La porta dei poveri

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Lo sguardo arrivava oltre le nuvole, ammirava i colori che i raggi del sole filtrano attraverso di esse. Lo scenario stupendo di un giorno qualunque.

Triste realtà quando tu non sei nessuno, solo un piccolo numero di un mondo distratto fatto da uomini disumani. L’arroganza di volere e prendere quello che pochi stentano ad avere. I giorni passavano, l’orizzonte si alternava ai capricci del tempo, lasciare quella terra per andare a cercare oltre la linea che divideva il cielo. L’arcobaleno ormai si era dimenticato di quelle genti, nessuno tendeva una mano; solo chiacchiere che facevano passare esseri vittime da carnefici.

Un mattino due ragazzi si misero in cammino per cercare la pace, quella che ormai in casa loro non esisteva.

Pace, uscita dalla finestra quando l’abitazione fu distrutta da una bomba. Dormire fuori senza un tetto, la peggiore situazione che può capitare. La notte si sentono tutti i rumori e prendere sonno impossibile. L’allerta la tua compagnia e nessun osserva quegli esseri senza ombra e senza domani. I genitori morti sotto le macerie, avevano fatto da scudo con i loro corpi, nessuno si preoccupava di quei ragazzi, una bambina e un maschio appena adolescente; andarsene per dimenticare il sibilo delle armi, le grida di donne e il pianto di bambini. Predicare in quei luoghi è impossibile, solo fuggire, nessuno voleva ascoltare e documentare quello che accadeva, bastava solo andare al punto di ascolto dove uomini raccontavano quello che tornava comodo.

La realtà vista da prospettive diverse e la confusione creata, diffusa.

Aidha e Isa presero le loro poche cose, raccolto qualche straccio e due borracce con l’acqua, quella presa dal pozzo. Chissà se era buona, dopo tutto quel bombardare, chissà l’acqua poteva essere contaminata. Non avevano altro , dovevamo mettersi in cammino e non avevano altro..
Strada facendo qualcosa sarebbe successo, qualcuno avrà pietà di loro, oppure saranno per sempre spacciati, meglio morire con quella speranza che d’inedia e di paura.
La paura lì seguiva lo stesso, due ragazzi che fino a quel momento non avevano subito problemi, la loro vita scandita dalla scuola e dall’amore dei genitori.
Timorosi e fedeli alla loro religione, nessuno comprendeva perché tanto odio verso di loro.

Un odio alimentato da chi ha contribuito ad aizzare la guerra, giochi di poteri che non si fermano davanti a nulla.

E loro vittime innocenti che portavano dentro il cuore, il credo condiviso. Amore e odio ma le radici sono le stesse, occhi bruni e capelli castani e i nomi semplici Aidha dal significato “Ritorna” e Isa il nome del bambino che significa tradotto in italiano Gesù.

Le analogie non sono discordanti, bensì di farci capire quanto simili e l’odio generato è solo per scopi di altri di quelli che vogliono e pretendono subito il potere.