Le testimonianze della nostra identità

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Se dovessi espletare la nostra identità come popolo autentico ed idoneo a tutto ciò che identifichiamo come  – macedone – allora sceglierei un canto del nostro mago, professore e codificatore della lingua contemporanea macedone – Blaže Koneski. Perché non esiste migliore testimonianza dell’esistenza di un popolo, della sua cultura, delle sue tradizioni, che non passa attraverso tutto ciò che è stato lasciato negli anni passati come tesoro culturale. Includendo tutto ciò che è stato scritto, dipinto, cantato, notato e lasciato ai posteri come prova incancellabile della memoria collettiva di un popolo. E se vorreste stimare e capire, almeno parzialmente, l’identità di una donna macedone, ecco il canto che definisce nel miglior modo possibile la natura di queste donne modeste, portatrici di un’educazione patriarcale, legate in modo morboso alla propria terra, alla propria famiglia e allo stile di vita che rimane il segno più importante della loro identità.

BLAŽE KONESKI

RICAMATRICE

Ricamatrice, dimmi come far nascere
un canto macedone rigoroso e severo,
da questo cuore che ha una conversazione
notturna con se stesso.
Due fili scucire dal cuore, caro,
uno nero, ed un altro rosso,
l’uno risveglia tristezze mortificanti
l’altro bramosia lucente e avara.

E con essi ricami una collana uniforme ,
canto di brama e canto di sofferenza,
come io ricamo su questo vestito di lino
la manica per la bianca mano della sposa.

Qualcosa fatale s’intrecciava per l’ago
dai due fili –  due parole sonore,
una sveglia tenebre che spaventa,
l’altra sveglia l’alba insanguinata.

Ricamatrice, alza il suo volto chino,
in questa mattina dorata girata verso il cielo,
si estende lì miracolosamente
il tuo ricamo sullo schermo azzurro.

Per te non esiste né ponente notturno
tu – occhio dolce dalle ciglia tenere.
Due colori lì bruciano e  gocciolano,
due ricami tuoi – rosso e nera.

Ma non hai paura dalla sua rabbia,
che possa spegnere anche il ricordo più caro?
Perché ti stai perdendo, tu  severa, tu meravigliosa,
i giorni passano, maledizioni si annunciano.

E nell’animo mio si spegne già,
come fiore senza colori, ogni ricordo che scintillò.
Ma tu, che stai cacciando suoni di un canto nuovo,
avevi già presagio del tuo destino.

 

Nota introduttiva e traduzione del canto in italiano a cura di Biljana Biljanovska

1 COMMENT

  1. Gent.ma, Purtroppo nei Balkani, si e’ creato il mito di chi e’ piu’ antico…perche pare che chi e’ piu’ antico ha diritto di mandare gli altri via oppure di imporre la propria cultura…Niente di piu sbagliato! I macedoni come gli albanesi o serbi vivono nelle proprie case…Ha provato Miloscevic, a mandare gli altri via oppure a dire che la propria cultura e’ superiore..parlando delle culture degli altri popoli che componevano la Yougoslavia come inferiori e periferiche…Lei mi sa che la lezione non l’ha capita..Piu’ si prende identita di quelli che si e’ e da dove si proviene e piu’ si e sinceri con se stessi e con meno complessi si pone…La invito a fare una riflessione..e di scrivere per tutti gli popoli che la Macedonia contiene non solo per I slavi…L’Albania e’ stata uno dei primi paesi a riconoscere la Macedonia con il suo nome…senza complessi..Il paese non si salva con frasi patetiche ma con presa di conoscenza…a prooposito qui su questo link trova I costume popolari dell’altra 25% della popolazione della Macedonia http://veshjepopullore.weebly.com/uploads/4/2/7/3/42739625/s165965216919917883_p3_i2_w1205.jpeg