La badante del tesoro dei sogni – di Giorgio Vasić

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Ero alla ricerca di nuovo materiale grazie alle possibilità che ci offrono i nuovi mass-media, quando scoprii un bravissimo scrittore di provenienza Bosniaca, il cui destino portò nel lontanissimo Canada. Con Giorgio Vasić ci siamo ritrovati subito ed abbiamo scoperto che potevamo essere utile l’uno all’altra. Lui, in particolare, era alla ricerca di una interprete che lo aiutasse a presentare i suoi testi prosaici in un’altra lingua. Nutriva grande speranza in questa possibilità considerando che all’epoca rimaneva l’unico modo per trovare lettori giusti e capaci di capire le sue opere. Per questo motivo mi inviò una bellissima raccolta di racconti, intitolata “La Badante del tesoro dei sogni” chiedendomi di tradurla in lingua macedone.

Quello fu il minimo che potei fare per lui. Anche perché trovare una casa editrice che fosse d’accordo nel pubblicare i suoi racconti appariva molto più complicato.

E fu cosi che sfogliando il mio archivio che ha più di venti anni, ho ritrovato la sua preziosa raccolta. Ho fatto, dunque, una rapida selezione per avvicinare questo scrittore ai lettori di “BombaGiù”.

GIORGIO VASIĆ – PANE AL GUSTO DI LACRIME

Non credo che dietro si nascondesse della mala fede, ma nella mia città natale, nelle nostre immediate vicinanze si trovava un poligono sportivo, il cimitero della città, un asilo ed una stazione radio locale. Prodigio della pianificazione urbana. Tutti nella mia città natale impararono molto presto ad adattarsi alla morte e vivere con essa come se fosse un ospite inevitabile e non invitato, ma il cui arrivo poteva essere atteso ogni giorno. Nessuno doveva mai girare la testa o chiudere gli occhi.

A volte penso che a causa di questo fatto e alla sua posizione, la città, immersa in una valle caratterizzata da molti giorni nebbiosi e cupi, portava con se una sorta di «Weltschmerz» – il dolore del mondo che non ci abbandona né quando ci si allontana temporaneamente né quando lo si lascia per sempre.

Da quando avevamo sette o otto anni iniziammo a radunarci con gli amici e ad andare al poligono sportivo nel momento stesso in cui erano previsti dei funerali. Aspettavamo la fine del rito funebre e ci avvicinavamo alla famiglia in lutto che preparava il cibo portato per tale occasione. Il cibo era il dono per il riposo dell’anima del defunto. Restavamo in attesa che gli anziani si allontanassero per ottenere il segno che avremmo potuto mangiare tutto ciò che era rimasto del cibo. Questo divenne per noi un’abitudine a tal punto che eravamo soliti andare al cimitero tutti i giorni.

Fino ad un giorno di metà Luglio.

A causa della tempesta che minacciava la giornata, la sepoltura era stata fatta con molta fretta. I pochi di radunati si avvicinarono al tavolo apparecchiato in un angolo del cimitero, i cui piedi erano stati scavati nella terra. La vedova con un foulard nero in testa, tagliava una salsiccia a fette spesse con un grosso coltello da cucina. Si trattava di pane fatto in casa. Invece di utilizzare una tovaglia, la tavola fu coperta con una spessa carta marrone.

In quel momento ricominciò a piovere e le gocce enormi facevano rumore quando cadevano sulla carta spessa.

Il mio migliore amico sussurrò che fossero lacrime e che lo aveva già una volta sperimentato quando morì suo padre. Mi raccontò che era il cielo che stava piangendo e che questo avveniva spesso subito dopo il funerale, quando i parenti dolenti dalla terra guardavano al cielo, cercando di interpretare ciò che stesse accadendo.

Coloro che si erano riuniti intorno al tavolo di legno in un angolo del cimitero, cominciarono ad allontanarsi in fretta, lasciando delle morbide orme sul fango marrone con le scarpe estive o i sandali.

Presto intorno al tavolo ci trovammo solo noi quattro bambini e la donna in lutto con un foulard nero in testa. Il suo mento era posato sul petto. Teneva le mani incrociate al ventre.

Le gocce ora cadevano ad un ritmo più accelerato sulla carta spessa, sulle bottiglie mezze vuote di brandy, sui bicchieri anch’essi mezzi vuoti, sui piatti, componendo cosi una marcia funebre.

Noi bambini eravamo rimasti in silenzio li intorno, e nessuno osava toccare il pane inzuppato di lacrime, ne allontanarsi dal tavolo.

Giorgio Vasić

Nota sull’autore: Giorgio Vasić è nato il 15 aprile 1961 a Maglaj, in Bosnia-Erzegovina. Si è laureato in lingua e letteratura tedesca presso l’Università di Sarajevo. Ha passato un anno nel dipartimento di lingue germaniche presso l’Univerэitetot di Ernst Moritz Arndt in Graisfald. Si occupa di traduzioni dal tedesco al serbo e viceversa. Dal 1982 pubblica le sue traduzioni in diverse riviste e giornali. Nel 1990 ha pubblicato la traduzione del romanzo “La fine della Horn”, dallo scrittore moderno tedesco Christoph Hein. Successivamente, nel 1993 ha pubblicato un vocabolario per il manuale della lingua tedesca “Il tedesco come lingua straniera”. Nel 1998 si trasferisce a vivere in Canada, Toronto, dove pubblica una collana di brevi testi per la rivista “Umbrelo” di Vancouver, la rivista “Parola” da Kichiner, e il quotidiano di Belgrado “Politika”. Da quando vive a Tronto lavora come web designer,  grafico, scrittore e traduttore dall’inglese e dal tedesco.