Pozzi ad aria e siccità

Molte multinazionali ed istituti finanziari stanno investendo nella gestione dell’acqua potabile. Nuovi fenomeni di siccità prolungate stanno colpendo anche i paesi temperati.

519

Pozzi ad aria e siccità

Il 21 aprile 2018, Giornata della Terra, è stato un buon giorno per ricordare gli stagni di rugiada ed i pozzi ad aria, nonché i tanti sistemi antichi e moderni per captare e condensare rugiada, nebbia ed umidità dall’aria stessa che ci circonda.

di Paolo Nicoletti

Il 2017 è stato l’anno della più spaventosa siccità, tanto da rendere necessario un provvedimento che non si era verificato da secoli: a Roma abbiamo visto chiudere le famose fontanelle che da sempre hanno dissetato gratis turisti e viandanti.

Ci sono volute le piogge del febbraio 2018 per cominciare a reintegrare le scorte idriche, ma la siccità prosegue, anche se alcune fontanelle di Roma sono state riaperte, e varie fonti di notizie hanno segnalato i rischi di un possibile ritorno alla terribile situazione del 2017, quando i servizi idrici sono stati sospesi od interrotti o sottoposti a severe turnazioni, e gran parte dei raccolti agricoli ha conosciuto danni immensi.

Il lettore sicuramente si chiederà se vi siano possibili misure preventive da adottare, ed in questa sede ci si limita a riportare quanto è stato fatto in altri tempi e luoghi per avere l’acqua in tempi e situazioni di penuria.

Nel 2008, ispirato dal mio compianto fratello Marco Nicoletti, ho elencato una serie di notizie su antichi sistemi per ricavare l’acqua dall’aria, semplicemente captando e condensando le grandi quantità di vapore acqueo presenti in determinati luoghi e situazioni, nell’articolo “I pozzi ad aria. Come fabbricare l’acqua“ pubblicato sul mensile “Era 2000“. (Era 2000 OnLine, ai tempi il Direttore era Mauro Piergentili, giornalista esperto tra l’altro anche di cultura ed economia spagnola). Questo articolo del 2008 è stato anche citato da benevoli siti che si sono compiaciuti di riportarlo in bibliografia.

L’acqua è infatti l’affare del futuro.

Molte multinazionali ed istituti finanziari stanno investendo nella gestione dell’acqua potabile. Nuovi fenomeni di siccità prolungate stanno colpendo anche i paesi temperati.

Ma ricavare l’acqua dall’aria, o meglio dall’atmosfera, è relativamente semplice.

Se siete stati mai ospiti di un vostro fortunato amico con casa in campagna o al mare, avrete notato talvolta di mattina o al crepuscolo quanta acqua inumidisce copiosamente il giardino o le automobili parcheggiate, anche in forma di rugiada.

Camminando in giardino, avrete lasciato le orme nell’erba bagnata e sarete stati costretti ad attendere prima di rientrare in casa. Tali rispettabili quantitativi di acqua si formano per condensazione dell’umidità atmosferica.

Va sottolineato che nella nostra atmosfera circolano abitualmente e liberamente veri e propri corsi d’acqua.

Sin dalla fine degli anni ’80 illustri scienziati meteorologi studiavano i movimenti del vapore acqueo nella troposfera, che è poi la zona dell’atmosfera direttamente a contatto con la superficie terrestre. Lo spessore della troposfera varia dagli 8 chilometri ai poli ai 20 chilometri dell’equatore. Incidentalmente, le sostanze inquinanti si concentrano nella troposfera.

Tra gli studiosi della troposfera “eretici”, ed in seguito confinati in posizioni di prestigio di media o scarsa rilevanza, spicca lo studioso del M.I.T Reginald Newell, autore di importanti testi di meteorologia.

Newell nel 1993 diffuse le sue ricerche sui 10 “atmospheric rivers”, che erano vere e proprie correnti di vapore acqueo nella troposfera, capaci di trasportare fino a 165 milioni di chilogrammi di acqua al secondo. Questi fiumi atmosferici scorrono a circa 1 chilometro e mezzo di altezza sulla superficie terrestre e le loro dimensioni si misurano in centinaia e migliaia di miglia.

Essi trasportano circa il 70% dell’acqua dall’equatore alle medie latitudini e determinano l’entità ed i luoghi delle precipitazioni atmosferiche sulle coste.

Ora, se torniamo alla nostra modesta esperienza sensibile, potremo rilevare che tutti coloro che possiedono e gestiscono un condizionatore d’aria e magari un deumidificatore sanno fin troppo bene quanta acqua esce da questi elettrodomestici. Sappiamo anche che è possibile innaffiare interi terrazzi e giardini anche grandi con l’acqua che esce dai condizionatori d’aria in funzione e a normale regime, anche da un solo condizionatore o deumidificatore.

Spesso e volentieri magari ci chiediamo come mai tali sistemi di trattamento dell’aria non vengano usati in scala più grande per produrre acqua potabile dalla nostra atmosfera.

