La metropolitana di papaveri

Basta fermarsi solo qualche minuto ai margini di una distesa di papaveri, per avere la sensazione di trovarsi nella piazza di una grande città o in metropolitana.

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Chi non ha mai visto un campo di papaveri rossi? Crescono dappertutto, ai bordi delle strade, nei campi incolti, tra le fessure dei muretti a secco e persino nei tronchi cavi di albero d’ulivo. Da lontano danno la sensazione di essere un esercito ma poi, quando ci si avvicina, vien fuori tutta la loro delicatezza ed insieme fragilità. È il loro colore a tradirli o la loro consistenza? Sembra stonare la forza del rosso e i petali di velina che soltanto se sfiorati rischiano di rovinarsi. Un dualismo che stride, quasi digrigna i denti. Eppure sono lì, pronti a sbocciare ogni primavera, a sfidare il vento, certi di godersi i raggi del sole.

Basta fermarsi solo qualche minuto ai margini di una distesa di papaveri, per avere la sensazione di trovarsi nella piazza di una grande città o in metropolitana.

Tutti impettiti nei nostri abiti, tutti forti di una forza che non convince e che fa presto a sgretolarsi, proprio come quei petali lì davanti a noi. La differenza è che un papavero lo raccogli e in quel momento, a quella distanza ravvicinata, ti svela la sua incredibile sensibilità. L’animo umano, invece, puoi accoglierlo senza spezzarlo né piegarlo, perché si piagherebbe, da quel contatto ne uscirebbe ferito.

Quanto siamo fragili? E quanto siamo belli nella nostra fragilità? Un calice di cristallo non è forse più seducente di un bicchiere di plastica? Il primo, seppur rischia di rompersi al primo errore, riesce anche a suonare se sfiorato con cura; il secondo, invece, scricchiola nelle nostro mani solo quando si spacca, per il resto è silenzio.

Un papavero e la nostra esistenza hanno tanto in comune, utilizzano lo stesso vocabolario non verbale, mostrano la grande rivoluzione della vita, l’altro lato della medaglia: non vince solo e soltanto sempre il più forte, ma trionfa chi comprende il segreto più grande.

La metropolitana di papaveri – By Maria Marzolla