Vedi là Farinata che s’è dritto

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A un dato punto del suo viaggio allʼInferno, Dante incontrerà, tra le sepolture sollevate e puntellate del sesto cerchio, lʼanima dannata di Manente degli Uberti, detto Farinata dai contemporanei e successivamente famoso con tale appellativo.

Chi era Farinata?

Parliamo del più noto esponente della casata fiorentina degli Uberti, di parte ghibellina. Nato a Firenze agli albori del ʼ200, quasi quarantʼanni dopo diverrà il capo di quella famiglia e di tutto il partito ghibellino. In tale veste, nel 1248, darà un rilevante contributo alla messa al bando dalla città di molti rappresentanti del partito guelfo, tra i quali alcuni Alighieri, grazie anche al sostegno dellʼimperatore Federico II.
Ma, rientrati costoro a Firenze tre anni più tardi, e riprese più cruente che mai le lotte intestine, verrà esiliato nel 1258 in compagnia di parecchi sodali. Riparato a Siena, col soccorso di Manfredi di Svevia riorganizzerà, in breve tempo, le schiere ghibelline. Le quali, il 4 Settembre 1260, sbaraglieranno in una sanguinosa battaglia un numeroso contingente guelfo a Montaperti.

Riconquistato così alla causa ghibellina il governo di Firenze, deciderà la seconda messa al bando dei Guelfi.

Ma, nella successiva riunione di Empoli dei capi ghibellini, dove verrà proposta, in specie dai Pisani, la distruzione della “città del giglio”, egli sarà il solo che vi si opporrà con fermezza. E tale episodio sarà rivendicato da un orgoglioso Farinata nel decimo canto dellʼInferno dantesco.
Dopo la sua morte nel 1264, e la sconfitta definitiva degli Svevi a Benevento, due anni dopo, il partito guelfo bandirà i Ghibellini dalla città, radendone al suolo le case, in primis e non a caso, quelle degli Uberti. Processati a posteriori, Farinata e i suoi, tutti subiranno una condanna per eresia, rectius per epicureismo, la dottrina filosofica per i cui seguaci lʼanima non è immortale.