Come una candela

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****** racconto scritto per l’Edizione 2021 del concorso “L’immagine parla” in cui bisognava inventare una storia a partire dalla foto del bimbo alla finestra di Pietro Sciosci******

Giorgio non ha una precisa idea di cosa stia succedendo, ma l’unico aspetto di cui è certo è che sua madre sta soffrendo. La casa è piena di parenti e amici che se ne stanno in silenzio con i volti cupi e avvolti in una nube di tristezza. Lui, invece, è stato mandato fuori perché troppo piccolo ed è meglio se sta in disparte. Odia quando gli rivolgono frasi come “un giorno capirai” o “quando sarai grande ti spiegheremo tutto”. Nessuno gli dice perché il sorriso della mamma si è spento nelle ultime settimane o per quale motivo si è dovuta assentare da casa per una settimana. Non è andata dalla zia che aveva bisogno del suo aiuto, come gli ha spiegato papà. E poi perché trasferirsi momentaneamente in campagna dai nonni? Che bisogno c’era di abbandonare l’appartamento in città dove era nato e cresciuto se non per una ragione valida e seria?

Percorre il perimetro dell’abitazione e si sporge in avanti, verso la finestra che affaccia sulla camera dove sta riposando la mamma. Ha gli occhi chiusi, le guance scavate, il volto pallido. È stesa a letto inerme, come se avesse deciso di abbandonarsi a sé stessa. Sta dormendo o finge di riposare perché non ne può più di tutto quell’andirivieni continuo? Perché tutti possono entrare e starle vicino, anche la signora Forini che è cattiva e passa il tempo a spettegolare su tutti, mentre lui è costretto a vederla da lontano? Fortunatamente sono tutti così concentrati su di lei da non notare la sua figura che sbuca dalla finestra. È preoccupato, ha paura di quello che può capitare alla mamma e senza accorgersene stringe il labbro superiore racchiudendolo tra il pollice e l’indice.

È un gesto che compie quando è in pensiero per qualcosa, che sia un compito di matematica o una partita di basket, ereditato proprio da lei. Gli viene improvvisamente da piangere, le lacrime iniziano a scendere copiose dagli occhi, non riesce a fermarle. Vorrebbe tanto correrle incontro, abbracciarla e sentirle dire che andrà tutto bene, non c’è niente di cui preoccuparsi. Ogni volta che da piccolo si sbucciava le ginocchia cadendo dalla bici o giocando con gli altri bimbi si rifugiava tra le sue braccia, respirava il profumo buono che portava addosso e il dolore passava in secondo piano. Vorrebbe tanto aiutarla allo stesso modo.

Magari se fosse entrato in casa e le avesse accarezzato la schiena come faceva lei sarebbe tornata a sorridere e ad essere felice. Una folata di vento gelido gli entra nelle ossa facendolo rabbrividire. Siamo solo ad inizio ottobre, ma le temperature negli ultimi giorni hanno subìto una brusca diminuzione e il fine settimana si appresta ad essere ancor più freddo. Giorgio si ferma a riflettere: forse anche il cielo è triste per via delle condizioni di salute della mamma. Visto che la nonna materna se n’è andata pochi mesi fa e tutti gli hanno ripetuto che è volata in cielo, potrebbe essere lei che è addolorata perché non vuole che la figlia la raggiunga. Ha sempre avuto dubbi sulla teoria del “la nonna si trova lassù tra le nuvole, la sera quando guardi le stelle noterai che ce n’è una più luminosa delle altre ed è lei che ti guarda.” Gli parlano da quando è nato di un certo Dio che vuole bene a tutti quanti, ma allora perché gli ha portato via lei e ora gli sta per strappare anche la mamma?

