Qualcosa di pratico addosso, qualcosa di comodo ai piedi, occhiali, borraccia. E si va. Su due ruote. Per la parvenza di fuggire, per l’ansia di libertà, per ricordare a se stessi che tutto ha un equilibrio. Difficile da mantenere. Due ruote per poter pensare in movimento, credendo che poi ogni pensiero scivoli dalle spalle come il vento contro. Due ruote per guardare più a fondo ciò che scorre, nei prati, nei campi, nelle case, nel mare. E sostare dove l’occhio più cattura, illudendosi di riposare nella mente e nel cuore. Una finta cura dell’anima. Due ruote per vagare senza mèta, cercando di scorgerla in qualche angolo. Due ruote per confondere l’aria negli occhi da lacrime piene di amaro e nostalgia. Due ruote comuni, provate dal tempo, ancora forti e coraggiose, per poter sorreggere un corpo e la sua pesante esistenza. Due ruote, un manubrio e una scomoda sella, per tornare verso casa simulando la pace ritrovata. Sapendo di riprendere i pedali e placare ancora l’animo all’indomani.
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