E l’onda verrà

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E l’onda verrà


L’alito dell’esistenza si univa silenzioso al rumore delle onde implacabili, funesto e funereo, duraturo come la natura selvaggia.
E in fondo al bar stava, seduto, un vecchio. Parlava da solo, filtrato da una folta barba bianca. “Quello che sei non può essere barattato con ciò che è l’altro, perché questo non potrà mai vedere dentro la tua anima, né tu nella sua. Ma verrà l’onda e pulirà tutto”, disse il vecchio Abbeas Fabaa.

Anno 3093. Danimarca.

Il cielo minacciato dall’acqua era una condanna ragionevole, per la gran parte dei turisti atterriti dall’aberrante brama di stupire dei giornalisti in televisione che ferocemente, affilavano i discorsi sull’eventualità imbarazzante e ingombrante anche per l’aggressiva fascinazione del turista, medio, circa l’affondamento delle terre emerse, prossimo probabile imminente, che inchiodava ai propri sbagli la bella e brava gente e no, agghiacciata dall’oggettiva aggressività dei cronisti, che si sbilanciavano abbacinati sulla grandiosa glaciazione giudicata “il giudizio universale“ mentre, i ghiacciai avrebbero girato per gli oceani indisturbati e si sarebbero agganciati a ogni grande figura che fosse stata specchiata dal sedimento, ghiacciato dell’iceberg di turno che decideva di venire frenato temporaneamente da un’isola o penisola non ghiacciata, e di non granitica bordatura delle spiagge in cui si poteva fermare. E far beccheggiare un abbandonato agghiacciante finale di faglia. Faglia terrestre del Polo in faccia alla fatidica agghiacciata figura dell’Europa. Ferita nella sua impotenza mentre la popolazione si arrendeva al peggio e il cielo grandinava.

E dalla costa danese calamitava l’incolta moltitudine verso l’aderenza anormale, dei ghiacciai che si ammassavano gelando oltretutto qualsiasi progetto militare credibile, aggressivamente sbandando sulla terraferma con i festoni di ghiaccio e di terra; che si elevavano sopra le teste di tutti e di tutti i grattacieli esistenti prospicienti, costruendo un’abnorme megalopoli aggiunta di colore celeste con agghiaccianti assordanti sibili, di enorme rumore, per il contraccolpo inaspettato con l’agglomerato urbano distruggendolo. In parte. Come gocce di gesso inverso, sull’ebollizione angosciosa delle psichi dei cittadini europei, la base delle fondamenta architettoniche delle città era già in subbuglio. Gli esseri umani; abominevole calava il silenzio mentre indifferibile tendeva a cogliersi la raccapricciante disintegrazione delle articolate megalopoli dell’Europa, con l’eliminazione delle gigantesche conglomerazioni urbane, per opera degli intromessisi iceberg, fisicamente all’interno e spezzando l’allegra sbagliata cementificazione dell’ordine urbano. Gli iceberg come frecce alte milioni di metri si erano spezzati alla base e infilandosi a caso in decine di migliaia di punti in calcolati delle metropoli, per ora solo in Nord Europa, definivano le peggiori geometrie elaborabili da una mente folle, garantendo il cigolamento perenne e inquietante, assordando nel contempo i sopravvissuti inermi, delle mastodontiche strutture ghiacciate degli iceberg contro le strutture metalliche dei grattacieli o sul calcestruzzo delle costruzioni pubbliche, come tenaglie d’acciaio; questa la barbarie elementare che abbagliava gli europei nella loro stessa Europa, che emanava una delirante echeggiante paura. E il dubbio di dichiararsi inchiodati a un cataclisma maggiore non era giudicato degenerazione della mente umana. La voce correva di bocca in bocca. Il delirio esisteva; l’accattivante inclemenza dei film horror, o il ricordo dei film horror abbassata a ininfluente e ridicola; l’abnorme giustizia della natura viveva tra gli uomini; raggiungere livelli di vivibilità accettabile era un miraggio; angosciosamente, i pensieri di tutti i sopravvissuti al primo”abbordaggio” affondavano prima o poi nella tristezza più efferata. Se poi non causavano disturbi mentali. Era tale il danno psicologico permanente, che l’ammontare dei danni in miliardi di euro era rifiutato come pensiero, dalle persone ancora stabili e razionali: carico di più verità era un altro ineludibile fraintendimento o intendimento: l’Europa era in trappola.

