Anime gemelle

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Nella notte di Natale dell’anno ‘800, nella Basilica di San Pietro a Roma, papa Leone III, con le sue stesse mani incorona Carlo Magno Imperatore, posando sul suo capo una preziosissima corona. Carlo Magno organizza l’Impero Romano, fondato su rapporti di natura personali stabiliti tra sovrano e vassalli. Nella residenza Imperiale di Aquisgrana, convoca al suo cospetto conti e marchesi per la cerimonia dell’Investitura, tra questi il suo prediletto, il marchese Alessandro Villeroy per affidargli il feudo più prestigioso del Sacro Romano Impero.

“Sono onorato Sua Maestà per la fiducia che mi ha dimostrato”
“Marchese Villeroy, lei mi è stato di una tale fedeltà in tutti questi anni che altri non hanno mai manifestato. E’ la giusta ricompensa al suo lavoro”

La residenza Imperiale di Aquisgrana si ergeva con tutta la sua imponenza, e la Grande Sala era addobbata per il rituale dell’Investitura. Il marchese Villeroy avanzò lentamente verso Carlo Magno, il capo scoperto, ponendo le proprie mani in quelle del suo Signore, in segno di totale devozione e affidamento al suo Imperatore. Il sovrano consegnò al marchese una spiga di grano a simboleggiare il feudo affidatogli, una spada in segno del servizio militare che gli era tenuto a rendere e uno stendardo con i colori del Regno, simbolo dell’autorità che gli era autorizzato ad esercitare.

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Nella Grande Sala si alzò un brusìo di voci concitate, seguito da un fragoroso battito di mani. Il marchese Alessandro Villeroy aveva preso possesso del feudo che Carlo Magno gli aveva affidato come pegno della sua riconoscenza, per la sua fedeltà durante gli anni trascorsi al suo fianco in battaglia.

“Caro amico mio, il feudo da solo non è sufficiente, ci vuole una madamigella al tuo fianco” disse il sovrano a Villeroy, dandogli una pacca sulla spalla in segno di amicizia “C’è qualche donzella che vorresti onorare con il tuo nome?”

Il marchese scrutò con curiosità il perimetro della Grande Sala, quando scorse in un angolo, tutta sola, la più bella creatura che avesse mai visto in vita sua. Indicò con lo sguardo la ragazza. L’Imperatore guardò in quella direzione e scoppiò in una fragorosa risata, Villeroy lo fissò con aria stupìta.

“Perché ridete mio Signore? Madamigella non è alla mia portata? Non posso offrirle la dote che merita?”
“No marchese Villeroy” rispose il Sovrano continuando a ridere “Niente di tutto ciò. Hai scelto la madamigella più bella di tutto l’Impero ma anche la più selvaggia”
“Selvaggia mio Signore? A me non sembra. E’ di una bellezza rara, quei capelli biondi lisci come la seta, li sento tra le mie dita. La sua pelle di alabastro la sento contro la mia. Si vede da lontano che madamigella è dolce e gentile”

Carlo Magno continuò a ridere sempre più forte, quasi con le lacrime agli occhi, divertito dalle parole di Villeroy.

“Madamigella Virginia dolce e gentile? Non farti ingannare dall’apparenza amico mio. Il padre, il marchese Soubiron, da anni tenta di darla in sposa senza riuscirci. Sai di cosa è capace la dolce Virginia? Pensa caro marchese, con l’ultimo pretendente che le ha portato al suo cospetto”

Carlo Magno lo fissò dritto negli occhi “Che fine crudele!” sbottò in una risata per poi continuare “La dolce Virginia lo ha rinchiuso nel torrione, lasciandolo lì per giorni in compagnia dei pipistrelli” d’un tratto il Sovrano si fece serio, posando la mano destra sulla spalla del marchese “Scegli un’altra dama amico mio. Non voglio succeda nulla di male al mio pupillo” e si allontanò continuando con la sua risata, divertito dalla situazione che si era creata.

Il marchese Villeroy non era affatto convinto delle parole del suo Signore, c’era qualcosa di misterioso nella madamigella che aveva scelto come moglie, un filo sottile ed invisibile lo portava da lei, lo portava a scegliere lei come sua amata. La dolce, gentile, selvaggia Virginia.

Per un istante i loro sguardi si incrociarono, gli occhi di un castano caldo, profondo, pieni di passione. Lei lo guardò con ammirazione, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal marchese appena investito dal loro Imperatore. Non aveva mai provato interesse per un uomo, mentre, ora sentiva dentro di lei qualcosa di misterioso che la conduceva verso quello sconosciuto. Lo guardò con più attenzione, sfacciatamente, la sua statura non era imponente, ma quegli occhi, quello sguardo era magnetico, non riusciva a smettere di ammirarlo.

Una voce la fece trasalire “Madamigella Virginia” lei si chinò al cospetto del suo Imperatore.