È sempre stato buono, non ha mai rubato la merenda ai compagni di classe o tirato i capelli alle femmine, come fa spesso Gianluca, un tipo antipatico che frequenta la sua stessa sezione alle elementari. Agli allenamenti di basket è sempre gentile e educato con tutti, rispetta i nonni e i genitori, cerca di non dare problemi a nessuno. Beh, sì, forse qualche volta ha fatto i capricci perché chiedeva un giocattolo che non gli volevano comprare, non amava lavarsi i denti la sera e ogni tanto diceva qualche bugia, ma Dio era davvero così fiscale? Possibile che abbia deciso di segnarsi ogni minimo comportamento brutto per punirlo in quella maniera? E poi perché esistono tante persone veramente cattive, ma che stanno benissimo? Giorgio si trova ancora attaccato alla finestra con lo sguardo fisso verso il letto della mamma. Sul davanzale ci sono un vaso enorme con una pianta che sbuca fuori, una grande chiave e una candela quasi consumata disposta su un piattino.

È dal primo istante in cui sono giunti in quella casa che ha il desiderio di rubare la chiave per vedere cosa nasconde la soffitta all’ultimo piano. La nonna gli ha spiegato che è un posto molto vecchio e pieno di polvere dove nessuno mette piede da anni, pensando così di togliergli la voglia di entrarci, ma non immagina che gli ha solo aumentato la curiosità e farebbe di tutto per visitarla. Prima o poi l’avrebbe presa, doveva solo attendere il momento in cui tutti fossero distratti e potesse agire indisturbato.

La candela, invece, l’avevano già trovata lì quando decisero di trasferire la mamma in una stanza tutta per sé. Era rimasta spenta per tutto quel tempo, ma poche ore prima la nonna l’aveva accesa affinché “sia di buon auspicio”. Giorgio non conosce quella parola così complicata, ma immagina sia una sorta di rito scaramantico. Fissa la fiamma che trema e che sembra incredibilmente fragile e non può evitare di paragonarla alla mamma. Il fuoco, all’inizio, splendeva forte e fiero, ma con lo scorrere del tempo si era ridotto al lumicino e di lì a poco si sarebbe spento del tutto.

La mamma aveva iniziato a stare poco bene cinque mesi prima. Anche in quel caso nessuno gli aveva spiegato nulla, ma Giorgio non era mica stupido. In alcuni periodi passava molto tempo a letto, era sempre affaticata, non riusciva a compiere azioni banali come cucinare e soprattutto non lo sgridava se non rimetteva a posto la stanza o entrava in casa con le suole delle scarpe sporche. Non che fosse una maniaca del pulito, ma ci teneva ad avere ogni angolo luminoso e splendente, soprattutto se dovevano arrivare dei parenti o degli amici di famiglia. Giorgio, vedendo la mamma in quello stato, cercava di essere più bravo del solito e di non dare ulteriori preoccupazioni ai genitori. Suo padre era invecchiato improvvisamente, gli erano comparse delle rughe agli angoli degli occhi che non aveva prima.

Continuava a lavorare dalla mattina alla sera, ma spesso si trovava a dover fare tutte le faccende di casa da solo, mentre prima le divideva con la mamma. Sbirciando dalla porta alcune sere lo aveva colto in flagrante mentre si era addormentato in salotto per via della troppa stanchezza. Avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, ma almeno in quel caso era vero che fosse troppo piccolo per poter svolgere determinate cose. La vita sembrava scorrere quasi normalmente tra scuola, allenamenti e catechismo, ma la realtà era ben diversa. Quando la mamma lo informò che si sarebbero trasferiti dai nonni in campagna perché lei non stava bene e aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse percepì una sensazione strana, come se in quel preciso istante avesse compreso la gravità della situazione.

Negli ultimi giorni alcuni vicini di casa o amici di famiglia che erano passati a salutare la mamma gli avevano rifilato delle frasi ambigue, come “povero piccolo, che dolore atroce dovrai affrontare”, “dovrai aiutare il papà a superare questo momento delicato”, “devi comportarti bene perché non è tempo di fare i capricci”. Avrebbe avuto voglia di rispondere male ad ognuna di loro perché parlavano usando delle espressioni ambigue, ma ce ne fosse uno che avesse il coraggio di parlargli in maniera onesta e sincera!

