Tra i sepolcri descritti nel canto 10° dell’Inferno, quelli dove sono sepolti gli epicurei, il nostro eroe intrattiene un drammatico tête-à-tête con Farinata degli Uberti, il capo ghibellino che, avendolo visto aggirarsi in compagnia di Virgilio proprio tra gli stessi, lo ha apostrofato con una delle battute più famose della letteratura mondiale: “O Tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco”.

Bene. A un dato punto questo concitato scontro verbale fu interrotto brevemente dall’intervento di Cavalcante dei Cavalcanti, padre di Guido, grande amico di Dante. Il dannato chiede al poeta perché i suoi concittadini sono tanto severi con la consorteria cui apparteneva in vita, ogni volta che assumono delle decisioni che riguarda la stessa nei consigli cittadini. Al che, Dante risponde con sprezzo: “Quel che accadde a Montaperti, caro Farinata… tal orazion fa far nel nostro tempio”.

Già, Montaperti. Alzi la mano colui che non ha mai sentito nominare, almeno per una volta, la battaglia che porta il nome di questo castello, ormai scomparso? Qui, in val dʼArbia, nel Senese, alla confluenza tra il Malena e lʼArbia, il 4 Settembre 1260 si trovarono di fronte i fuoriusciti ghibellini fiorentini. Capitanati da Farinata degli Uberti e Guido Novello, i Senesi e la cavalleria tedesca comandata da Giordano di Anglano, vicario di Manfredi di Svevia in Toscana, da una parte; e Fiorentini, Perugini, Lucchesi e Orvietani dallʼaltra.

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Continua su dantepertutti.com del 18.7.2018