A proposito di “The Young Pope” di Sorrentino

Analisi critica della serie tv ideata e diretta da Paolo Sorrentino

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A proposito della serie TV “The Young Pope” di Paolo Sorrentino.

La prima cosa che ti viene in mente dopo aver visto la serie TV “The Young Pope” è che Paolo Sorrentino è un artista.
Dalla prima all’ultima sequenza sei immerso nel mondo che lui ha voluto creare e ti ritrovi a guardare coi suoi occhi. A volte hai l’impressione di ritornare in te e che siano i tuoi occhi a vedere, ammiri semmai la nitidezza con cui ti viene rappresentata una realtà che condividi e che è familiare ma il sentirti a tuo agio si interrompe bruscamente quando le situazioni diventano, in modo inatteso e sorprendente, distanti dal tuo proprio sentire, dai codici attraverso cui hai maturato la tua personale visione del mondo e della vita.

Ciononostante rimani lì a osservare, nella necessità di voler proseguire, per capire dove si andrà a finire. Tutto a un tratto capisci che sei prigioniero, scopri di essere stato rapito e che tuo malgrado la sindrome di Stoccolma si è già conclamata dentro di te! I grandi artisti hanno tutti questa capacità di trasportarti nel loro mondo onirico scaraventandoti sulle montagne russe di emozioni irrefrenabili, senza avere altra possibilità se non quella di scendere solo quando la macchina si è arrestata. E quando sei di nuovo con i piedi per terra e il mondo smette di girarti intorno, ecco che si scatena la ressa delle sensazioni appena vissute che si accalcano e cozzano le une con le altre per chiederti se ti è piaciuto, se hai avuto paura, se sei incazzato, se hai vomitato, se vorresti rifarlo, se vuoi andartene via.

Sorrentino in un’intervista ha dichiarato: “…il Vaticano apprezzerà questo lavoro se lo guarderà come si guarda, un’opera d’arte se lo vedrà come un’opera filologica lo disprezzerà”.

Ha ragione! Questa è la visione unica e irripetibile di Paolo Sorrentino.

Una visione realizzata gestendo con un’assoluta padronanza il lessico sia cinematografico sia televisivo, che gli permette di trasferire per immagini i concetti e i significati che gli sono urgenti da esprimere. Non mi dilungo sui tanti rimandi formali ai grandi del cinema d’autore, sulle citazioni letterarie, filosofiche, spirituali disseminate nel corso delle dieci puntate. Ma aldilà delle qualità stilistiche e della bellezza artistica con cui è costruito questo capolavoro, dal profondo mi sorgono spontanee due considerazioni che riguardano chi è l’artista e qual è il suo compito nella società.

Mark Rothko, uno dei padri dell’espressionismo astratto americano, diceva di aver tratto la sua ispirazione dalle opere di Giotto, Beato Angelico, Michelangelo. Guardando le sue immense tele di rettangoli e colore non si riesce a capire il tema unificante, eppure c’è: le une e le altre hanno un intenso impatto emotivo inconscio! “Le immagini sono uno spezzato nudo di tutti ma il colore è la forma più fondamentale e se sono destinate a rappresentare il nulla, rappresentano un viaggio verso l’ignoto: l’idea astratta s’incarna nell’immagine”.

Ecco dunque uno dei tratti distintivi dell’artista: quello di sublimare nella sua opera gli elementi inconsci che permeano la collettività!

Per Rothko l’arte possiede un’intima sacralità, attinge all’origine della vita e della storia, è espressione di trascendenza, è attesa dell’Assoluto: “…Sono interessato solo a rappresentare le emozioni umane basilari: la tragedia, l’estasi, la sorte e così via; il fatto che le persone collassino davanti ad un mio quadro e piangano è la prova che sono riuscito a comunicare loro queste emozioni basilari… 

Ecco, vedendo “The Young Pope” mi sono comparse le immagini dei quadri di Mark Rothko, le stesse emozioni contrastanti.