L’ovvia risposta potrebbe essere che il dispendio di energia necessario a ricavare l’acqua dall’aria renderebbe tali sistemi non competitivi con altri sistemi generalmente usati.

Ma se la spesa fosse zero?

Ovverosia:se ci fossero sistemi per ricavare acqua dall’aria, mediante condensazione (trasformazione di un gas in un liquido) e a costo ridottissimo e magari senza dispendio di energia, non converrebbe a tutti noi approfondire tale possibilità e studiare i possibili sistemi per ottenere quanto sopra?

Questi sistemi esistono, e non da oggi.

Tra il 1900 ed il 1907 furono condotti scavi a Teodosia, antica città greca del VI sec.a.c.,poi romana e bizantina sulle coste ucraine del Mar Nero, in seguito conquistata dai mongoli e perfino colonia ligure nel Medio Evo.

Tali scavi ebbero vasto spazio mediatico e furono molto noti e famosi ed ampiamente riportati dalle cronache. Durante i predetti scavi vennero trovate tubazioni per l’acqua molto evolute, di otto-dieci cm di spessore, e si vide che esse venivano alimentate da stranissime strutture.

Tali strutture altro non erano che una decina di enormi cumuli di calcare di 13 metri di altezza, ciascuno ampio 30 metri quadri.

Questi enormi cumuli di pietre altro non erano se non veri e propri pozzi ad aria per catturare l’aria di condensa in determinate ore del giorno. Il particolare sconvolgente è che si calcolò che tali pozzi potevano produrre circa 53.000 litri di acqua al giorno!

Studiando questi antichi pozzi ad aria, Friedrichk Ziebold costruì proprio su una collina di Teodosia un condensatore atmosferico strutturato come i resti archeologici precedentemente esaminati.

Ebbene, il condensatore di Ziebold divenne famoso come esperimento brillantemente riuscito. Il suo condensatore altro non era che un cumulo di ciottoli marini di diametro variabile dai dieci ai quaranta centimetri, con un diametro di 20 metri alla base del cumulo ed un altezza di 11 metri e mezzo: eppure era capace di produrre sino a 360 litri di acqua al giorno.

E tale quantità di purissima acqua venne prodotta a costo zero fino al 1915, quando il condensatore cominciò a deteriorarsi per una spaccatura non riparata.

Il condensatore atmosferico di Teodosia, ricostruito da Fridrick Ziebold, viene citato spesso su tutti i testi (scientifici e non) che vogliano affrontare le tematiche dei condensatori atmosferici e dei pozzi ad aria, ed ai giorni nostri anche nell’articolo di Simone Canova “Si può produrre acqua nel deserto?“, sul sito di peopleforplanet.it. Sia il sito che l’articolo di Simone Canova (coordinatore della redazione di People for Planet) sono ricchi di interessante ed utile materiale, tra cui il libro scaricabile gratuitamente “Ecotecnologie a basso costo per tutto il mondo“, sulle ecotecnologie a basso costo per procurarsi la preziosa acqua e depurarla od impiegarla per usi agricoli od anche semplicemente per lavarsi.

Simone Canova elenca inoltre vari sistemi di captazione e condensazione dell’acqua che circola liberamente nell’atmosfera, tra cui gli attualissimi FogQuest studiati in Sudamerica, che si potrebbero definire come grandi reti specificamente prodotte per pescare l’acqua dall’aria, situate in punti strategici e facilmente costruibili mediante il manuale che ci si può procurare sul sito web di fogquest.org.

Gli studi di Ziebold hanno anche ispirato le entusiastiche esperienze del gruppo internazionale OPUR (Organizzazione Internazionale per utilizzazione della Rugiada), che tra l’altro ha condotto anche sperimentazioni in Sardegna sui condensatori di rugiada.

Ispirato dal condensatore di Ziebold, anche il bioclimatologo Leon Chaptal costruì un pozzo ad aria vicino a Montpellier, nel 1929. Si trattava di una piramide di cemento di tre metri quadrati alla base ed alta circa due metri e mezzo, dotata di piccoli fori di ventilazione sulla cima e sul fondo. Tale piramide era riempita di pezzi di calcare di 5-10 cm di diametro, per condensare il vapore atmosferico e raccogliere l’acqua ottenuta in un serbatoio.

Nel 1930, nel periodo corrente da aprile a settembre, la piramide raccolse circa 1.000 litri di acqua.Va rilevato, dagli studi di Chaptal, che la produzione d’acqua di questa piramide variava molto di anno in anno:infatti nel 1931 i litri di acqua prodotti furono soltanto 500.

Il pozzo ad aria di Chaptal viene riportato anche nell’interessante blog di Jacopo Ranieri, con l’articolo del 3 maggio 2017 “La cupola che condensa l’aria umida della Provenza“, che inizia con efficace materiale fotografico sul colossale pozzo ad aria dell’Ing. Achille Knapen: il pozzo di argilla in questione è alto ben 13 metri.