La sede affondava tra i freddi ghiacciai mentre dal cielo cadevano fiocchi di neve sul dipartimento di giustizia ad Amburgo. Il barbaro addensamento della neve e del ghiaccio, e del freddo sui corpi, dei malcapitati, suscitò dichiarazioni ufficiali devastanti, da parte della stampa e delle confraternite religiose site in Europa; il panico si aggrappava alla pelle. Ad Amburgo fu la prima gelida collisione, con un iceberg il quale continuò, ad avanzare dentro il territorio tedesco come un coltello nel burro. Con la benda sugli occhi cioè effettivamente con gli occhi bendati, per scelta personale e generale perché addolorati e traumatizzati i cittadini intrappolati si dichiaravano, urlando, abbandonati, e mentre la degenerazione, climatica debellava ogni arteria stradale, i cittadini disperati, si addensavano in tutte le direzioni all’interno della città nel panico.La fuga sconsiderata per evitare il congelamento si abbatteva come drammatica conseguenza, a detrimento dei piani delle autorità. File di incappucciati con gli occhi bendati, si accalcavano, addosso ai corpi degli iceberg mentre la città di Amburgo era inchiodata come da enormi frecce di ghiaccio, e mentre cadeva la neve, il ghiaccio stava raggiungendo la frazione cittadina dov’era attestata l’abnorme immensa base della città con i suoi luoghi commerciali e la ferita della città già offuscava ormai gli intelletti più grandi, e bonari;”Maggiore sarà il freddo maggiore sarà la fame !!!” gridò Annette una giovane donna con gli occhi quasi fuori, dalle orbite. La reazione degli uomini che le stavano intorno, fu rapidissima, abbietta e animalesca; l’afferrarono e atterrarono in un secondo; nella confusione degli strepiti e impediti dai cappucci da boia sulla faccia, non fu molto evidente, né il cervello riuscì a catalogare l’avvenuto in modo non schizofrenico ,ma evidente fu infine evidente la sua assenza e il suo silenzio, terribile ma arginato. Il sangue affluiva al cervello, beffardo come se avesse il potere di arrestare il cervello.

I bagliori sui ghiacci abbagliavano la vista; si aggiunse la grandine ad aumentare il peggioramento climatico, almeno a pelle, mentre vari iceberg molto più fenomenali per grandezza raggiungevano i vari porti dell’emisfero nord lungo le altre direzioni possibili, dal polo nord geograficamente destinate al crash esagerato, con i colossali iceberg con boati macroscopici e terrificanti alla base delle banchine e dell’entroterra; mentre etilica e indecente da un punto di vista esterno, da persone non coinvolte, fu la decisione drastica dei cittadini, o della maggior parte di essi, tra urla e pianti, di fare i bagagli nella più lucida delle ipotesi, cambiare scenario alla propria vita e abbandonare le città raggiungendo destinazioni più calde, città più degnamente accreditate come abbaglianti per il sole battente, cittadine del Sud del mondo: le città colpite brutalmente dalla deriva improvvisa degli iceberg, forse soltanto queste per il momento, furono: Goteborg, Riga, le isole Visby (Svezia),Danzica, Amburgo, Brema, Groninga, Haarlem (Olanda), Rotterdam, le isole Shetland, Glasgow, parte dell’Irlanda e del nord Irlanda, Le Havre, Brest, Nantes, Bordeaux, Bilbao, La Coruna, Porto, Reykjavik, alcune città dentro la Siberia, furono colpite anche l’isola di Hokkaido(Giappone),Kyoto, Busan, Hiroshima, le isole di Baffin, l’Alaska, Montreal. Boston, New York, Philadelphia, Washington, Atlanta, Miami, Vancouver,Seattle, Sacramento,San Francisco,Los Angeles.

Per ora.

