Lettera ironica e immaginaria a Dante Alighieri

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Lettera ironica e immaginaria a Dante Alighieri.


Caro Dante, lo so che tante volte tra i banchi di scuola non ti abbiamo capito. La tua commedia ci appariva come qualcosa di lontanissimo dai nostri giorni.

Insomma Dà, noi eravamo abituati a scrivere con le K al posto delle C e al massimo, per sentirci fighi su facebook, optavamo per le frasi di Fabio Volo o di Nicholas Sparks.

Eravamo troppo ingenui per apprezzare la tua grandezza.

Certo, con la storia di  Paolo e Francesca ci hai un po’ emozionati, e non è stato male assistere alla condanna di così tante persone. (D’altro canto chi è che non vorrebbe punire i suoi nemici?)

Eppure, caro papà della nostra patria e della nostra lingua, col tempo siamo riusciti a cogliere tanti altri aspetti della tua commedia, gli stessi che fanno di te l’immortale.

Ci hai trasmesso il valore della libertà attraverso l’intima storia di Catone: “libertà va cercando, ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta”; così Virgilio ci presenta quest’uomo coraggioso che ha preferito perdere la vita, piuttosto che rinunciare alla libertà.

Già, perché la libertà è sacra come il pane e va difesa anche a costo della vita. “Ahi serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello”.

Con questi versi hai fotografato l’Italia del tuo tempo, continuamente soggetta alla lotta civile e intimamente lacerata dall’interno. Di certo il tuo cuore soffriva al pensiero di un’Italia disgregata, la stessa sofferenza la proviamo noi italiani oggi, in questo periodo di crisi e menzogne.

Ci hai fatto comprendere l’importanza dell’istruzione, in una società piena di distruzione. “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”; con queste parole ci hai presentato Ulisse nel canto 26mo dell’inferno, vero inno all’importanza della conoscenza. Quanto vale un uomo senza la sua curiosità, senza la sua voglia di spingersi oltre e superare se stesso?

Di certo, un uomo senza curiosità è un burattino; ma un uomo senza amore che uomo è? 

Cosa siamo noi senza la passione, la condivisione, la gioia di vedere un’altra persona felice? Proprio nulla. E questo lo impariamo dalla storia travolgente di  Paolo e Francesca, puniti sì, ma destinati a volteggiare uniti per sempre.“Amor ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che come vedi ancor non mi abbandona”.

E’ attraverso questi due personaggi  che ci hai regalato una lezione importante sull’amore: solo chi ama fortemente e senza paure può godere dell’eternità e rendere l’inferno meno amaro.

Infine, Caro Dante, ti ringraziamo per averci destato dall’idea della fama a tutti i costi, perché “vana gloria de l’umane posse! com’poco verde in su la cima dura, se non è giunta da l’etati grosse!”.Mentre corriamo per conquistare fama e successo, non vediamo quello che di bello la vita ci sta offrendo. La fama, la gloria, il successo passano, ma il ricordo di una vita ben vissuta, forse un po’ meno.

Caro sommo, a lettera conclusa, ti chiediamo di perdonarci per tutte quelle volte che ti abbiamo fatto rivoltare nella tomba, per le volte in cui non abbiamo visto nella tua commedia lo specchio della nostra società.

Tu sarai pure vissuto in un tempo cronologico lontano dal nostro, eppure ci hai lasciato tanti di quei valori e di pensieri che ci riguardano da vicino e che riescono a stupirci ancora.

Maria Grazia Monteleone


Lettera ironica e immaginaria a Dante Alighieri.