Di fattura molto più semplice sono invece gli stagni di rugiada descritti da Arthur Hubbard nel 1907 (nel libro “Neolithic Dew Ponds and Cattleways”) nelle strutture preistoriche d’Inghilterra. Nel 1907 c’erano ancora artigiani girovaghi in grado di costruire uno stagno di rugiada, scavando un semplice buco in terra, anche poco profondo, e riempiendolo di paglia secca, a sua volta ricoperta da uno strato di argilla. Infine, l’argilla veniva cosparsa di pietre.

Questo tipo di stagno, notte dopo notte, si riempiva gradualmente e velocemente di acqua.

Tale tipo di stagno venne descritto in Scientific American nel 1934.

Negli anni ’50 del ‘900 il famoso inventore rumeno Coanda, vissuto lungamente in contesti anglosassoni ed infine trapiantatosi in Francia, costruì un sistema per produrre acqua dalle saline.

Si trattava di un enorme silo dalle pareti riflettenti, situato pochi centimetri sopra una pozza di marea ed angolato in modo da raccogliere la luce solare. Si creava una corrente di aria forzata che, arrivata in cima al silo, era satura di umidità e veniva spinta da apposite ventole attraverso un condensatore da cui usciva acqua pura.

Stranamente, il governo francese costrinse Coanda a sospendere i suoi esperimenti sentendo minacciato il proprio monopolio sulla produzione del sale. Coanda tuttavia descrisse e brevettò i suoi sistemi.

Chi volesse approfondire tali tematiche, e trovare i brevetti di Coanda e magari anche chi ai giorni nostri fabbrica e costruisce pozzi ad aria e strutture similari, può consultare in rete siti come quelli di liutprand.it, o nexus.it od anche rexresearch.com, e soprattutto il fondamentale articolo “Air Wells,Fog Fences & Dew Ponds (methods for recovery of atmospheric Humidity)“, del 2003, di Robert A. Nelson.

Gli anni trascorsi dal 2008-2010 ad oggi hanno visto il moltiplicarsi di ricerche sulla condensazione dell’acqua e sui sistemi di captazione di essa e sulla desalinizzazione ed altre tecniche per ottenere e depurare l’acqua presente nei mari e nell’atmosfera del nostro pianeta.

Oggi è aumentata la consapevolezza e la divulgazione di tali sistemi e tecniche, che ci permetteranno di affrontare problemi sempre crescenti di siccità connessi ai mutamenti climatici globali del nostro pianeta.

Ricerche e proiezioni ormai acquisite in sedi ufficiali, anche a livello di Nazioni Unite, ci prospettano un quadro non eccessivamente ottimistico in materia di siccità e di alterazioni e sconvolgimenti dell’atmosfera. In tale situazione, non sembra inutile informarsi su sistemi semplici e poco costosi che sembrano permettere grossi benefici in termini di risorse idriche:

In Perù, ad esempio, vengono studiate reti in polipropilene che permettono di catturare letteralmente l’umidità dell’aria, ricavando acqua in quantità non trascurabili.

I lettori, informandosi su questi argomenti, possono contribuire a farsene portavoce con i propri referenti di ogni colore e credo politico e religioso.

Se l’alimentazione del futuro sarà infatti strettamente collegata alle sorti delle colture idroponiche, le colture medesime saranno strettamente collegate alla possibilità di accrescere le risorse idriche e le cisterne ed i bacini di conservazione dell’acqua potabile.

Sul prestigioso sito de “Le Scienze“ – Edizione italiana di Scientific American, è possibile leggere l’articolo del 22 febbraio 2018 “Alluvioni e siccità nell’Europa del Futuro“, che illustra ipotesi di previsioni climatiche conformi a RCP 8.5 dell’IPCC delle Nazioni Unite e riporta i risultati di uno studio rinvenibile su Environmental Research Letters, Vol. 13, Num. 3, 21 feb. 2018, Future heat-wavesdroughts and floods in 571 European cities, di S. B. Guerreiro, R. J. Dawson, C. Kilsby, E. Lewis, A. Ford.

Mentre su Wikipedia è consultabile la voce “Pozzo d’aria-Condensatore“ , le medesime parole “pozzo d’aria-condensatore“ permettono, se poste in un motore di ricerca come Google, di trovare utili riferimenti su tali argomenti.

Anche su sciencedirect.com è possibile trovare un articolo con vasta bibliografia sui cambiamenti climatici globali “Pan European seasonal trends and recent changes of drought frequency and severity“, di Jonathan Spinoni, Gustavo Naumann e Jurgen V. Vogt.

Una versione italiana del famoso articolo di Robert A. Nelson sugli airwells (pozzi ad aria) si trova ancora oggi sul sito de laleva.cc .

Mentre è del 27 luglio 2010 l’articolo “Acqua potabile spremuta dalla nebbia“, sul sito dell’ADUC, inerente la conferenza di Muenster del 2010 , ossia la Quinta conferenza Internazionale dedicata alla nebbia ed alla rugiada, nonché le considerazioni di Otto Klemm sulla rugiada e sui condensatori di nebbia.

Si ricorda infine che condensatori radiativi di rugiada sono assai sperimentati ed usati in India, mentre in America latina i peruviani e gli ecuadoregni sono molto progrediti sulle famose reti di captazione idrica.