“Maestà” disse abbassando gli occhi.
“Io, suo padre e il marchese Villeroy, vorremmo chiederle udienza dopo il banchetto e prima dell’apertura delle danze. Se a voi fa’ piacere” concluse con tono ironico.

Virginia rossa in viso, rispose sulla difensiva “Quale marchese mio Re? Un altro pretendente stupido, viscido e volgare? Uno di quelli che mio padre ha avuto l’indecenza di portare al mio cospetto?”

Il Sovrano scoppiò in una risata, divertito dalle guance infiammate della ragazza:

“Madamigella Virginia, non smentisci la tua fama di ribelle, neanche al cospetto del tuo Imperatore”
“Maestà perdoni la mia franchezza, fino ad oggi, non ho ancora avuto il piacere di fare la conoscenza di un pretendente degno della mia fama”

Il Re rise ancora più forte, fece mezzo inchino a Virginia dicendo “Cara Virginia, in tutta franchezza, sono a conoscenza delle tue ragioni. Fino ad ora tuo padre ha guardato solo la tua dote, non badando al fatto di quanto sei bella. Questa sera, ti do’ la mia parola di Imperatore che non resterai delusa dal pretendente che ti ha scelta”

Virginia lo guardò sorpresa, nei suoi occhi uno scintillìo dorato “Non lo ha scelto mio padre?” domandò con un filo di voce.

“No, ti ha scelta il tuo futuro Signore” detto questo, l’Imperatore si allontanò continuando a ridere fragorosamente.

Virginia per la prima volta in vita sua restò senza parole. Ripensò a quello che le aveva detto l’Imperatore. Chi poteva essere l’uomo che l’aveva scelta? Qualcuno che non la conosceva affatto. Era famosa in quasi tutto l’Impero: ribelle, selvaggia, impertinente. Qualità che non si addicevano a una madamigella.

Virginia era seduta nella saletta adiacente la Grande Sala ad aspettare il suo pretendente. Finalmente la tenda si spostò da un lato, entrò l’Imperatore seguito da suo padre e infine l’uomo misterioso che aveva visto, poco prima, nel salone dell’Investitura. Ora poteva dare un nome al suo pretendente. Fece un enorme sforzo per controllare le emozioni che invasero il suo corpo nel vedere entrare quell’uomo. Il marchese Villeroy sarebbe stato il suo Signore, l’avrebbe resa felice, sarebbero stati felici.

Lentamente si alzò dalla poltrona e si inchinò davanti al suo Imperatore “Sua Maestà” disse lentamente, abbassando lo sguardo con un lieve rossore sulle guance.

“Su Virginia, alzati, quando siamo lontani dai sudditi non c’è bisogno di tutti questi covenevoli. Ti ho tenuta sulle ginocchia ricordi?”

Virginia alzò lo sguardo sorridendo e d’un tratto corse ad abbracciare il suo Sovrano “Sì zio, non ce la facevo più, è da ieri che volevo darti un bacio”

Il marchese stupìto disse “Zio?”

“Eh sì, caro amico mio! Hai scelto la madamigella preferita del tuo Imperatore. Trattala da regina, altrimenti dovrai fare i conti con Carlo Magno in persona”

La saletta si riempì di risate allegre e accorate. Virginia aveva trovato finalmente l’uomo degno della sua fama di ribelle.

Gli anni trascorsero felici, Virginia e Alessandro ormai avanti negli anni, osservavano i loro figli diventati adulti.

“Abbiamo svolto un ottimo lavoro, non credi mia Signora? Guarda i nostri nipoti, sono diventati degli ometti”

Lei prese la sua mano rugosa con delicatezza

“Sì mio Signore, abbiamo fatto davvero un ottimo lavoro” si appoggiò alla sua spalla continuando “Sai cosa vorrei di più al mondo?”

Lui la guardò con curiosità.

“Che tutte le coppie fossero felici come lo siamo stati noi, che tutti si amassero dello stesso amore e della stessa passione, con la quale ci siamo amati noi. Che le nostre anime, quando non saremmo più sotto questo cielo, andassero in cerca di altre persone, per farle amare del nostro stesso identico amore. Credi sia possibile? Lasciare in eredità il nostro amore e la nostra passione, fino alla fine del tempo?”

Lui la baciò con dolcezza:

“Non lo so mia dolce Signora, ma se è un tuo desiderio, sono sicuro verrà esaudito. Le nostre anime andranno in cerca di altre anime, si ameranno intensamente, così come ci siamo amati noi”

Detto questo i loro occhi, nello stesso istante si chiusero alla luce del mondo, le loro labbra in un sorriso celestiale. La felicità dipinta sui loro volti magica e misteriosa.

I loro figli seguivano la scena in lontananza, restando immobili, increduli per lo stupore. Due angeli maestosi, contornati da una luce folgorante si librarono dai corpi di Alessandro e Virginia, volando felici e abbracciati verso il cielo.

“Neanche la fredda morte riuscirà a separare i loro cuori pieni d’amore” sussurrarono insieme.

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