Allor surse a la vista scoperchiata
Abbiamo lasciato i due poeti tra i sepolcri del cerchio degli eretici, il sesto del baratro infernale, fermi a pochi metri dallʼavello di Farinata degli Uberti.
Qui, il maestro sospinge con premura Dante tra i sepolcri, per farlo arrivare fino al dannato, raccomandandosi affinché il suo colloquio sia allʼaltezza che la situazione richiede. E quando Dante arriva, facendo appena qualche passo, davanti a quegli, si sente chiedere a bruciapelo: “Chi furono i tuoi avi?”.
Ciò udendo, il poeta abbozza un sorriso – non ha alcun timore di colui che fu un personaggio così eminente della vita politica fiorentina. Decimo canto dellʼInferno, a un terzo del cammino.
“Io che ero animato dal desiderio di ubbidire, non glieli li celai, ma glieli manifestai completamente”, racconta il poeta; per cui il dannato aggrotta un poco le sopracciglia; poi gli dice, con occhi di fuoco: “Furono irriducibilmente nemici miei e dei miei avi e della mia fazione, sicché li scacciai due volte”.
“Se essi furono cacciati, ritornarono da ogni luogo l’una e l’altra volta”; ma i vostri non impararono pienamente l’arte del ritorno”, gli risponde Dante con tono deciso.
Per proseguire così nella narrazione: “In quell’istante si sollevò e si sporse dall’apertura senza coperchio un’ombra, accanto a questa, fino al mento: credo che si fosse alzata sulle ginocchia. Guardò intorno a me, come se avesse il desiderio di vedere se altri era con me; e dopo che il dubbio fu totalmente venuto meno, piangendo disse: ‘Se cammini attraverso lʼInferno per eccellenza d’intelletto, dov’è mio figlio? e perché non è con te’ “.
E il poeta prontamente ribatte: “Non vengo per mia volontà e per mio merito: Virgilio mi guida attraverso questo luogo forse da chi il vostro Guido ebbe in disprezzo”.
Allor surse a la vista scoperchiata
Prosegue su dantepertutti.com del 10.1.2018