La degenerazione dei destini addolorava. Gli anatemi negati, e ripetuti, aberrante la fraudolenta aggravante delle giustificazioni di Stato veicolate da aerei velocissimi che lanciavano confusi radio comunicati aerei attraverso sofisticati amplificatori molto potenti, i cui messaggi erano veramente facinorosi, e atti a giocare brutti scherzi mortali a chi il messaggio a cui avrebbe abboccato in teoria anche il più saggio, perché lanciato dall’Autorità statale, e perché con becero e terribile cinismo, i governi degli Stati nazionali di tutto il mondo nascondevano di accettare l’abbattimento da parte del freddo delle persone all’addiaccio come bestie, e non avrebbero però mai accettato il caos agghiacciante date le infinite incognite sia climatiche, che generavano bassa pressione nell’emisfero nord, sia quelle sociali nella previsione di non potere contenere le bassezze più umilianti nelle popolazioni, anche nelle megalopoli dove adesso il delirio cedeva il passo alla violenza più cieca ben dopo i doni della morte, odiati dai giudici i quali li ricevevano, tra la loro indignazione violenta e la detta atrocità eccessiva che portava, nella desolazione delle città abbandonate, gruppi di cittadini disperati, o folli, a formare delle squadre, le quali irrompevano accanitamente dentro le incredibili bellissime abitazioni dei giudici rimasti in città, e con abominevole senso di giustizia aggredivano i giudici afferrandoli per le anche e con efferata arroganza e rifiuto della carità, affondavano in bare rubate, tra ferite ed ecchimosi, i corpi vivi dei giudici sconfortati e urlanti, nelle obbrobriose cadenti indegne mangiatoie dei maiali, dopo avervi scavato profonde fosse occupandole, con indicibili violenze sulle carcasse viventi, di coloro che furono “Vostro Onore” per la giustizia ingarbugliata dell’Occidente e dell’Europa, insieme a cui non erano assenti, nelle bare, i cadaveri di tutti i membri delle famiglie dei giudici.

Effettivamente le case imbiancate dalla neve, che si specchiavano ed erano riflesse dai formidabili iceberg che cadevano sul terreno incagliandosi, come gigantesche asce nell’epicentro raccapricciante del terreno nudo, al di sotto anche dell’asfalto, in direzione, dunque, del centro crepato tanche di una nuova faglia fratturata inglobata nel sottosuolo, e non si arrestava, come un coltello caldo nel burro, la corsa catastrofica e accecata degli iceberg, affondo alla terra; e agghiacciante era il giudizio e la debolezza, degli abitanti della biosfera, che brancolavano, nelle direzioni più confuse, nella ferrea affrettata scelta di eliminare tutti coloro, che il loro rancore più acceso e grottesco, ancora segnalava richiamandoli nonostante tutto ad esistere, cioè dava loro ancora stimoli finché la vita arrivava, malgrado tutto e malgrado soprattutto la temperatura di molti gradi sotto zero, quindi finché ancora il sangue arrivava nelle calde vene, di ogni disperata persona, e finché il sangue arrivava ancora nelle calde vene di qualsiasi persona avevano odiato in passato, anche in un passato molto lontano, e che il destino avesse secondo loro sfortunatamente lasciato che affollassero ancora, qualsiasi emisfero abitabile o inabitabile della Terra; affiorava, nelle menti dei dannati, come sangue impazzito un’ultima angosciosa traditrice disperazione, da placare in qualsiasi modo abominevole purché abominevole, finché adeguata era ancora la loro digestione, finché le arterie pompavano ancora sangue, nonostante tutto. Finché il cuore avesse continuato a battere. La densità degli iceberg era eccezionale, come lo era la loro forza distruttiva, e la deriva climatica, che aveva paralizzato gli scienziati ( anche questi sarebbero stati perseguitati), nessuno aveva il coraggio di agire, né dall’altra parte del Globo arrivavano aiuti. Si addensava l’atmosfera in un’aberrante desertificazione polare dove si inchiavardavano gli iceberg, all’interno di terreni friabili, inspiegabilmente fuorché nel Sud del mondo; la confusione degli scienziati e dei politici, non più sorretti dall’acclamata inconfutabile scienza, lasciando anche i più intelligenti interdetti e paurosi, per cui tutto questo condannava il mondo alla distruzione per il rifiuto a intervenire, ma anche tutti questi, forse troppo impietosamente, sarebbero stati braccati, anche se annichilirli non avrebbe portato alcun frutto. La micidiale caccia all’uomo era abominevole, ma si sarebbe scatenata, eccome, tra la barbarie più cruda, nel ricordo dell’inutile schiavitù, che aveva sconfortato e pacificato e beffato anche i più scaltri, in qualsiasi caso, ovviamente e inesorabilmente come era successo realmente, nei secoli passati. La caccia era iniziata. E sarebbe durata. Fino all’ultimo respiro.

