Come va? Come se avessi trovato il parcheggio sotto casa a Roma

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“Ma allora come stai” chiede lei… e nel chiedere con le mani indica il dentro, il cuore, e ripete: “ma come stai dentro?”. Lui le osserva e poi sorride: “perché mia moglie parla sempre con i gesti, come se dovesse spiegarle le parole”… Anche Carla scoppia a ridere: “noi dobbiamo sempre spiegarle le parole, ma per spiegarle a volte utilizziamo altri codici, le parole sono impietose, ti sfuggono, hanno mille sfaccettature…le mie hanno un’eco profonda, interminabile. Finisco ad ogni bivio a testa in giù.

Capovolta, il mio cuore prende sottobraccia il cervello e dice: sei pronto per una minchiata?”.

Ogni volta il cervello vorrebbe chiamarsi fuori, dirgli “è senza futuro”. Lui comincia a ridere: “un rosso ci sta tutto…”. Carla guarda la tela: “ho avuto un attacco di asma, stavo per dirgli ti voglio bene”. Pensa per la prima volta lui mi ha detto “ma ti voglio bene”. Pensa il suo primo “ti voglio bene” in pubblico, con noi c’era Ely. Quel ti voglio bene arrivava in un momento particolare. Sto correndo fuori da un delirio umano. Sul blocco notes vado scrivendo le parole del romanzo. Un romanzo dove ci siete un po’ tutti, un romanzo dove la vostra terrazza ha un ruolo fondamentale. Mentre volevo dire “ti voglio bene pure io”. Un attacco di asma, le parole mi si sono strozzate dentro. Sono sottosopra come la tela, non è un caso che arrivando qui, la tela sia finita sottosopra.

Si chiama “Turbinio combinatorio”, quello che regola il nostro essere.

Non è la provvidenza, il fato o il destino. Turbinio combinatorio è una teoria che mi affascina, l’ho imparata da un mio amico scrittore: Carlo Scappaticci. Un valzer di avvenimenti che si incastrano e trovandoti nel mezzo sei travolto. Mettiamola così, da anni potrebbe essere il mio fidanzato… Ulisse ed io una strana Penelope, lui percorre l’infinito e poi torna nel finito con me. Un folle mi inseguiva, spingendomi a mettere radici come l’edera attorno al suo collo stavo rischiando di soffocare la nostra storia. Volevo fuggire, le Antille olandesi, lui sapeva che se mi avesse detto “non partire” sarei andata subito a comprare il biglietto. Lui ha detto solo: “per venirti a trovare 12 ore di volo”.

Ho obiettato “è come andare in Sicilia in treno…”.

Poi è arrivata un’altra folle, per cercare di spiegargli che non valevo una minchia, che lei era il suo futuro, con le sue assurdità, ci ha fatto scoprire ancor di più le nostre affinità. Eccomi sottosopra, mi mancano le parole, nel mio tentativo di fuggire, sono sempre in fuga da qualcuno, da qualcosa, una colla speciale mi ha attaccato a questa storia, vivendo sottosopra, una miscela deflagrante mi è esplosa dentro. Mi ha fottuto il cervello, nutrendolo di poesia, di libri che corre a cercare, mi ha fottuto la mente, mi sveglio nel cuore della notte a cercare il suo rumore.

Arriva come un uragano.

Per giorni viaggi sul crinale di una cometa, poi si chiude nel suo silenzio. Ma ti ha fottuto anche il cuore, che sente il rumore della felicità nella musica assordante…nelle pagine del blocco notes il romanzo è caotico, tra le lenzuola ti senti come quando a Roma hai trovato il parcheggio sotto casa…

ECCO QUESTA POTREBBE ESSERE LA SINTESI … mi sento come se avessi trovato il parcheggio sotto casa a ROMA …

Racconto nato osservando una tela di Raffaella Manca, artista sarda che mi ispira tanto.