E’ molto facile circondarsi di amici ed è altrettanto bello averne una moltitudine. Chi non vorrebbe tante persone con cui trascorrere del tempo, dialogare e poter raccontare la propria giornata?

Tutto diventa più semplice attraverso messaggi in chat, ore di chiamate, anche una videochiamata per un saluto veloce. E’ appagante avere mille amici su Facebook, è piacevole sapere che più di cento persone hanno cliccato like all’ultimo post su Instagram ed è divertente scambiare messaggi o note vocali su WhatsApp.

Questa è la nuova era, quella delle tecnologie e dei cellulari con un’intelligenza ispirata a quella umana, questa è l’atmosfera del Ventunesimo secolo.

Nonostante sia chiaro e al contempo impossibile conoscere più di mille persone e riuscire a parlare con ognuno, la premessa che voglio fare è che pur avendo rapporti reali con la metà della metà (e così via) degli amici di Facebook e dei seguaci su Instagram, a noi piace essere conosciuti nel nostro “mondo”.

Che si intende per conosciuti?

Non c’è molto da spiegare. Un ragazzo con più followers di me è più influente, a prescindere dalla sua vera personalità, queste sono le regole. La condivisione costante e continua delle proprie foto è sicuramente il modo per farsi notare, un biglietto da visita per coloro che ci seguono. Il nostro nickname è in fondo anche il nostro soprannome, quello con cui ci facciamo riconoscere nella moltitudine dei profili. A riconoscerci sono i nostri amici, intesi come persone conosciute e non a cui inviare foto e a cui scrivere messaggi anche se ci troviamo vicini, perché il cellulare lo si deve usare sempre, e questa è un’altra delle regole. Il telefono appena citato è una delle invenzioni più importanti di sempre, di quelle che hanno rivoluzionato il mondo e il modo di vivere delle persone; ed anche a scuola può essere destabilizzante separarcene per tante ore di seguito.

Il pensiero corre a questo punto al lungo pomeriggio che ci aspetta nel tentativo di recuperare.

Chi l’avrebbe mai detto che i libri e la musica  potessero esserci offerti in digitale, e la posta, chi la riceve ancora a casa? La mia casella è piena di richieste di amicizia, offerte sui voli e sconti online, tutte da cancellare. Il mondo dei social ci priva inevitabilmente del contatto umano inteso come dialogo. È difficile che si parli spesso di persona con i propri genitori, parenti e coetanei. La genuina chiacchierata non esiste quasi più, a parere dei nativi digitali è meglio utilizzare i messaggi, molto più veloci. Questo accade a mio parere poiché i social network ci danno altre possibilità parallele a quelle della vita reale. Come il dialogo vis à vis, la condivisione delle opinioni, foto, video e molto altro, sono ora traslate in una dimensione molto più veloce.

Preferire questo tipo di comunicazione però non fa altro che allungare le distanze tra noi, e ciò accade perché, inevitabilmente, siamo tutti costretti a fare queste sostituzioni.

Non siamo altro che microscopici prigionieri in una ragnatela. Il problema fondamentale risiede nel fatto che è ormai impensabile anche semplicemente rallentare questo mondo in espansione incontrollata, perché il futuro sembra ora basato sul perfezionamento delle tecnologie della comunicazione. Di fronte a questo scenario possiamo solo impegnarci a limitare il loro uso. È facile imbattersi per strada in comitive di amici e in famiglie e magari notare che ognuno dei componenti è occupato al cellulare, ciascuno nel proprio scrigno, tra una foto su Instagram e qualche messaggio che aspetta impaziente una risposta. Per attendere si intende esigere. Altro motivo di curiosità o triste consapevolezza della realtà, è il notare che persone a brevi distanze si scambino messaggi di testo, anche se sono una di fianco all’altra.

Il dialogo tra persone è partito per un viaggio di sola andata.

