Guelfi e Ghibellini: presenti!

Si o No? Guelfi o Ghibellini?

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È roba di questi giorni. Ormai non si parla, volutamente, d’altro. Un Fiorentino, non proprio doc, ma del contado, è riuscito nel suo intento, nonostante qualche recente giravolta per rimettere insieme i cocci: spaccare l’italica gente in due parti, i fautori del “sì” e quelli del “no”, nel referendum di modifica di una parte essenziale della nostra Carta costituzionale.

Allora è proprio vero, a volte ritornano (Stephen King docet). Guelfi e Ghibellini: presenti!

E, poiché i miei ricordi di scuola si sono fermati al fatto che queste due fazioni hanno scritto a loro modo, fronteggiandosi senza esclusione di colpi, la storia del Medioevo, l’una a favore del Papato, l’altra dell’Impero, la curiosità – almeno quella ancora c’è e lotta insieme a me – ha preso il sopravvento e mi ha spinto a volerne sapere di più, in particolar modo sulle loro origini.

Così, spulciando di qua e di là, sono venuto a conoscenza – e qui riporto il tutto, in virtù di quanto narrano le cronache – che la scintilla di siffatto evento si sprigionò per un banale scherzo di un giullare, durante un pranzo organizzato a Campi Bisenzio dal podestà di Firenze Corrado Orlandi, per l’investitura a cavaliere del giovane Mazzingo Tegrimi dei Mazzinghi.
Per colpa del nostro giullare, dunque, si accese una furiosa lite tra Uberto degli Infangati e Oddo dei Fifanti, rampolli di due eminenti casate di Firenze tra loro avversarie, alla fine della quale il secondo venne colpito con un coltello da Buondelmonte dei Buondelmonti, altro nobile rampollo, intervenuto a spalleggiare il suo amico Uberto.

A quel punto, per sedare gli animi, fu proprio Oddo dei Fifanti a proporre ai suoi amici e parenti (per la cronaca, gli Amidei, i Gangalandi, i Lamberti e gli Uberti), di ricucire la lite con un bel matrimonio; già, all’epoca si usava così.

Sicché, presi gli accordi di rito, a Buondelmonte – “molto leggiadro e bello cavaliere – da poco vedovo, fu proposto di accasarsi con la giovane nipote del Fifanti, e figlia di un esponente degli Amidei, Lambertuccio.
E il valente Buondelmonte? Neanche a dirlo, accettò senza batter ciglio… per ritrovarsi poi rimaritato con la figlia di una nobildonna fiorentina, Gualdrada Donati, convinto da costei.
Il risultato fu che gli si coalizzarono contro tutte le famiglie suddette. Le quali, riunite un giorno nella chiesa di Santa Maria sopra Porta, su consiglio di Mosca dei Lamberti – che disse “Capo ha cosa fatta” (ricordato da Dante, per bocca proprio di Mosca, nell’Inferno, canto 28^, vv.106-107) – decisero di lavare col sangue l’oltraggio subito dalla giovane Amidei – “per vendetta di quella ingiuria”, come recitano sempre le famose cronache.

Mia, Guelfi e Ghibellini, presentiE così, la mattina di Pasqua del 1216, il Nostro venne trucidato dai congiurati ai piedi della statua mutila di Marte posta sul Ponte Vecchio (episodio anch’esso menzionato da Dante, per bocca dell’antenato Cacciaguida, nel Paradiso, canto 16^, vv. 140-141), mentre a cavallo si recava fuori città.

Orbene, l’efferatezza di questo fatto criminoso scosse nel profondo la città, che si divise in due fazioni, assumendo l’una il nome di Guelfi, e l’altra di Ghibellini (in principio, capitanati rispettivamente dai Buondelmonti e dagli Uberti).

E ciò mi premeva di riportare, o voi che leggete. Per il mio e il vostro piacere.