L’ ipocrisia politica disumana scatena l’inferno nelle nazioni

Italia, 878 suicidi per motivi economici. Chissenefrega, mica erano clandestini.

Una alla volta le Nazioni bruceranno esattamente come l’Inferno scatenato in Grecia, prima con l’Inferno Economico togliendo il Pane alla popolazione e poi per completare le rivendicazioni con l’Inferno di fuoco.

L’Arma più economica della sofferenza è il semplice fiammifero alla portata di tutti e può svilupparsi in orribili catastrofi.

Muoia Sansone con tutti i Filistei, questo è verbo scaturito dall’Ipocrisia Politica che mette a repentaglio l’umanità con sofferenze e suicidi, per allargarsi sempre più distruggendo uomini, famiglie e intere Nazioni per interessi personali o di gruppi di scellerati senza coscienza.

ITALIA, 878 SUICIDI PER MOTIVI ECONOMICI. CHISSENEFREGA, MICA ERANO CLANDESTINI!

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In Italia, dal 2012 al 2017 sono stati 878 i casi di suicidio legati a motivazioni economiche, mentre 608 sono stati i tentati suicidi. A rilevarlo l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” che pubblica i dati aggiornati al 2° semestre del 2017, che ha visto 56 vittime contro le 47 dei primi 6 mesi dell’anno, per un totale di 103 casi.
«I dati aggiornati al 2017 – commenta il prof. Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio e docente di Sociologia Generale e Politica della Link Campus University – evidenziano come siamo di fronte a un fenomeno che, da quando ha avuto inizio la crisi economica, sembra essere uscito da quella dimensione di “straordinarietà” legata al suo essere estrema ratio di fronte a una situazione di difficoltà, assumendo invece una allarmante dimensione di “ordinarietà”. Di qui dunque la necessità di una riforma strutturale del Welfare State in grado di ristabilire i diritti sociali. Ben vengano, dunque, interventi tangibili che sappiano conciliare il sostegno al reddito, una riforma strutturale del mercato del lavoro, che faciliti la spinta propulsiva delle imprese, e un rilancio complessivo della nostra economia. Di fronte alla evidente richiesta di aiuto che viene dalla società, è fondamentale l’impegno della politica nel rimettere al centro la dignità degli individui e la responsabilità dello Stato nel tutelare gli imprenditori e i lavoratori».

Dall’analisi complessiva dei 6 anni emerge come, nonostante la categoria professionale più colpita resti quella degli imprenditori, cresce prepotentemente il numero di vittime tra i disoccupati ma anche tra coloro che, pur possedendo un lavoro, faticano a trovare una stabilità e una serenità economica, e in molti casi a far fronte alle comuni spese quotidiane. Se dal 2012 al 2017, infatti, gli imprenditori rappresentano il 42% del totale, il 40,5% sono disoccupati e l’11,6% lavoratori dipendenti. Questi ultimi, in modo particolare, crescono dal 7,9% del 2012 al 13,6% del 2017. Considerando i dati sulla disoccupazione nel sud Italia, non sorprende che il numero più elevato di vittime tra i disoccupati si rilevi proprio nelle regioni meridionali con il 27,5% dei suicidi, mentre al Nord, patria delle piccole e medie imprese, crescono i casi tra gli imprenditori con il 31,2%.

«In questi anni il fenomeno dei suicidi per motivazioni economiche – spiega Nicola Ferrigni – ha subìto una progressiva trasformazione: se nel 2012 esso interessava infatti gli imprenditori in oltre la metà dei casi, oggi colpisce le fasce più deboli della popolazione, come chi ha perso il lavoro o chi soffre l’instabilità lavorativa ed economica. A partire dal 2015, oltre il 60% dei suicidi ha per protagonisti lavoratori dipendenti, disoccupati e pensionati».

Seppur con le differenze evidenziate, l’analisi complessiva condotta dal 2012 al 2017 mostra come il fenomeno interessi tutte le diverse aree geografiche. Se il Nord-Est infatti conta il 25,2% del totale dei suicidi avvenuti dal 2012 al 2017, rappresentano il 23,2% i casi al Sud, il 21,2% al Centro, il 19,8% nel Nord-Ovest e il 10,4% nelle Isole. Ma nel 2017, il Sud e il Nord-Ovest, entrambi con il 24,3%, superano il Nord-Est (22,3%).

In testa le regioni Veneto e Campania che nei 6 anni analizzati raccolgono rispettivamente il 16,4% e il 12,4% dei tragici episodi, in modo particolare con le province di Padova e Napoli, ma anche quelle di Venezia, Salerno e Treviso.

Dall’analisi emerge infine come la fascia d’età più esposta continui a essere quella che va dai 45 ai 54 anni, con un’incidenza percentuale pari al 34,6%. Seguono le fasce dei 55-64enni con il 24,5% degli episodi e quella dei 35-44enni con il 20,5%. A preoccupare in modo particolare è però la progressiva crescita dei casi tra i più giovani: complessivamente rappresentano circa il 10% le vittime al di sotto dei 35 anni dal 2012 al 2017; inoltre, se la fascia dei 25-34enni è passata dal 6,7% del 2012 al 10,7% del 2017, gli under 25 nel 2017 rappresentano il 4% circa del totale, quando nel 2012 non se ne contava alcun caso.

Fonte «I dati aggiornati al 2017 – commenta il prof. Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio e docente di Sociologia Generale e Politica della Link Campus University – evidenziano come siamo di fronte a un fenomeno che, da quando ha avuto inizio la crisi economica, sembra essere uscito da quella dimensione di “straordinarietà” legata al suo essere estrema ratio di fronte a una situazione di difficoltà, assumendo invece una allarmante dimensione di “ordinarietà”. Di qui dunque la necessità di una riforma strutturale del Welfare State in grado di ristabilire i diritti sociali. Ben vengano, dunque, interventi tangibili che sappiano conciliare il sostegno al reddito, una riforma strutturale del mercato del lavoro, che faciliti la spinta propulsiva delle imprese, e un rilancio complessivo della nostra economia. Di fronte alla evidente richiesta di aiuto che viene dalla società, è fondamentale l’impegno della politica nel rimettere al centro la dignità degli individui e la responsabilità dello Stato nel tutelare gli imprenditori e i lavoratori».

Anthony Ceresa Italia International Association