Capita spesso anche di ricevere richieste di amicizia di persone che non si conoscono, o notare che qualcuno ha iniziato a seguirci, oppure che quel qualcuno ci contatti in chat privata. Profili falsi a parte, abbiamo conosciuto una nuova persona. “Come stai?” “Che fai?” “Di dove sei?” E si continua con una carrellata di altre domande che vanno avanti con altrettante risposte; a un certo punto si presume di avere piena conoscenza del nostro interlocutore. Questa è vera amicizia? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma i posteri siamo noi e rispondere è difficile. Io dico di no. L’amicizia è uno tra i sentimenti più veri e sinceri che esistano e non possono nascere relazioni autentiche tra esseri umani se non ci si frequenta personalmente, nella vita reale, uscendo, discorrendo, confidandosi.

Non è concepibile pensare di voler bene ad una persona senza averla mai conosciuta e senza averci mai parlato dal vivo.

Sarebbe troppo semplice avere amici solo chiacchierando sulle piattaforme social. D’altronde, questa non è la vita reale e, personalmente, è meglio sapere di poter contare su amici disposti ad aiutarti in una situazione di reale bisogno, pronti ad offrire supporto piuttosto che avere tanti conoscenti dietro uno schermo freddo e ingannevole. Occorre capire che il nostro uso incessante dei dispositivi elettronici è disgraziatamente diventato una dipendenza. Un’autentica dipendenza che causa profondi danni a noi stessi. Uno di questi disagi è la mancanza di attenzione e concentrazione, poiché si ha sempre da badare al cellulare. Possiamo affermare, inoltre, che gli adolescenti per costruire un’amicizia ricorrono all’uso di social, dunque ogni amicizia nasce influenzata dal loro utilizzo.

Non è più possibile intrecciare relazioni senza che siano incontaminate dalla tecnologia.

E solo adesso che si confrontano le due facce della medaglia: da un lato la necessità di aggiornarsi costantemente per lavoro, d’urgenza, per localizzarsi, dall’altro la drammatica sostituzione, da parziale a totale, delle uscite con i gruppi di WhatsApp delle chiacchierate con i messaggi. La tecnologia ci aiuta ampiamente nella vita di tutti i giorni, ma è un’arma a doppio taglio e come tale bisogna stare attenti all’utilizzo che se ne fa. Di questo molte volte ci dimentichiamo. La problematicità dei rapporti tra i ragazzi, la mancanza di discorsi da proporre, la superficialità dei contenuti quando ci si parla, l’ignoranza a volte totale della personalità altrui e la falsa idea della conoscenza, limitata a ciò che si dice di essere sui social, sono inevitabilmente conseguenze dello smodato uso della tecnologia che, anziché avvicinarci, ci allontana.

È allora evidente che la differenza tra quest’epoca e le precedenti è la marcata presenza di innovazioni in ambito tecnico e scientifico che certamente forniscono mezzi spendibili in un vasto spettro di ambiti ma hanno mutato radicalmente i rapporti tra le persone.

Un esempio può essere la consultazione dei registri elettronici direttamente dal telefono, dal Pc e dal tablet, che rimpiazza il registro cartaceo, così come fare i propri acquisti con un elementare tocco sullo schermo. Ed ecco il pacco arrivare al nostro indirizzo. Tutti questi fenomeni sono in costante osservazione e analisi da parte di studiosi e specialisti del settore in quanto essi stessi, dichiaratisi disarmati davanti un tal fenomeno, dicono che non è possibile riscontrare nell’immediato gli effetti di quest’uso dei dispositivi elettronici perché probabilmente si manifesteranno solo in un secondo momento. Infatti, non si può affermare ancora che l’uso di cellulari sia causa di emicranie, dell’aumento vertiginoso di tumori o della comparsa sempre più frequente di problemi legati alla depressione.

Di questo gli specialisti hanno solo il sospetto. Il fenomeno sembra destinato solo ad estendersi e non a ridursi interessando la maggior parte di una popolazione in crescita.