I delfini fiancheggiavano le barche che occhieggiavano da 87 metri di distanza gli iceberg; questi schiacciavano ancora come da molte ore accadeva, le carcasse degli albatros affogati, senza vita per il congelamento e quindi affogati, durante la corsa dei colossi di ghiaccio accelerata dalla carezza del vento; l’ebollizione dell’acqua per quanto inverosimile, e per quanto inverosimile la sua visibilità in modo così palese, fabbricava un’ampia fascia di densità diafana sulla superficie ghiacciata degli iceberg, che ridefiniva le candide ecchimosi degli iceberg, e anche dei geyser; mentre quindi gli iceberg passavano sulla Norvegia. Questo accadeva anche su strani geyser fluidi inchiodando anche il cervello più acceso, a dichiarazioni da incerto faccendiere; dichiarazioni da incubo per la bassa politica. I veri giudici e avvocati erano inseguiti da feroci fronde di cittadini inferociti, tra cui anche egregi docenti della scuola e persino della scuola pubblica, chiaramente impazziti; che agganciavano la degenerazione della civiltà alla giustizia sbagliata, con terribile inclemenza verso le generali ineguaglianze, prospettate dai tribunali nei decenni passati, come scontate e ininfluenti, come nei secoli passati. Lo schiaffo alla vecchia regola di una probabile fedeltà estrema all’inequivocabilità delle prove, che erano considerate tangibili come tangibile doveva essere la certezza della colpevolezza, adesso nei riguardi dei giudici o di qualsiasi colpevole, non ridefiniva una definizione sfuocata delle carte bollate, ma era il risultato dell’incitamento, chiassoso e sclerotico, di un’efferata frangia di anomali abbietti borseggiatori, di avidi e delinquenti, in giudicabili che si auotoaffidavano alti incarichi anche giudiziari, tra le angherie assaporate dalla cittadinanza contraria; chi faceva segno di dissentire era schiaffeggiato, poi aggredito con chiavi inglesi, e arrestato dall’autocostituitasi “Anarchia belligerante”. Sembrava terribile anche ai bipolari. In questa gabbia di angherie e schedature agli imbocchi ghiacciati delle autostrade. In questo bramato mondo, erano anche i componenti di Twitter e Facebook, a schedare chiunque, per continuare a essere e a incombere, come fabbricanti di sogni, difesi dall’affetto delle masse; e si arrivò alla decisione di affermare e dichiarare una nuova definizione di fonte attendibile di Facebook e Twitter allargata alla base generale di tutti i cittadini benpensanti, I benpensanti erano i violenti. E i criminali.

La degenerazione genererebbe fameliche orde di vigliacchi che potrebbero scatenarsi come accadeva, in festeggiamenti detti inebrianti se vivessimo in una situazione non reale; a Phoenix come a Ginevra picchetti di degenerati aumentavano il clima di paura assurda e assurdamente presente, in una civiltà moderna; la degenerazione avrebbe dovuto fare quanto sopra, ma non faceva solo quello; tra le orde incupite a inginocchiarsi di fronte al delirio che angosciando e mettendo in forse la capacità di recepire e capire la realtà, che faceva rabbrividire la stragrande abulica amorfica fetta di allarmati esseri umani, melliflui e brontolanti energicamente in tutte le altre situazioni di indigenza e di inenarrabile abbordante deficienza di denaro o di aberrante ineducazione, da parte di autorevoli personalità in tv o nei film, o nel mondo dello spettacolo. Adattarsi a una fantascientifica durissima formidabile incredibile eccezione a ogni previsione di scienziati o politologi, e anche a ogni sconfortante assertore di catastrofi o indiagnosticate efferate crisi climatiche geograficamente circoscritte, non era stato preventivato come probabile, e non era stata preventivabile l’ineludibile drammatizzazione dell’autentico scoperchiante, non incriminabile, divenire degli eventi, perché sarebbe stato inutile, incomprensibile come il tramontare degli eventi verso la fine della specie, era un cupo angosciante evento anch’esso, esecrabile dai vigliacchi e anche dichiarabile archetipo di una caotica afflizione umana imprescindibile, ma era da imbecilli perdere tempo a pensare.

