Quella matta prevaricatrice, l’individualità

La diffusione del virus individualista ha infettato chiunque.

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C’era una volta l’ascolto, un fedele compagno delle nostre giornate, sapeva accarezzare la nostra curiosità, riusciva ad accompagnare le nostre ore con netta semplicità e al culmine della sua spiccata irruenza si estendeva da un capo all’altro del nostro sguardo in un arcobaleno dai tratti particolari: il silenzio.

Adesso non è più così, la diffusione del virus individualista ha infettato chiunque, nessuno escluso.

La massificazione di ogni servizio, di ogni apparato informativo, ha indotto il nostro ego a rinforzarsi e combattere il sistema con gli strumenti che lo stavano più surclassando e ciò che prima appariva come un pubblico palco, con una chiara funzione didattico-artistica, ora è una scena quotidianamente montata su misura da noi e solo per noi per gridare al mondo intero:

“Ci sono, Ci sono anch’io”.

Le conversazioni quotidiane si reggono ormai su un filo talmente sottile che cadere nel baratro del paradosso è un attimo, gli occhi riflettono le loro aspirazioni su uno schermo, quando un tempo miravano dal balcone della propria iride, il vento caldo di un sospiro vicino. Dai palcoscenici delle nostre convinzioni escono verdetti che appaiono come cure e ricette col tono di un medico curante, in un imbuto di desolazione che fa scorrere tutti i nostri pensieri nel grande bottiglione della vacuità. Ecco i neo-economisti, l’intenditore di cinema, gli antropologi ,l’esperto di letteratura, il filologo, il poeta (meglio ancora il poeta-maledetto) e perfino lo speleologo e potrei continuare all’infinito…

Non sono, caro lettore, un custode della verità o l’ennesimo radical-chic che va contro il sistema amoreggiando con esso, sono estremamente convinto di una cosa soltanto; noi siamo, quindi non sappiamo! Anche la mente più brillante di questo pianeta non sa, non conosce la realtà in cui prova a cimentarsi e la spiegazione è semplice, la realtà è un’ entità troppo veloce da poter cogliere, agguantare, e diventa per noi imprendibile o al massimo sfumata.

In questa realtà ineffabile basterebbe, per riscoprire il tempo passato e rinfrancare il tempo che è, affidarsi a lei, l’immaginazione.