Aìpotu e la vecchia Terra

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Nell’ora in cui il riverbero si accompagnava all’ultimo languorino della giornata preannunciante la cena a base di spezie ed ortaggi, gli comunicarono che avrebbe dovuto sbarcare sulla vecchia terra.

Trebla non fece una piega, anche se i suoi piani prevedevano una lunga vacanza con il compagno nelle lande più sperdute del suo nuovo pianeta, dove i laghi si confondono all’atmosfera.

“Lessùr, brutte notizie per il nostro viaggio!” L’altro si stava facendo la doccia termale nella vasca affacciata alla vetrata panoramica dell’abitazione, godendo di un punto di vista quasi sublime per ampiezza e colore.

“Cosa hai detto Trebla?”

“Mi ha chiamato l’agenzia per le analisi spaziali. Il maestro Etarcòs desidera che sia io ad occuparmi della vecchia terra”. Così dicendo, si avvicinò al grande salotto che dava sulla collina della moderna città di Aìpotu.

“Che rottura! E quando pensi di tornare?”

“Beh, a missione conclusa.” Si chinò sulle spalle di Lessùr e ne baciò il collo con affetto.

“Quando parti?” chiese l’altro un po’ seccato.

“Al riapparire della luce”. Entrò pure lui nella vasca come per prepararsi alla novità, accettarla fino in fondo e salutare nel modo più degno Lessùr.

Un po’ di tensione tra i due balenava, perché entrambi avevano avuto notizie non confortanti sul luogo dove Trebla avrebbe dovuto recarsi: si vociferava di guerre e volontà di distruzione, a cui la gente di Aìpotu non era più abituata da secoli. Consci del pericolo energetico che la missione comportava, fecero appassionatamente l’amore, prima che Trebla si adoperasse nei preparativi della partenza. Lo aspettava infatti un impegnativo viaggio nello spazio.

 “Trebla, ti mando in un paese dove l’equilibrio è un’eccezione. Stai attento, lì potrebbe non bastare essere saggi e intelligenti. Ci arrivano segnali non incoraggianti”.

“Non preoccuparti maestro Etarcòs, non mi farò contaminare e ti porterò una relazione dettagliata di quanto accade in quel mondo”.

“Ho piena fiducia in te. Vai adesso!” Lo abbracciò come un figlio, prima di imbarcarlo per il viaggio intergalattico.

La carretta spaziale a forma di sfera utilizzata da Trebla era di dimensioni assai ridotte, eppure avrebbe portato con sé ogni indumento e strumento necessario alla sopravvivenza sul pianeta degli uomini. Tutto era pronto. Trebla si girò per l’ultima volta, baciò il suo compagno e salutò il maestro, che gli ricordò di ritornare non appena le proiezioni sul futuro fossero state confermate dalla realtà dei fatti.

Trebla sbarcò sulla vecchia terra dopo un tempo talmente piccolo da sembrare inesistente. Occorre ricordare che su Aìpotu non vige l’ordine mentale delle categorie: non si concepisce in quella dimensione il passato, il presente ed il futuro, così come non esistono parti in causa, se non quelle dei singoli soggetti. Non c’è bisogno di regole, perché tutti seguono la legge del Buon Senso e della Logica, intesa come naturale relazione scevra da interessi. Non vi è moneta né religione: nessuno viene battezzato, scomunicato, né si sente il bisogno di sancire un’unione tra due soggetti con un contratto di “matrimonio”.

Le coppie o i gruppi allargati di convivenza non seguono particolari regole di genere: tutti si riuniscono liberamente in nuclei di fatto e l’adozione di bambini da parte dei single, delle coppie etero e omosessuali costituisce un comportamento normale, perché nell’educazione conta esclusivamente il livello di Consapevolezza del “genitore” e del maestro. Nessuno si sogna di mettere al mondo dei figli prima di aver raggiunto il proprio equilibrio di Persona. Tutto ruota sul rispetto reciproco e sulla libertà di espressione dei talenti. Nessuno si chiude in casa evitando a priori la comunicazione con gli altri; si sente nell’aria la pace di una vera comunità, in cui la solidarietà tra individui è naturale, e palpabile l’assenza di giudizio verso le scelte personali.

Non esistono carceri e non ricordo d’aver mai assistito a qualche forma di punizione. Il sistema si basa sull’Educazione: fin dalla nascita, le persone vengono attentamente ascoltate e sempre sostenute da chiunque nella loro libera espressione; non presentano squilibri mentali né sintomi di insoddisfazione. Il clima positivo, l’assenza di ruoli e morali rigidi, il riconoscimento della Persona per se stessa e – in seconda istanza – per i propri talenti, non danno adito a forme di ribellione. Gli equivoci sono rarissimi, perché poco e a proposito si usa il linguaggio, prediligendo ad esso il silenzio, la telepatia e il contatto fisico tra i corpi.

