Successe che la stanza cominciò a riempirsi d’acqua, un’acqua torbida e scurissima per la mancanza di luce. Sgorgava dai muri, trasudava dalla carta da parati a delicati fiori rosa e ranuncoli, sollevandone brandelli che restavano ad ondeggiare nelle deboli correnti. Si infiltrava dalle finestre piombate a piccoli rivoli, sgocciolava dal soffitto. Avevamo i piedi immersi, immerse le ginocchia e i fianchi. Ci si teneva la mano, immobili, lasciando che il liquido scuro lambisse la nostra carne nuda. Guardavamo i gorghi, piccoli, timidi, inesorabili salire lungo le nostre braccia, solleticando la pelle, sollevando la peluria. Il suono… Quel rumore docile che producono miriadi di gocce, di rigagnoli, quel rumore organico e ovattato di penetrazione, quell’eco delle grotte umide del sottosuolo.
L’acqua ci sfiorava le spalle, la gola, le labbra. I capelli, i miei capelli, sparsi intorno, anch’essi gorghi di gorgone nei gorghi. I nostri piedi cominciarono a sollevarsi dal pavimento.
Rimanemmo a fluttuare in silenzio per un tempo più simile all’eternità che a una manciata di minuti. Con le mani, ormai, avremmo potuto accarezzare il soffitto. Lo facemmo… Ma non c’era più alcun soffitto. Solo la volta celeste, la via lattea ben visibile sopra di noi, l’oscurità, l’assenza di rumori provenienti dall’esterno, niente più eco e soltanto il gorgoglio.
Intrecciammo ancora più strette le nostre dita e ci lasciammo sostenere da tutta quell’acqua. Galleggiammo sul dorso a lungo, guardando il cielo, disegnando figure fra le stelle, sorridendo, solleticando oziosamente la superficie liquida con i polpastrelli.
Fu quando decidemmo di guardare sotto di noi, l’oscurità fitta e densa, che ci stringemmo in un abbraccio e facemmo l’amore, un’ultima volta, con fatica, arrancando nell’acqua, con rabbia, graffiandoci il corpo, mordendoci le labbra, con trasporto, abbandonandoci in noi. Affondammo. Sprofondammo il più possibile, raggiungemmo il fondo, grattammo con le unghie il suolo, ricercando chissà cosa. Intorno a noi bagliori di tutti i colori, lampi luminosi, nuove costellazioni, volute di correnti fluorescenti. Suoni che nella nostra mente richiamavano musiche di grammofono provenienti dal passato. Sul nostro volto lo stupore dello spettacolo.
Annegammo.