Quando Dante sbarcò in America

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Già. Un bel giorno accadde che il Sommo Poeta, la cui fama consolidatasi attraverso i secoli non riusciva a varcare i confini nostrani, sbarcò finalmente in America.

Precisamente intorno alla seconda metà del XVIII secolo, subito dopo la Guerra Civile, per intenderci, che portò all’abolizione della schiavitù.
Tutto ciò grazie alla passione mostrata per Dante da parte di H. W. Longfellow, professore di lingue e letterature moderne ad Harvard, Cambridge, Massachusets, autore di poemi narrativi come La canzone di Hiawatha ed Evangeline, palesatasi già nel 1830 previa una lectura dantis della orazione inaugurale al Bowdoin College, Brunswick, nel Maine, di cui da giovane studente era stato tra gli allievi più brillanti.

Passione che giunse a compimento qualche anno più tardi, attraverso la stesura in inglese della intera Commedia, coadiuvato in ciò dai suoi amici più stretti, i poeti C. E. Norton e J. R. Lowell, la prima cantica della quale, l’Inferno, venne inviata a Firenze nel 1865, in occasione delle celebrazioni del sesto centenario della nascita di Dante. Dove fu accolta con entusiasmo da parte degli organizzatori, in quanto sanciva finalmente il riconoscimento internazionale del nostro grande poeta.

Due anni dopo, il poema dantesco fu pubblicato in tre volumi, con il titolo The Divine Comedy of D. A., translated by H.W.L. Boston, 1867.

L’amore per Dante, infine, si materializzò nella sua forma più completa con l’istituzione nel 1882 della “Dante Society” – tuttora attiva e centro-motore di tutte le iniziative culturali riguardanti Dante negli Stati Uniti dʼAmerica – della quale Longfellow fu il primo presidente, grazie all’impulso suo e dei suoi amici sopra citati, il seme della quale era stato gettato qualche anno prima, con la creazione di un circolo letterario, denominato il “Circolo Dante”, cui aderirono anche i poeti O. W. Holmes e G. W. Green, con sede nella sua casa di Cambridge, Massachusetts, oggi adibita a museo. Riflessione amara: per loro Dante è un dio.

Per noi, invece, se non fosse stato Benigni a togliergli di dosso la polvere delle accademie… e ancora non basta.