Attore di teatro

100 battiti al minuto

100 battiti di mani,

il silenzio dell’attesa

l’emozione che trattieni.

Il regista tra le quinte

si fa il segno della croce,

ogni attore ha già scaldato

i muscoli e la voce.

Il sipario viene aperto

col suo fruscío leggero,

il pubblico freme e tace

si può iniziar davvero.

Ogni attore muta

da uomo a personaggio

nella piccola magia

tra miracolo e miraggio.

E chi osservava scettico

ora un mondo nuovo vede,

si perde tra i meandri

siede, vede, vive, crede.

Tragedia, commedia

o semplicemente “dramma”

sono figli del lavoro

di un attore e il suo anagramma.

Tra “teatro” e “attore”

non esiste un gran divario,

ma stesse lettere invertite

nascoste dietro ad un sipario.

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Forse non ci avete mai fatto caso, ma in italiano (e solo in italiano) “attore” e “teatro” hanno esattamente le stesse lettere.

È una cosa da niente, a cui nemmeno io avevo fatto caso finché non me l’hanno fatto notare; contemporaneamente però è una piccola magia propria della nostra lingua: l’essenza dell’ “attore” si fonde, si mescola e diventa “teatro”.

L’atmosfera che si respira dietro le quinte e sul palco è un’aria carica di adrenalina, quasi elettrica. Non basta una rima baciata o alternata per portare su questo “palco“, per una volta cartaceo, l’intesa che si consolida tra gli attori durante le prove, le sfuriate del regista, l’ansia da prestazione che torna, implacabile, ad ogni replica, sia ad attori amatoriali che professionisti, le battute più ostiche di un nuovo copione da “mandare a memoria”.

(N.B. Guai a voi se fate cadere il copione! Per i più superstiziosi va sbattuto tre volte a terra, come a rimproverarlo)

È un universo che si rigenera ad ogni applauso, nasce e muore a tempo col sipario e si nutre di emozioni, quelle piccole macchie di colore che spesso teniamo sigillate, ognuno sulla propria tavolozza.

“Posso dirti una cosa da bambino? Alzati, sorridi, respira forte! Sei vivo, cretino!”

La musica sfuma

Buio

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