La musica è la colonna sonora della storia dell’uomo. Essa, come ogni forma d’arte, o meglio, come ogni aspetto della vita umana, è stata soggetta a diverse interpretazioni e mutamenti formali, ma mai è cambiata la sua sostanza.
Di che cosa è fatta la musica? Da aspirante cantante, posso rispondere: di note, armonie, melodie, quarte, quinte, accordi e scale…, ma da amante della poesia e dell’arte, vi rispondo che la musica è fatta di emozioni e di sogni.

Gli antichi sostenevano che il moto dei pianeti producesse un’armonia celeste, e che forse Pitagora fosse il solo in grado di ascoltarla. Queste affascinanti teorie filosofiche hanno prodotto un’eco che ha diffuso le proprie vibrazioni nello spazio e nel tempo, sino ai giorni nostri.
La musica, del resto, è nata come accompagnamento ai racconti degli aedi, che frequentavano le piazze o le corti dei nobili per cantare le proprie storie, le quali erano spesso scritte in versi. Risulta pertanto evidente che il rapporto tra la musica e la narrazione poetica non è affatto una novità della quale stupirsi, ma una realtà atavica ed imperitura.

La vita quotidiana è sempre stata accompagnata dalla musica: essa ha avuto funzioni celebrative durante le liturgie sacre o civili, i tamburi ed i peana accompagnavano i soldati in marcia, aveva funzione ludica durante i convivi e le festività pubbliche e private.

Sin dall’epoca rinascimentale, cominciarono ad emergere i nomi dei grandi musici che divennero famosi nell’intero panorama europeo, e venivano invitati nei diversi palazzi per allietare le corti dei signori e per scopi encomiastici nei confronti delle famiglie committenti. Il Mecenatismo, in altre parole, non fu un fenomeno esclusivo delle arti figurative, ma coinvolse ampiamente anche strumentisti e cantanti.
Con la costruzione poi di strumenti sempre più raffinati e l’avvento dell’orchestra, la musica cominciò ad evolversi nella direzione moderna che ancora oggi è largamente conosciuta ed apprezzata.

Dopo aver sinteticamente tracciato le tappe fondamentali dell’itinerario della musica sulla linea del tempo, mi sorge spontaneo domandarmi: Ma dove si è spinta la musica oggi? Quali spazi inesplorati, quali irti percorsi, quali vette e quali abissi ha raggiunto? Insomma, abbiamo detto che cos’era la musica un tempo. Ma che cos’è la musica oggi?
Mi piacerebbe avere la possibilità di intervistare diversi miei coetanei per confrontare le loro risposte e fornire vari punti di vista. Mi limiterò ad esporre la mia personale concezione della musica, cercando di ampliare la mia vista ad orizzonti universali e comuni alla mia generazione.

Sovente mi capita di chiacchierare con alcuni miei amici, e la musica ritorna con straordinaria frequenza nei nostri discorsi. Qualcuno apprezza i testi, nei quali si rispecchia e si emoziona; qualcun altro si sofferma sul ritmo incalzante, che si adatta ai battiti di un giovane cuore pulsante.

C’è chi ascolta la voce del proprio cantante a cappella, e chi trova della musica anche nel semplice rumore della pioggia.

Mi sono piacevolmente resa conto che la musica è la nostra migliore amica, in un modo o in un altro accompagna tutti noi durante il cammino della nostra vita. Non solo quando abbiamo gli auricolari nelle orecchie, per tentare di zittire il rumore del mondo esterno. Non solo quando ci chiudiamo in camera nostra e ci sfoghiamo ballando sul letto con la musica ad alto volume e non solo quando cantiamo o suoniamo il nostro strumento durante un concerto. La musica viene spesso posta come sottofondo pubblicitario, oppure all’interno dei negozi per catturare la nostra attenzione. E, in linea definitiva, persino nel momento di massima concentrazione per un compito in classe, oppure nel silenzio della notte, la nostra canzone preferita è presente nel nostro cuore.

Sono convinta che oggi più che mai il potere più grande della musica sia quello di unire.

