Fare la spesa al supermercato: Paradiso o inferno?

Fare la spesa non sempre è un piacere...

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Oggi volevo condividere con voi quella che per me e’ diventata oramai una esperienza tragicomica: andare a fare la spesa al supermercato.

Intanto faccio una premessa. Purtroppo il mio laptop e’ impazzito. I virus lo hanno invaso. Quindi sto usando un pc a me sconosciuto e non riesco a trovare in questa dannatissima tastiera l’immagine della E (e di tutte le altre vocali) accentata. Quindi perdonatemi, ma mettero’ apostrofi fino a che non riusciro’ a capire come diavolo ricominciare a scrivere con un’ortografia decente.

Dicevamo, la spesa. L’ho fatta anche stamattina, e malauguratamente non ho considerato l’orario in cui avrei varcato le porte del Paradiso/Inferno: le 11 del mattino. Male, molto male. In genere si sa, bisognerebbe lanciarsi in questa avventura quotidiana in orari che sarebbero illegali per fare qualsiasi altra cosa, tipo le 14 del pomeriggio o le 8.30 del mattino. Questo per evitare la calca e la ressa tipiche di ogni altro orario, giustappunto cio’ che e’ capitato a me stamane.

Come sempre, entro nel supermercato agguerritissima, ripetendo mentalmente come un mantra tutto cio’ che devo acquistare, dato che, da perfetta MASSAIA APPROSSIMATIVA non ho provveduto a scrivere su un foglietto la lista di cio’ che mi occorreva urgentemente.

Ma sono ottimista.

Devo comprare soltanto poche cose, lo zucchero, i limoni, la cipolla, le uova. Decido di non prendere nemmeno il cestello, tanto non mi servirà, penso mentre nella mia testa risuona la filastrocca seguente: zuccherolimonicipollauova, zuccherolimonicipollauova, zuccherolimonicipollauova. Comincio a percorrere la corsia della pasta e gia’ sento di aver commesso un errore madornale a non essere andata nella piccola bottega sotto casa, anche se avrei pagato la cipolla cinque euro, probabilmente.

Tutti i vecchietti e le mamme della città si sono dati appuntamento in questo supermercato, e NON HANNO FRETTA.

Sono perfettamente a proprio agio mentre spingono il maledetto carrello come se fosse un carro armato, cercando ove possibile di non seguire una linea diritta, e di compiere una sorta di slalom per farsi agevolmente strada tra un umano e l’altro. Il loro percorso è spesso interrotto da lunghe e interminabili pause finalizzate a fissare barattoli di legumi con espressione estatica, come se scegliere tra i fagioli rossi e quelli bianchi possa dar loro l’immortalità. Mi farebbero quasi tenerezza, non fosse per il fatto che, causa la trance nella quale sono precipitati, non vedono che occupano tre quarti della corsia col loro carrello opportunamente messo in diagonale, ovvio, in modo da impedire il passaggio anche di un topolino. La tenerezza allora lascia il posto alla psicopatica che vive in me, e che digrigna uno stentato “Permesso, scusi” che spero suoni come una minaccia di morte.

Ma niente.

Loro impassibili, spostano il carro armato di mezzo millimetro e ti guardano pure seccati, stavano per decidere di prendere i fagioli bianchi, ora per colpa tua dovranno ricominciare con la contemplazione.

Procedo, imbestialita, continuando a camminare a zig-zag per non finire investita da altre astronavi. Zuccherolimonicipollauova. Dove saranno le uova? Non riesco mai a trovarle, mistero dei supermercati odierni. Zuccherolimonicipollauova o ma questo che cos’e’??? Mi fermo rapita davanti allo scaffale dei biscotti. Eccoli. Biscotti di tutte la marche di tutte le forme di tutti i luoghi di tutti i laghi. Anche io cado in una nuova forma meditativa, rimango paralizzata e si muovono solo le palle degli occhi, al pari degli esseri che prima erano rimasti ipnotizzati dai legumi.

Beh, almeno io non ho un carrello in mezzo alle scatole.

marPassa mezz’ora e questo episodio di trance si e’ ripetuto circa cinque volte. Mi sto avvicinando alla cassa esausta e carica di merce, maledicendomi per non aver preso il fucking carrello e sentendo il sudore che cola lungo la schiena. Ancora una volta, credendo di essere molto astuta, scelgo la cassa dove mi pare ci sia meno fila, giusto due persone prima di me. Peccato che entrambe stiano pagando con i buoni pasto, e ci stanno mettendo una vita perche’ li hanno dovuti prima cercare nella borsa, poi contare, poi ricontare poi ricercare nella borsa quelli mancanti. Merda. Infine e’ il mio turno. Ho fame, sete sonno e mi fanno male le braccia. E’ stata una battaglia.

Esco dal supermercato con un senso di liberazione.

Arrivo a casa e ovviamente mi accorgo di essermi dimenticata zuccherolimonicipollauova e di aver comprato qualsiasi altra cosa, compresa la tisana al tarassaco che so benissimo che non berrò MAI, nemmeno sotto tortura. Vado nella bottega sotto casa, incazzata nera ormai, e anche qui riesco a dimenticarmi le uova. Ma potrei sempre diventare vegana, in effetti.