L’ età d’oro

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L’età d’oro non esiste e non è mai esistita.

L’età d’oro non esiste e non è mai esistita. Lo dico a tutti coloro che vedono nel passato un mitico momento storico in cui dovremmo tornare. Ormai il passato è passato e ormai siamo andati avanti (e per fortuna, oserei dire!). E il passato non è sempre migliore dell’oggi, cosa ne sappiamo noi di come fosse vivere nelle mille fantomatiche “età d’oro” che ci siamo immaginati?

L’età d’oro non esiste e non è mai esistita. Lo dico pensando a tutti quegli autori che, fin dall’antica Roma la rimpiangevano, nostalgici.

Ma se questo tempo di grande prosperità, anche intellettuale, è sempre nel passato, allora è mai esistito?

Si stava meglio prima…

Da quando l’uomo è sulla Terra e professa l’attività di scrittore, intellettuale e pensatore, vede il passato come un tempo idilliaco, non perfetto ma quasi, in netta opposizione alla corruzione e alla decadenza dei tempi. L’esempio più lampante del mos maiorum e di tutti gli autori che ne vagheggiarono un ritorno in un presente amorale basta a supportarne la tesi.

Tuttavia, mi soffermerei nel domandare per quale motivo “da sempre” si critica il presente in opposizione al passato.

Di momenti bui dell’umanità -e non sono di certo pochi, ahinoi- ce ne sono stati, ma il passato florido sembra incomparabile al presente. Perché?

Credo fermamente nella visione ciclica della storia di molti pensatori greci, orientali e non solo. Ritengo, dunque, che nella storia si ripetano momenti di crisi e di florida esistenza.

Penso che ogni epoca abbia un suo ellenismo e ritengo che questo momento storico sia il nostro.

D’altra canto, la visione ciclica non prevede una scadenza, un lasso di tempo entro il quale si debba assistere al passaggio dalla monarchia alla democrazia, con le conseguenti degenerazioni; e la differenza nella storia dell’uomo sta proprio in questo.

Periodi storici in cui il ciclo naturale delle cose ha avuto una durata medio-breve si alternano a periodi di gran lunga piú lunghi o, forse, semplicemente -si scusi l’ossimoro- più complessi.

Ed il nostro periodo rientra in quest’ultima categoria.

La democrazia si è affermata più o meno in tutta l’Europa a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Si è raggiunta la migliore forma di governo desiderabile; tuttavia, non sono mancati i conflitti, le guerre dentro e, soprattutto se non integralmente, fuori dall’Occidente.

In Italia, dopo la dittatura fascista, nel ‘46 venne proclamata la Repubblica, vi fu il suffragio universale, la Costituzione, la democrazia. Un periodo migliore del passato, sfido chiunque a smentire tale affermazione.

Quindi, il vagheggiamento del passato è un errore dell’umanità da sempre?

Non credo.

Desiderare che gli italiani come “un tempo”, tutti quanti, si rechino a votare sia per i referendum sia per le elezioni è cosí sbagliato? Quanto tempo è passato dal ‘46 perché l’Italia si trovasse in una condizione di precarie certezze, perché l’Italia dovesse patire a causa di se stessa? Mani pulite. Tangentopoli. Corruzione dilagante -da quanto, non si sa-. E mi sono limitata ad eventi né troppo recenti né troppo lontani dalla nascita della Repubblica.

Insomma, non è passato molto tempo eppure desiderare che le cose ritornino come prima privo di fondamento come giudizio non è.

L’alternanza di periodi positivi e negativi nella storia c’è sempre stata, ma ho il dubbio che quelli negativi ai nostri giorni siano, se non più catastrofici – giudizio che non può ancora essere dato- almeno altrettanto no propizi. Il problema consiste nel fatto che essendo latenti, celati abilmente o sminuiti per comodità da chi sta costruendo la storia, non appaiono tali ai nostri occhi, o meglio, sappiamo dell’esistenza di “parecchie cose che non vanno”, ma queste pecche della società sono così poco eclatanti, così insignificanti se comparate ad eventi catastrofici del passato, che poco ci interessiamo di queste. Le sottovalutiamo.

Risulta, dunque, difficile considerare il passato meno brutto -diciamola così-.

Pasolini aveva parlato di co-presenza di sviluppo e regresso nel nostro tempo: uno sviluppo scientifico-tecnologico, che supera i suoi limiti giorno dopo giorno, deve fare necessariamente i conti con il regresso della società. Sviluppo quantitativo e regresso qualitativo non sono affatto inconciliabili, anzi.

Ma se la nostra storia è destinata a vedere uno sviluppo sempre crescente della “scienza esatta”  -che tanto perfetta poi non é- e, al contempo, un regresso inesorabile, il futuro che ci si prospetta non sarà peggiore del passato?

Forse l’errore che si compie è desiderare un ritorno al passato invece di ambire ad un futuro migliore.

Ma si può andare avanti se non si riconosce la decadenza del presente?

Si può migliorare senza prendere coscienza che il presente non è affatto positivo?

Vagheggiare il passato è da sognatori, comprendere che c’è stato un passato in alcuni casi, non troppo lontano, migliore o meno brutto -a seconda dei giudizi- del presente, è, però, il primo passo per un futuro migliore.

2 COMMENTS

  1. Effetivamente se il tempo non esiste come dicono sia i buddhisti che i fisici quantistici, è solo una brutta trappola o un illusione che abbaglia il flusso dell eterno adesso che caleodoscopicamente si trasforma e cambia senza fine nel adesso….. che è etrno nella sua multidimensionalita’