Essa rappresenta un linguaggio universale chiaro e ben comprensibile a tutti, in grado di abbattere le distanze ed avvicinare le persone e le culture. Ho provato sulla mia pelle diverse esperienze che testimoniano questo potere magico della musica: quando ci relazioniamo con un estraneo, specialmente se parla una lingua diversa e possiede costumi ed usanze lontani dai nostri, la comunicazione risulta piuttosto complicata; ma le note musicali sono come i numeri e le realtà matematiche di Cartesio: sono idee innate comuni
a tutti gli esseri umani. Possiamo tutti cantare le stesse melodie, e soprattutto attraverso la coralità è possibile sviluppare una straordinaria empatia.

Quando la nostra voce s’intreccia con quella di un altro, e con quella di un altro e di un altro ancora, le vibrazioni prodotte dagli armonici ci colpiscono dritto al cuore e ci commuovono profondamente; allora scorgiamo la social catena dei rapporti umani di cui parlava Leopardi, e ci affacciamo sul sublime.

Si dice che la musica sia la voce di Dio; ora infatti io credo che la deità della musica stia proprio nella sua essenza eterna ed immobile, ma soprattutto universale.

Una questione filosofica lungamente dibattuta è quella relativa all’oggettività o alla soggettività della musica, ma credo che questa riflessione si possa ampliare all’arte in generale. Esiste forse un’idea di Bellezza assoluta, come asseriva Platone? A mio avviso, l’universalità del concetto di bellezza intrinseco dell’arte e dunque della musica va ricercato non tanto nell’oggetto che prendiamo in considerazione: una canzone può soddisfare il gusto di qualcuno e non risultare gradita a qualcun altro; ma nell’effetto ultimo che “il Bello” produce. Quando diciamo che una cosa ci piace? Quando essa ci suscita sensazioni positive. Ebbene, secondo una concezione forse un po’ azzardatamente finalistica, la Bellezza risiede proprio in questi effetti positivi, nel godimento che qualcosa ci può provocare.

E’ senza dubbio importante osservare che il nuovo millennio ha portato con sé uno straordinario ampliamento della gamma di generi musicali tra cui è possibile scegliere. La nostra epoca non è più caratterizzata da un grande stile che condiziona ed influenza tutti i campi del sapere e della produzione artistica.

Non siamo antichi, non siamo medievali, non siamo rinascimentali, barocchi, classici o romantici.

Eppure siamo un po’ di tutto ciò. Oggi noi abbiamo la possibilità di conoscere e studiare tutti queste grandi espressioni caratteristiche del passato, e soprattutto siamo in grado di sintetizzarle, unirle, modificarle al fine di creare qualcosa di nuovo ed unico. Oggi la musica propone un panorama estremamente ampio, che varia sui generi più disparati: è proprio questo che consente a ciascuno di noi di appassionarsi intimamente alla musica, riconoscendo la propria identità ed aderendo ad un determinato stile. In questo mosaico di colori, di suoni, di ritmi e di vocalità apparentemente così lontane tra loro, è da ritrovarsi la peculiarità della musica contemporanea: essa è frutto di quel lungo cammino che abbiamo trattato in precedenza, e solamente se riconosciamo le origini e delineiamo il percorso, siamo in grado di apprezzare veramente la musica contemporanea.

E’ vero sì che nell’ampia possibilità di scelta può apparentemente risultare difficile trovare quell’unità che un tempo era tipica del repertorio musicale: i canoni, i “modi” che si ripetevano sempre uguali e proponevano soltanto variazioni minimamente percettibili, sono stati completamente rovesciati a favore di una maggiore elasticità che consente tanto all’ascoltatore quanto al musicista di rivelare la propria identità.

Ebbene sì, è proprio l’identità che sta alla base non solo della musica, ma addirittura della mentalità odierna.

Non è più l’epoca delle masse, come fu invece sino al secolo scorso, non è l’epoca del volgo, caratteristico del medioevo, e neppure del “popolo” cui si contrapponeva il “senato” Romano. La nostra è la società degli individui. La società del libero arbitrio, della scelta autonoma e del gusto personale. Oggi noi possiamo ascoltare musica classica, canti gregoriani, musica pop e commerciale.
Sono dell’idea che i cantanti, i musicisti e gli artisti in generale siano detentori di un altissimo compito sociale: attraverso le loro opere, essi possono influenzare, dettare mode e comunicare messaggi importanti. Infatti, a mio avviso, un concerto è un’arma di divulgazione potentissima; ed è molto più veloce, semplice ed apprezzabile la ricezione di un impulso da parte della musica, piuttosto che da una pomposa orazione. Infatti, come ci insegna Dante, “la Bellezza risveglia l’anima all’azione.”