A marta. Come mi è miele chiuder gli occhi verso la notte

114
A marta

Marta! Come mi è miele chiuder gli occhi verso la notte,
mentre fuori splendono le nebbioline,
quasi se mai fossero i reconditi bui della mia Anima,
o più secreti tocchi di un destino
che già raccolsero il mio lungo pianto,
poiché da te lontano sono, e non ti rivedo.

Marta! Se queste nuove ombre non sono così fitte
a coprire l’atrio timido del mio cuore,
è così che mi ritorni in mente
come un tuono nei fragori di una tempesta.
Di una tempesta di mare!
Di una grandine di monti!
Ahimè! Me misero….

Ma passarono i giorni e non ricordo più bene l’ultimo incontro.
Fu un tacito morir dei miei sospiri…. forse!
Forse fu la precoce guerra di chi ti ama,
e silenzioso sta a piangere a te,
che invano chiama l’eco del tuo sguardo.

Un azzardo è l’amarti?!
Marta! Adesso mi torni!
Adesso che vorrei dimenticarti!
Fanciulla mia!
Sei come un volo di belle farfalle
in primavera risvegliate,
o come il chiaror delle stelle,
o più del sole, Amor! ti chiamerei;
sei l’impeto di un Dio che mi vuol far conoscere
le gioie di un savio senso,
piango…. Ti penso.

Sei la tempesta di una dura e illusa
notte trascorsa tra la veglia e i sogni,
una Musa che canta quando a stento
riesco a prendere sonno,
il vento che sospira sulle travi
della mia stanza, e poi d’un tratto ha fine
e al fin ritorna,
forse più furibondo di com’era,
forse più calmo… più fresco, o soave.

Ma che importa?

Marta! Sei l’acqua di chi viaggia e va
nei più caldi deserti, o come rosa
che riversa in sorrisi giovinetti
la graziosa corona dei petali,
mentre si scioglie il ghiaccio del mio pianto,
o come un inno di vita che è eterna,
mentre vado a danzare sulla neve,
equilibrista che cade sul ghiaccio,
e si rialza;
sei l’universo, con i suoi misteri,
insondabili, profondi, eroici,
tu, giovinetta,
che poiché giovane or corri le giostre
delle danze alle prime ombre di luna,
quando un Dio che si fa beffe di me
non mi fa tuo.

Così rimane che è sublime e infame l’amarti,
e terribile,
come un’idea è che gira e si volteggia
nella fame di un bacio, uno soltanto,
e non è che rapirti come Paride
alla tua gioventù che rosseggia
e si perde nei miei spenti trent’anni,
e quanti affanni!

Marta! Volevo che il nostro addio fosse
stato un abbraccio… o un tuo sorriso,
ma tutto, tutto muore.
Angiol di Paradiso! Marta mia!
Volevo dirti che ti amo.
Con una poesia!

1 COMMENT