Un astio turbolento e bistrattato sembrava esagerato anche nelle peggiori grottesche esistenze dove la disperazione arrivava come una scheggia impazzita, e per cui ci si credeva anche dichiaratamente assenti e affetti da un dramma eccezionale che condannava tutti a eccepire effettivamente con terribile acredine da baci abbracci e giochi e rassegnarsi allo scombussolamento delirante anche se annientava raschiando febbrilmente l’effettiva qualsiasi ambizione, tanto da far boccheggiare ogni individuo come se sarebbe stato un cadavere che si abbatte o cade come una bestia centrata da una pallottola ed eclissata in una condizione di impotenza come una bestia e non più come un essere umano; era disastroso capacitarsi all’improvviso di un diabolico indomabile declino della civiltà, da cui ci si era difesi perché ci si sentiva minacciati da essa, per il bisogno di esigere ancora l’incredibile scambio chiesto tra la propria condizione sociale e una condizione sociale più agiata… L’abnorme caduta della mentalità umana lasciava esterrefatti, volenti o nolenti. Adesso. Però adesso gli occhi si aprivano come per la prima volta, per osservare più attentamente, come in un flash back, la decrepita forma della sabbia e dell’acqua. Mentre avanzava inesorabile il rombo delle onde seguito dalla corsa disperata degli iceberg. “Il mondo è cambiato. Lo sento nell’acqua, lo sento nell’aria, lo sento nella terra”( ne”Il signore degli anelli”).Fuori controllo ogni mutamento climatico. Fuori scala ogni sistema di misurazione, forse i poli magnetici impazziti.

Sovveniva come una sordità fulminante, il senso delle cose insieme alla forza dei cinque sensi umani all’improvviso impotenti, e recalcitranti. Poi qualcuno sollevò lo sguardo e si mise a urlare mentre indicava tremante l’arrivare celere come di una scena irreale ingrigita di ricordi, era l’irrimediabile baluginio incombente e malvagio ribelle e aggressivo, dell’ingorgo senza aggettivi di onde su onde di 97 metri a una velocità di 77 km all’ora, era la chiarezza del bianco della spuma delle onde che atterrava tacitamente, se non fosse per il tuono del peso delle onde, di un sedativo finale per qualsiasi mortale, in una danza esasperante di anomale imbattibili come di rabbocchi di traditori per un insano cervello, mentre purtroppo dubbi più assurdi assalivano tutti gli incupiti traumatizzati individui, che si scervellavano e sembravano euforici per la novità, o subdoli con sé stessi per allontanare il dramma dalla propria mente; mentre masse di fedeli abiuravano a qualsiasi Dio e altri fedeli fissavano con fiducia il bagliore creato dal bianco delle acque; e mentre cominciava ad albeggiare in Spagna e i falò non erano più utili, e la debolezza per ore di angoscia si faceva sentire nel mondo; e mentre qualcuno o forse tanti impazzivano, e cominciavano a dire frasi sconnesse o ad essere irragionevolmente allegri o loquaci: si ridefinivano le priorità geopolitiche a livello mondiale, e il bilancio non idilliaco delle vittime nel Nord era un giudice spietato, di cui tenere conto; la fuga disordinata e ogni carenza ringalluzzita dallo sciabordio tonante delle onde, schiacciava inevitabilmente la razza umana; era chiaro che adesso l’antecedente imbuto creato dalle fratture della Terra per effetto dell’avanzamento sotterraneo degli iceberg, unito allo sciogliersi dei ghiacciai per l’effetto serra, aveva portato diversi tsunami nel nord del mondo.


E l’onda verrà

Testo di Andrea Piroddi