La vera questione però è la relazione tra l’uso dei telefoni e quindi dei social media e le relazioni tra esseri umani, il “link”, per usare un termine derivato dalla rete. I rapporti sono intaccati, corrotti, sporcati dai social media, e in fondo non c’è un modo per purificarli se non ridurre il loro uso. Ma ridurre l’uso può davvero migliorare le cose? Un po’ come il luogo comune che “due sigarette fanno meno male di una”, a mio parere la riduzione dell’uso degli stessi fa male tanto quanto l’utilizzo incessante. Una sigaretta danneggia anche se è una sola, così l’uso dei social, anche se ridotto al minimo indispensabile, fa male.

Questo perché ci sarebbe bisogno di costruire rapporti sani e veri nella vita reale e viverli a pieno solo nel mondo vero, in quello dove le persone si possono conoscere e le relazioni approfondire realmente.

Ci vorrebbe una connessione più autentica tra noi, un’intesa, uno sguardo, oggi troppo spesso mancanti. I rapporti  tra le persone sono sostituiti da collegamenti tra i dispositivi: il Wi-Fi, il Bluetooth, e la rete 4G sono solo alcune delle prove di questo rimpiazzo. Se ci pensiamo su sembra un’assurdità ma è la triste realtà. Quanto più ci colleghiamo via social, mandiamo foto, scriviamo messaggi e così via, tanto meno allacciamo rapporti con le altre persone. Siamo condannati a continuare ad usare la tecnologia, e proprio per questo bisogna cercare perlomeno di utilizzarli solo per le necessità, per chiamate ad esempio, e limitatamente anche per i social, in quanto ormai si comunica solo tramite quelli. Ecco svelata qual è la droga del Ventunesimo secolo: le piattaforme stesse.

Le definirei “piazze gremite di gente”, al punto che vari articoli del Duemiladiciotto riportano un numero approssimativo degli utenti in Internet.

Ci aggiriamo intorno a più di quattro miliardi di persone, e rispetto al totale mondiale di circa otto miliardi, praticamente metà mondo è online. O almeno ha un cellulare, uno smartphone. Le cose non migliorano analizzando il fenomeno dei social media. Anche lì si registra una crescita di utenti pur parlando di cifre inferiori. Ma relativamente. Due miliardi scelgono la piattaforma Facebook, e un miliardo o poco più i colossi YouTube, Whatsapp, Instagram e molti altri. Il mondo dei social potrebbe apparire ai nostri occhi come un mondo florido, pieno di condivisioni di momenti belli, ma i fatti raccontano altro. Certo, perché nel mondo reale non esiste solo la felicità e le cose belle, anzi, direi che la gioia è la minima parte dei sentimenti che si provano vivendo nella società odierna.

Per questo motivo si dice anche che questa visione di un mondo idilliaco possa causare depressione in quanto il confronto con il mondo reale è davvero impattante proprio per la loro forte distanza.

Concludendo, il fenomeno dei social media procede di pari passo con l’evoluzione e il miglioramento delle tecnologie, che siano ritenute più o meno utili; questo processo di standardizzazione e di utilizzo illimitato dei nuovi mezzi è instabile nella sua apparente sicurezza. Voglio dire che il mondo dei social ci appare chiaro e trasparente, ma nasconde una moltitudine di trappole, inganni e, ne potrebbero scaturire serie patologie, come si ipotizza. La riflessione da porre a se stessi è quanto realmente e concretamente la nostra vita sia in simbiosi con il mondo virtuale, e una volta conosciuto il fenomeno in maniera approfondita, a ciascuno non resta che decidere se modificare il proprio uso dei cellulari e riprendersi il controllo della propria indipendenza. Agli antipodi rispetto all’indipendenza c’è l’immersione in questo universo sfavillante ma insidioso. Non tutto è sempre come appare.

Il mondo parallelo dei social e di internet – Francesco Pio Nolè