L’altra notte mi venne una gran tosse

Ancora un viaggio tra i sonetti danteschi

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Dalla Tenzone tra Dante Alighieri e Forese Donati, dove il secondo, offeso poco prima da Dante sui guai della propria moglie, se ne assume stoicamente il peso: la tosse, il fatto che ella dormisse scarsamente coperta, lo stato di grande indigenza in cui versa la sua famiglia. Poi si accinge a narrare una ben strana avventura, che gli è occorsa ai primi albori di qualche giorno prima. La quale ha come protagonista principale ser Alighiero, il padre di Dante.

Firenze. Un anno imprecisato tra il 1283 e il 1296. Piove ancora. Nel dolce tepore della taverna de Il leon d’oro, Dante ha appena finito di declamare il suo sonetto dal titolo Chi udisse tossir la mal fatata, e si rimette a sedere, guardandosi attorno con lʼocchio compiaciuto. Non vola una mosca. Tutti i presenti sono in spasmodica attesa che ʻBicci vocato Foreseʼ dica la sua. Che puntualmente arriva:

“Lʼaltra notte mi venne una gran tosse,
perchʼiʼ non avea che tener a dosso;
ma incontanente che fu dì, fui mosso
per gir a guadagnar ove che fosse.
Udite la fortuna ove mʼaddosse:
chʼiʼ credetti trovar perle in un bosso
e beʼ fiorin coniati dʼoro rosso;
ed iʼ trovai Alaghier tra le fosse,
legato a nodo chʼiʼ non saccio ʼl nome,
se fu di Salamone o dʼaltro saggio.
Allora mi segnaʼ verso ʼl levante:
e queʼ mi disse: “Per amor di Dante,
scioʼmi”. Ed iʼ non potti veder come:
tornai a dietro, e compieʼ miʼ viaggio”.