Trebla era conscio di scendere su un pianeta dove gli uomini avevano intrapreso un cammino di inconsapevolezza, dove la guerra era all’ordine del giorno, i conflitti frequentissimi, la lotta per il potere ed il denaro preponderanti… Questa deriva era dovuta soprattutto alla trascuratezza sui temi spirituali e all’analfabetismo emozionale. Gli uomini scambiavano la morale religiosa per spiritualità e non sapevano più leggere con il proprio cuore le fiabe, i testi sacri, i versi degli scrittori illuminati, né tanto meno se stessi e la propria anima.

Appena sceso dalla navetta, ebbe modo di assistere ad un battibecco tra due coniugi per motivi ai suoi occhi futili: l’uno attribuiva all’altro la colpa (concetto sconosciuto su Aìpotu) del proprio stato d’animo negativo, quando, per una mente lucida, è evidente come ognuno sia responsabile delle emozioni che vive. I contrasti imperversavano a tutti i livelli, perché vigeva ancora la ragione delle “divisioni”, sempre foriera di odio e distruzione se non accompagnata da uno Scopo superiore di Unificazione. Trovò, a dire il vero, sulla sua strada pure dei saggi, in ogni parte della sfera: si chiamavano soprattutto Sufi e maestri Zen. Tra gli illuminati incluse alcuni poeti, artisti, formatori e mistici, gli unici in grado di stabilire un contatto con Aìpotu.

Ma prese atto che costoro, una minoranza sul pianeta, non ricoprivano ruoli di responsabilità politica e in tanti casi si trovavano in esilio, cacciati dai loro paesi d’origine. I poeti non venivano presi sul serio e l’ascolto dei loro versi rimaneva distratto. L’umanità viveva nella paura, temeva il giudizio altrui tendendo a stroncare la spontaneità, mentre imperava un conformismo imbarazzante agli occhi liberi di Trebla. Le domande sull’anima e sulla spiritualità venivano soppiantate dalla corsa ai consumi, le adozioni in molti paesi risultavano difficilissime e si lasciavano morire di fame milioni di bambini, un dramma in stridente contrasto con lo stile di vita di una élite immersa nel lusso.

Nei paesi più progrediti si parlava di “famiglia” come se vi fosse una sola possibilità di convivenza tra persone: bisessuali e omosessuali erano visti con un certo disprezzo, a volte eliminati per legge in paesi governati da rigide teocrazie.

Si sorprese Trebla soprattutto per la mancanza d’amore, per la difficoltà nel contatto fisico, relegato alle normali effusioni di coppia o agli ampi spazi di prostituzione. L’amore nascondeva insani attaccamenti emotivi anche all’interno delle famiglie, dove sentimenti negativi come la gelosia compromettevano la serenità dei singoli. La gelosia è un’emozione inesistente su Aìpotu, dove tutti sono capaci di chiedere e ricevere amore senza difficoltà, dove il sesso è libero e il suo dolce consumo naturale. Trebla si spaventò soprattutto per la mancanza di umiltà e per l’incapacità degli umani di far tesoro della propria esperienza storica, in una miopia di valori e di consapevolezza ai suoi occhi penosa.

Secondo la misura del tempo ancora in vigore sulla vecchia terra, Trebla impiegò quattro giorni e quattro notti per rendersi conto della situazione: questo mondo – concluse con precisa e imparziale proiezione mentale – tenute ferme le condizioni attuali, più di morte che di vita – è destinato ad auto-distruggersi. Vide la contrapposizione religiosa tra l’islam e le altre religioni monoteiste, la cinica violenza dei fanatici, l’indifferenza della minoranza più ricca verso la maggioranza povera, la crescita scomposta e poco democratica di molti paesi, la disattenzione alla salvaguardia dell’ambiente, la lotta tra partiti per il potere, le dittature ed i partiti unici, l’inefficacia o finanche la crudeltà della giustizia, considerata un sistema di garanzia della “legalità”.

Un concetto dimenticato in Aìpotu in quanto inutile, vista la predominanza di valori quali Consapevolezza, Rispetto, Buon Senso, Solidarietà. Vide l’ignoranza degli educatori (genitori, maestri, professori) sui processi di apprendimento ed educazione, sul senso stesso della vita, mancanze che portavano i giovani al disorientamento e, spesso, all’autodistruzione. L’energia libera e pulita di Aìpotu era lì un’illusione: a Trebla mancava l’aria e la purezza dell’acqua, e gli piangeva il cuore immaginando le catastrofi a cui l’umanità – andando avanti di quel passo – sarebbe andata incontro.