Se Rothko aveva l’ossessione “che il nero inghiotta il rosso” esprimendo così l’intima violenza di cui sono pervasi i suoi lavori, mi sono chiesto: qual è allora il tema inconscio collettivo che emerge dalla serie TV di Paolo Sorrentino, anch’essa intrisa della stessa intima violenza? L’angoscia che scaturisce dal dubbio sull’esistenza dell’assoluto? La vigliaccheria di eludere le domande difficili e fidarsi delle risposte ancorché inverosimili, inutili dei mediatori? L’orrore dei limiti umani e della caducità della vita? Il bisogno di un maestro che sappia sempre cosa fare?La frustrazione di costatare che non esiste alcun maestro cui rivolgersi, se non il proprio intimo Sé, a patto di avere il coraggio d’incontrarlo?

Ebbene alla fine mi convinco che il vero dilemma di cui Sorrentino è latore, e che assilla tutti, è la nostra relazione con il sacro!

L’etimologia della parola recita: “in senso stretto, si definisce sacro ciò che è connesso all’esperienza di una realtà totalmente diversa, rispetto alla quale l’uomo si sente radicalmente inferiore, subendone l’azione e restandone atterrito e insieme affascinato; ciò che è sacro è separato, è altro, così come sono separati dalla comunità sia coloro che sono addetti a stabilire con esso un rapporto, sia i luoghi destinati ad atti con cui tale rapporto si stabilisce. Più in generale, riguarda la divinità, la sua religione e i suoi misteri, e per ciò stesso impone un particolare atteggiamento di riverenza e di venerazione.

Niente di più attinente alla serie “The Young Pope”! Ci sono tutti gli argomenti!

Se osserviamo meno distrattamente le dinamiche della società di cui facciamo parte e quelle delle culture che ci circondano, sono subito evidenti due visioni contrapposte. Vediamo come da una parte la nostra comunità sociale (Occidentale?) esprima la tendenza all’abbattimento, quindi alla de-sacralizzazione delle istituzioni religiose e politiche con i loro rappresentanti spirituali e secolari. Alle manifestazioni di pubblica avversità, espresse sotto forma di minacce, proteste, violenze, che erano peculiari dell’ultimo trentennio del secolo scorso, è subentrato dall’inizio del duemila a oggi, un costante e progressivo atteggiamento d’indifferenza.

Ciò ha minato alla radice l’autorità delle une e l’autorevolezza delle altre, destituendo l’attendibilità dei loro esponenti.

La conseguenza è un’inesorabile spinta nichilista che abbandona tutti al proprio destino e conduce lentamente sulla via dell’auto-annientamento. Di contro un intero continente vuole affermare con forza cieca e inaudita il primato del sacro o presunto tale. Infatti, avendo decodificato in forma tutta umana il suo significato lo ha posto, come insindacabile giudice, a guida della convivenza sociale. Questa mal interpretazione ha permesso di brandire l’arma divina per giustificare una guerra di civiltà che sta espandendosi in tutte le direzioni seminando morte e distruzione. Possiamo definire la nostra una società decadente e l’altra primordiale, chiamiamole come vogliamo, il punto è che la visione di Sorrentino, espressa nella serie televisiva “The Young Pope”, ha per tema la perdita del sacro e che ciò renda la nostra società debole e vulnerabile di fronte alla prevaricazione e alla violenza dovuta all’estremizzazione opposta.

La sacralità della vita, la sacralità della morte, la sacralità della persona, la sacralità dell’arte, la sacralità del mistero, dell’ignoto, dell’imponderabile, sono argomenti con i quali dobbiamo riprendere contatto, mi sembra questo il significato che trasuda dall’opera di Sorrentino.

Tramite le sue provocazioni e i toni irriverenti, i suoi estremismi, le sue “eresie“ al limite della blasfemia, le sue visioni fantasmatiche e infantili ma anche con la bellezza, la sincerità e l’ironia, Paolo Sorrentino ci invia un messaggio da non sottovalutare e da tenere in debito conto.