Luciano Inga Pin è un desaparecido del mondo dell’arte tanto che nei social è nata una pagina per ricostruire il suo prezioso contributo. Pur essendo stato uno tra i più popolari galleristi della Milano degli anni 80 e 90, oggi è praticamente scomparso dalla memoria.
Era il gallerista più amato al tempo, fu lui il primo ad esporre Marina Abramovic, Gina Pane, ma anche i nuovi futuristi. Il suo rande amore fu la Body Art, tanto da diventarne il promulgatore. Un rovescio, la sua malattia, quasi povero in Versilia, ospite di Egidio Giorgi. Un funerale a spese del comune di Milano in una chiesa di periferia. Si narra che ad accompagnarlo ci fossero solo Giancarlo Politi e Giovanni Veneziani.
« Fin da piccolo, persino linguaggi nuovi inesistenti, ho cercato di appropriarmi esclusivamente del presente, di vivere giorno per giorno in mezzo alle etnie più diverse, studiando, analizzando ciò che quelle ore mi offrivano. In poche parole non ho mai tradito il presente per un solo istante, con le su emozioni, le sue delusioni ».
Parole che scrisse un anno prima di morire Aprì le porte della galleria alla Pane, vestita di candido bianco con un mazzo di rose da cui toglierà le spine e se le conficcherà fino al sanguinamento nel tentativo di simboleggiare il sacrificio della sposa. Gina Pane in altre performance si è tagliata con le lamette. Un’arte che si fa spazio con il dolore sul corpo, che vede la nascita proprio nella galleria milanese. Ospita Betty Bee una icona del movimento. La galleria è per anni, un punto di riferimento per i fermenti artistici…incomprensibile l’oblio che è sceso attorno a lui.