Giorgio cerca di scacciare quei pensieri dalla testa e apre la porta della vecchia casa con delicatezza, in modo da non farsi sentire dai grandi. Ora si trovano tutti in salotto, dove si sono rifugiati per lasciar riposare la mamma, e approfitta del momento di distrazione per superare il corridoio principale e sgattaiolare in camera. Arrivato di fronte alla porta prende un lungo respiro e decide di farsi coraggio superando la soglia. Non appena si avvicina al letto nota che la mamma non è addormentata e quando lo vede apre gli occhi, seppur con estrema fatica.

“Amore mio,” sussurra con una voce così fioca che Giorgio per un momento si domanda se non abbia sognato quelle parole.

“Ciao mammina,” risponde mettendosi comodo sulla sedia disposta alla sua sinistra. “Lo sai che Pepe stamattina si è addormentato sul divano a pancia all’aria con le gambe in alto? Faceva troppo ridere! Papà gli ha fatto una foto con il cellulare, devi vederla, è buffissima.” Pepe è il gattino nero che i nonni si sono trovati in giardino e hanno deciso di adottare. Giorgio gli si è affezionato molto e quando la situazione in casa si fa troppo pesante si rifugia nel garage all’esterno dove hanno adibito un angolo tutto per lui. A volte crede che gli animali siano migliori delle persone perché non sono enigmatici come gli adulti. Se Pepe ha bisogno di mangiare miagola, se vuole le coccole ti viene incontro e fa le fusa.

“Sono impaziente di vederla,” risponde la mamma accennando un sorriso che però assomiglia più che altro ad una smorfia. È attaccata a dei tubicini che le terminano lungo le braccia, gli occhi azzurri che Giorgio ha sempre considerato come i più belli del mondo sembrano aver perso la luminosità che li ha sempre contraddistinti.

“Posso dirti una cosa, amore mio?” Giorgio non capisce se è una domanda o un’affermazione, ma nel dubbio fa cenno di sì con la testa.

“Ricorda sempre che ti voglio un bene dell’anima e che io ci sarò sempre, anche quando penserai che io sia lontana da te. Me lo prometti?”

Giorgio la fissa con uno sguardo attonito. “Mammina, non puoi andartene dalla nonna. Non vedi che ha fatto venire il tempo brutto perché non vuole che la raggiungi?”

La mamma si gira dall’altra parte del letto per nascondere il viso e non mostrare le lacrime che le rigano il volto. “Giorgio, promettimelo. Non scordarti mai di me, ti prego. Io sarà sempre al tuo fianco.” Il bimbo si alza e istintivamente la abbraccia. Solo quando nota le lenzuola bagnate si rende conto che sta piangendo anche lui. Restano in quella posizione per un tempo indecifrabile e Giorgio per un attimo conserva l’illusione che la mamma tornerà a stare bene e che non se ne andrà mai.

Ma ad un certo punto è costretto ad allontanarsi perché è così affaticata da avere il bisogno di dormire. Torna a sedersi al suo fianco e rimane un altro po’ a contemplarne i lineamenti che sono perfetti nonostante tutto. Mentre è intento a studiare ogni dettaglio del suo volto la sente emettere tre grandi sospiri. Giorgio rimane sbalordito, non sembrano respiri normali. Corre a chiamare il papà in salotto gridando di andare subito in camera e quando si riuniscono intorno al letto della mamma iniziano a piangere e a singhiozzare tutti insieme. Giorgio intuisce immediatamente che se n’è andata. Si volta verso la finestra e nota che la candela si è spenta. Al posto della fiamma c’è solo una scia di fumo quasi impercettibile.