Scolpita nella natura dell’uomo vi è un forte senso di esclusività e appartenenza; essendo, come definizione ormai comunemente accettata, un animale sociale, tende ad aggregarsi ad altri individui per trovare il proprio gruppo di appartenenza, stabilire dei legami che giovino al benessere psicologico di tutti i membri e sopravvivere in un mondo pieno di insidie e sporadiche possibilità di conservazione.

Eppure una volta insediatosi nel proprio gruppo, l’uomo, che spesso si lascia soggiogare dai sentimenti che prova nei confronti di ciò che in qualche modo lo ha salvato e lo mantiene tale, rinuncia a quel senso di razionalità quando si trova a confronto con altri gruppi, altre forme di civiltà e di cultura diverse, in modo sostanziale o meno, dalla sua; è quasi come se queste potessero in qualche modo minacciare l’integrità della formazione ricevuta dalla propria.

L’etnocentrismo, che designa questa tendenza a valutare le altre culture in riferimento alla propria, che viene ritenuta migliore, è tipico di tutti gli individui, in quanto risulta difficile estraniarsi da ciò che ci ha cresciuti e formati e che tutt’ora ci permette (o forse lo pensiamo solo) di vivere adeguatamente.

Questo atteggiamento viene soprattutto messo in atto quando ci si trova di fronte a culture che presentano caratteristiche non convenzionali, meno civilizzate secondo quello che è il proprio senso civile e per questo tali civiltà vengono definite quasi selvagge e private di quell’umanità che invece si associa alla propria.

Tutto sembra girare intorno alla centralità del proprio gruppo di appartenenza e la considerazione degli altri gruppi diventa pregiudizievole e poco obiettiva.

Molti sono gli antropologi o in generale i ricercatori che hanno manifestato, anche inconsciamente, tale atteggiamento influenzando forse l’opinione pubblica ed è per questo che l’etnocentrismo è una questione che riguarda tutti.

Al giorno d’oggi si sono fatti innumerevoli progressi in quest’ambito, in quanto è maggiore la sensibilizzazione nei confronti di queste culture, anzi la fluidità è un aspetto ricorrente in quanto ormai molte culture tendono ad influenzarsi a vicenda. Tuttavia ancora persistono atteggiamenti di ostilità o rifiuto che sono dettati dalla profonda convinzione che le civiltà meno globalizzate portino al degrado dell’umanità.

D’altronde si tratta sempre e comunque di punti di vista perché come la cultura occidentale può rimanere indignata di fronte alle pratiche misogine di quella orientale così viceversa quest’ultima può trovare del tutto inappropriate le pratiche o gli atteggiamenti più progressisti della cultura occidentale, ritenendo che sfociano nell’esagerazione di una società ormai dominata dal lusso e dal consumismo.

Si matura però una forte presa di coscienza per cui tutti gli esseri umani e i relativi gruppi presentano determinate caratteristiche in base all’ambiente in cui si sono adattati, perciò essendoci una vastità di contesti diversi, innumerevoli saranno le differenze tra le civiltà e tra le loro ideologie, ma questo non presuppone che una possieda più validità dell’altra.

Con lo scorrere del tempo negli esseri umani si è radicata un profonda diffidenza verso lo sconosciuto o il diverso dando origine a forme di xenofobia o eterofobia per poi giungere in generale al razzismo, di base etnocentrica, fonda le sue discriminazioni sulle caratteristiche genetiche degli individui.

Al giorno d’oggi è una forma di discriminazione molto diffusa, in particolare questa avversione si concentra sulle persone con il colore della pelle scura, al centro di tante leggende e falsi miti, che portano sulle loro spalle il peso di oppressioni che vanno avanti ormai da secoli.

Infatti nella cattolica Spagna del XVI secolo si schiavizzavano gli indigeni d’America, oltrepassando il principio di fratellanza tra i figli di Dio, in quanto riducevano la natura di questi a quella di bestie e dunque lontana da quella umana.

Forme di razzismo furono anche quelle contro gli ebrei quando iniziò a diffondersi il mito della razza ariana, divenuto un programma politico con la salita al potere di Adolf Hitler che diffuse la propaganda antisemita come progetto di purificazione della specie umana.

Da tutto questo si evince che l’uomo ha sempre un bisogno ostinato di gerarchizzare e classificare tutto, in particolare se stesso, in modo che qualcosa risulti sempre migliore di qualcos’altro, forse perché egli è sempre alla ricerca di esempi validi da seguire in un mondo caotico e discrepante.

Affezionati come un grembo materno al proprio gruppo di appartenenza si sente la necessità di difenderlo ad ogni costo, talvolta insabbiando eventuali errori che potrebbero mettere in dubbio la sua reputazione, e screditando tutti gli altri per il semplice bisogno di sapere che si sta dalla parte del giusto.

Eppure l’accettazione che ogni cultura abbia una propria validità sembra quasi una meta irraggiungibile soprattutto in un contesto in cui i pregiudizi vengono in qualche modo impartiti dalle persone più vicine, da cui si viene cresciuti e in cui si riconosce una sorta di supremazia intellettuale.

Tuttavia, quasi come una legge della natura, odio porta solo altro odio, infatti le continue oppressioni e discriminazioni portano le masse coinvolte ad insorgere in proteste che possono portare ad esiti violenti: ne è l’esempio lampante il movimento del “Black lives matter” originatosi recentemente in America e diffusosi in tutto il mondo con manifestazioni nate per protestare contro le ingiustizie verso la comunità nera che sono poi sfociate in episodi di violenza da entrambe le parti.

La tolleranza per la diversità culturale è ancora dunque una battaglia da combattere in un contesto ancora troppo legato ai pregiudizi e a false conoscenze che finge di andare avanti trascinandosi il peso del passato, non interiorizzando il principio del rispetto che deve trovarsi alla base di tutte le considerazioni tra individui diversi, superando la vulnerabilità che caratterizza le persone che si sentono minacciate da ciò che è differente invece che accogliere questa eterogeneità tramutandola in una risorsa.