Stese la sua relazione e si accinse sconsolato al ritorno, non prima d’aver seminato insegnamenti tra gli umani più evoluti: comunicò loro di agire per il Bene, di avere sempre come fine l’unità, la fratellanza, di non delegare la bontà, ma di impegnarsi direttamente in politica per provare a raggiungere l’utopia di pace, realizzare un’idea di vera comunità. I suoi messaggi arrivarono sotto forma di pensiero, di angelo, e toccarono quegli uomini la cui traccia spirituale era già sensibile.

Trebla sapeva benissimo che, senza un aiuto esterno da Aìpotu, gli umani non si sarebbero salvati. Mosso a compassione, forse nel ricordo di un’antica presenza su quel pianeta, preparò le parole da dire al suo maestro per convincerlo ad intervenire in forze sulla vecchia terra. Per lui tale comunicazione era uno sforzo, perché nessuno su Aìpotu si sentiva in dovere di convincere qualcuno di una qualche tesi, in quanto la logica e l’obiettività erano un patrimonio comune.

Al quarto giorno Trebla si diresse nel deserto in cui aveva lasciato la sua navetta. Respirò l’aria insana della vecchia terra, guardò le poche stelle ancora visibili nel firmamento e intraprese il viaggio di ritorno.

“Dai dati raccolti, maestro, l’umanità è destinata all’autodistruzione e lo stesso pianeta non reggerà l’urto dell’impatto industriale e nucleare”.

“Lasciamo che sia” rispose secco Etarcòs.

“Ma…” bisbigliò, subito interrotto Trebla.

“Tanto tempo fa quegli uomini primitivi mi indussero al suicidio per amore della verità. La selezione naturale deve procedere nell’universo senza interferenze. Tu hai fatto anche più di quanto ti era stato chiesto”.

“Ma si auto-annienteranno maestro!” – obiettò Trebla in uno scatto di umanità.

“E’ il loro destino. Quella razza ha prodotto molte menti superiori che i potenti e le masse non hanno voluto seguire, dedicandosi piuttosto all’egoismo, alla superstizione, alla mancanza di rispetto e all’alimentazione di odio e conflitti. Anche la natura li ha avvertiti, ma loro non hanno ascoltato. E’ ciò che meritano. Ma non disperare Trebla, perché quanto di più grande l’uomo ha prodotto nella sua esistenza è qua, su Aìpotu. Tutto il sapere e la conoscenza, compresi gli ultimi dati da te analizzati, saranno conservati nel nostro archivio massimo. I giusti tra gli uomini saranno ricordati e il loro esempio utilizzato come testimonianza alternativa nell’istruzione dei nostri figli”.

Poi si lasciò andare ad un dolce sorriso che da solo sarebbe bastato a placare tutte le guerre della terra, conscio che gli umani non avevano saputo ascoltare chi “sapeva di non sapere” e cercava di aprire loro gli occhi.

 Trebla tornò, per un attimo triste, nella sua casa dove Lessùr lo attendeva con il solito sorriso sulla bocca. Gli corse incontro e lo abbracciò con la tipica energia straripante degli abitanti di Aìpotu. Con le dita gli accarezzò le labbra che si riaccesero immediatamente di luce. Tutti i pensieri di Trebla si dissolsero nell’amore, mentre le ultime conoscenze fornite dalla vecchia terra si concentrarono per sempre nella sua anima.

Dopo un lungo amplesso, Trebla sussurrò a Lessùr che aveva una sorpresa… “ma non dirlo a nessuno” aggiunse. Si diresse nudo verso il giardino e tornò con un piccolo bambino di uomo che aveva portato lì prima di presentarsi ad Etarcòs. Lo condusse di nascosto a casa e lo mostrò al compagno: “si chiama Eròtavlas – disse. Vivrà con noi e da lui ripartirà una nuova civiltà umana per cui terra e cielo non avranno segreti. Questo bambino è il futuro di un’umanità che vivrà senza l’assillo del peccato. Sarà la nuova possibilità di salvezza che lo spirito concede alle anime.

Quel bambino ero io, un uomo salvato per rinnovare un sogno, per integrare i mondi del fallibile e del Perfetto, per rendere realizzabile un’Utopia di Poesia. Trebla e Lessùr sono stati due grandi maestri: mi hanno allevato come un figlio, con il fine supremo della Consapevolezza.

Ora sto per riportare sulla vecchia terra un messaggio antico e al contempo nuovo, l’unico in grado di salvare l’evoluzione umana dall’imminente ribellione della Natura: la riscoperta dello Spirito e il suo manifestarsi nell’Amore.