Errore di valutazione. La cultura dello stupro

Cultura dello stupro è il termine usato a partire dagli studi di genere e dalla letteratura femminista, per analizzare e descrivere una cultura nella quale lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono comuni...

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Errore di valutazione. La cultura dello stupro


Credo che il web sia il riflesso esatto della società nella quale siamo costretti, non per volere nostro, a vivere;  per questo, molto spesso, qualcuno sente il bisogno di allontanarsi da quest’universo virtuale, per evitare di prendere coscienza di quanto superficiale, o ignorante, sia gran parte del popolo del web, che altro non è che lo specchio del popolo reale.

Lo scandalo che più ha coinvolto i leoni da tastiera, recentemente, è scaturito dall’abito indossato da Giulia Salemi al festival di Venezia. Evidentemente, quanti di quelli si sono gettati nella stesura di esclamazioni auliche, quali “si sente abbaiare!” o anche “ho finito i croccantini da lanciarle!”, hanno dimostrato che, oltre ad avere un linguaggio gergale e scadente (e ripetitivo), le loro capacità cognitive si approssimano allo zero. E qui vado un po’ oltre il semplice stereotipo di “ragazza cagna”, il quale ci viene giornalmente ricordato con qualche “meme” sessista sul quale “sarebbe meglio farsi una risata”, anche perché spero che chi mi stia leggendo sia consapevole di cosa “cagna” realmente significhi. Passiamo, quindi, a ciò che io ho trovato estremamente fuori luogo e per farlo vorrei ricordare a cosa ci si riferisce quando si parla di “cultura dello stupro”. E, a questo punto, mi rifaccio a Wikipedia:

 “Cultura dello stupro è il termine usato a partire dagli studi di genere e dalla letteratura femminista, per analizzare e descrivere una cultura nella quale lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono comuni, e in cui gli atteggiamenti prevalenti, le norme, le pratiche e atteggiamenti dei media, normalizzano, giustificano, o incoraggiano lo stupro e altre violenze sulle donne.”

Questa definizione tenetela a mente durante la lettura di tutto l’articolo.

Ora, chi di voi ha nominato lo stupro in relazione all’abito della Salemi sappia di non aver fatto altro che incrementare quanto, grazie a Wikipedia, ho appena definito. Mi ha particolarmente colpita leggere di ragazze, DONNE, che hanno scritto “Non stupiamoci se le donne poi vengono stuprate” in riferimento a questa foto. Io mi auguro che una frase del genere nasca da sviste lessicali, che piuttosto che allo stupro queste signore si riferissero alla mercificazione del corpo femminile, perché se ancora oggi, nel 2016, quando si pensa che l’uomo si sia evoluto a sufficienza, si persiste nel credere che dello stupro sia responsabile un po’ di pelle scoperta, a me, personalmente, viene da piangere e da pensare, conseguentemente, alla cultura dello stupro, perché quello che si fa è proprio andare a normalizzare o, per lo meno, giustificare una violenza.

Se cercaste la definizione di “stupratore”, il risultato sarebbe “colpevole di stupro”.

Sottolineo per chi non riesce a comprendere bene: COLPEVOLE. Il colpevole è il carnefice, non la vittima e questo mi auguravo fosse un concetto abbastanza scontato. Una donna potrebbe uscire col burqa, o quasi svestita, ma nessun uomo dovrebbe assolutamente sentirsi autorizzato a far venir fuori il proprio istinto da bestia, a fare quello che più gli piace, senza preoccuparsi che la donna sia consenziente. Siamo uomini e, in quanto tali, dovremmo essere in grado di governare i nostri impulsi, il nostro istinto, perché, se non sbaglio, è grazie al possesso della razionalità che la specie umana si distingue dalle bestie irrazionali!

Aristotele stesso definiva l’uomo “animale razionale”, ma a quanto pare queste persone sono l’eccezione che conferma la regola.

Io il vestito della Salemi non lo indosserei mai, perché, personalmente, lo ritengo volgare e sono fermamente convinta che una donna, così come un uomo, possa riuscire a far parlare di sé tramite le sue doti intellettive, tramite le sue capacità e che non sia necessario ricorrere alla propria sessualità. E questo lo penso anche quando Lady Gaga si copre i capezzoli con lo scotch e indossa un top che lascia scoperta la parte inferiore del seno, perché che sia Lady Gaga a farlo, che sia Giulia Salemi o che sia la mia vicina di casa, questa, per me, è mercificazione del corpo femminile e, purtroppo, oggi, si tratta di qualcosa che riguarda gran parte delle icone giovanili.

Premetto di essere un’amante del nudo, in particolar modo in arte, e vorrei che fosse chiaro che a dispiacermi non sia la pelle scoperta, ma la volgarità con la quale la si scopre.

E se vedessi un uomo sfilare col pantalone bucato nella zona genitale, per lasciare in ben vista il membro, mi rammaricherei altrettanto, perché anche in quel caso si tratterebbe di mercificazione di un corpo. Perché ciò che a me dispiace è vedere persone, spesso incredibilmente talentuose, ridursi alla propria fisicità. Ma giustificare lo stupro rifacendosi a questi abiti è ridicolo e, permettetemi, spaventoso.

E fino a quando rimarremo convinti che il problema sia di chi subisce e non di chi arreca, credetemi, l’evoluzione sarà ben lontana dalla nostra portata.

Errore di valutazione. La cultura dello stupro- Di Marta Furnari