà disponibile a sacrificare parte della crescita del Paese per rimettere i conti a posto. Impresa tutt’altro che facile. L’inflazione è schizzata a livelli record (15,39% a giugno), così come i rendimenti dei titoli di Stato decennali: 17%. La Lira nel frattempo sprofonda. Basta aprire una qualunque piattaforma online trading forex per vedere quanto si sia svalutata la divisa turca contro euro e dollaro negli ultimi mesi. Parliamo di un deprezzamento di quasi il 20%.

Il bisogno di capitali

La Turchia ha bisogno di capitali stranieri, ma anche gli investitori più audaci adesso la guardano con sospetto. Infatti il carico del debito e l’aumento dei tassi statunitensi in programma anche nei prossimi mesi, sono un cocktail particolarmente preoccupante. Infatti il grande debito estero della Turchia rende il paese vulnerabile agli aumenti dei tassi d’interesse degli Stati Uniti (che spingono il dollaro). Malgrado Erdogan si sia fatto paladino della lotta contro i tassi alti, di fronte al precipitare degli eventi sono stati aumentati i tassi di interesse di 500 punti base da aprile. La Lira però ha continuato a scendere, con un indicatore ATR (Average True Range) che non fa presagire nulla di positivo.

La sensazione complessiva quindi, è che il giro sulle montagne russe degli ultimi mesi non sia affatto finito. Chissà se anche Erdogan l’ha compreso…