Il Circo

278

Il circo

Note per un giallo

Racconto di Tiberia COYLL

Mi sento pronto, prontissimo a creare un romanzo giallo, o più precisamente, devo dire, un poliziesco. Prima di passare all’azione, voglio scriverti le mie riflessioni che ho intenzione di mettere nella prefazione, che sarà d’obbligo.

Sono quattro anni che vedo e rivedo serie di telefilm del genere, per imparare a scriverne uno. Sono quattro anni che studio questi argomenti, per capire quello che non voglio fare. È bene che ti spieghi che per me un giallo deve essere un enigma. Bisogna sfidare lo spettatore a usare il cervello, a comprovare la lucidità del suo pensiero. Ti specifico che non ho mai letto libri gialli, escluso quelli storici. Proprio ora, mi viene in mente, che in Russia, un giorno, un bibliotecario, aveva riposto ‘Delitto e Castigo’ nello scaffale dei gialli, ecco, quel tipo di libri, non solo li ho letti, ma li ho anche molto apprezzati. Io parlo per quelli che ho visto.

Capisco che gli sceneggiatori amino stravolgere sia i personaggi che le trame; del resto, qualche volta, si è alle prese anche con un autore persino seccato rispetto a questi signori che finiscono di mettere troppo del loro; quindi, io giudico quel che ho visto e non quel che ho letto, perché non avendo letto, non so. Alcuni di questi telefilm, quand’ero giovane, quando ancora non pensavo a scrivere, mi hanno affascinato per anni, ma senza capire se fosse il personaggio al top ad attrarmi irresistibilmente o l’attore che lo interpretava.

In alcuni sceneggiati, vi sono trame maestose e forse, ciò non mi convince. Racconti dove i personaggi più sono ricchi, più sono eccentrici e assassini, smascherati da qualche goffo sgangherato, più eccentrico di loro. E proprio in assurdi scenari, il moribondo, anche fosse intrappolato in un tombino, ha con sé tutto l’occorrente necessario per lasciare traccia dell’identità assassina.

L’investigatore è sempre un eroe con un super intuito e capace con un solo elemento, di dedurre con alta precisione. Credo proprio che l’intuito porti a un solo risultato, che necessariamente deve essere confermato. L’intuito senza conferma non serve un granché e un particolare, ci può fare dedurre miriadi di soluzioni, apparentemente tutte logiche.

Dicevo che un giallo a mio parere, deve essere un enigma e un enigma per quanto difficile sia, ha sempre una sola soluzione. Ti faccio un esempio: se nelle parole crociate, trovo “Albero che dà frutti conici” e le caselle sono quattro, la soluzione sarà unicamente “pero”, ma se alla fine l’autore ha voluto considerare “vtuz”, questo non è leale. Mi spiego: spesso è impensabile trovare il colpevole, non tanto perché l’autore punta tutto su quello che sembrerebbe colpevole, ma non lo è, e questo ci sta non bene, ma benissimo, perché è giusto fuorviare lo spettatore, che deve sforzarsi a capire la possibile soluzione, ma non si può infine, tirare in ballo un personaggio che non c’è mai stato e che non c’entra neanche tanto con la trama, e quello è l’assassino.

Oppure, negli ultimi dieci minuti, ti trovi che la cameriera entrata solamente a portare il tè ai padroni di casa e a quelli della polizia, entrata e uscita in un secondo, quasi neanche inquadrata dalla telecamera, è il perno di tutta la storia e si scopre che era la figlia illegittima della vittima, oltretutto assunta da pochissimo tempo e venuta da un paese molto lontano.

Altro argomento che voglio affrontare con te: i travestimenti.

Spesso, se non spessissimo, vi sono i travestimenti. Questo è il lato che odio di più. Caspita, il travestimento è una cosa davvero interessante nella letteratura. Ne ‘Le nozze di Figaro’ la cameriera e la padrona si scambiano le identità, e questo ci sta benissimo, perché è un’esigenza letteraria e non dell’autore. Don Giovanni obbliga Leporello a scambiarsi, ma si ricorre alla realtà del buio, al ‘doppiaggio’ della voce, inoltre Leporello è ben consapevole che basta un nonnulla perché l’inganno si scopra e immancabilmente, questo avviene. Nei gialli che prendo in considerazione, no, assolutamente, il travestito possiede tutto e di più per attuare il suo proposito.

Sarà l’investigatore a svelare in ultimo, che quella persona, spesso estranea al parentado in cui si è intrufolata, non era quella per cui si spacciava… e nessuno pur a stretto contatto si è accorto di questo impostore. Mah! Certo, che tu qui dirai: “Ma parli tu amante dell’assurdo, parli proprio tu che scrivi romanzi, dove se è vera una cosa, non può essere vera l’altra? Dove, mentre ti trovi in un secolo, improvvisamente vieni catapultato in un altro? Uhm…”. Hai ragione, ma io, personalmente, chiedo al giallo di essere più reale (e non realistico) il possibile.

Altra cosa che contesto, il riassunto.

Un giallo che si rispetti, sempre secondo me, non deve avere quello che io chiamo ‘riassunto’, e se per caso ci fosse la necessità, allora dovrebbe essere breve. Alla fine, scoperto l’assassino, spesso, l’autore o gli autori dispongono di un riassunto, senza il quale lo spettatore non arriverebbe mai a capire la dinamica dei fatti. La trama si deve snodare da sola.

Ti chiederai ora se per me possano esistere polizieschi perfetti o quasi. Risposta: Si. Esistono e ora te ne parlo. Prima, però voglio dirti che io non voglio fare distinzione fra gialli e polizieschi. Ho criticato molto i gialli e ora parlo bene dei polizieschi. Mi piacciono di più. Buoni sono Der Kommissar, Wallander, Siska, Lipsia e Shetland, ma il top per me, è Derrick. Un autore che ha fatto un difficile cammino e ciò è lodevole. Carichi dell’umanità peggiore e di quella migliore. Ci sono episodi davvero graziosi. Bellissimo ‘La casa dei sogni’, così vicino all’umanità, nel bene e nel male, ma anche trattante l’umanità negata. Ecco, se devo prendere un modello, è Reinecker. Il meglio.

E ora voglio dirti qualcosa sul mio romanzo che scriverò velocemente in questi tempi di cassintegrato. Sì, sono contento della cassa integrazione, che mi permette di dedicarmi a ciò a cui aspiro di più nella vita, ma devo anche ammettere che è triste pensare che godo della conseguenza di una terribile sciagura mondiale, che semina, malattie, morte e tanto panico: il Covid-19. Credo che la mia gioia sia l’urlo della mia disperazione camuffato. Altri penseranno che sia il mio adattamento per cercare di non affrontare una realtà che non mi piace, una realtà che puzza di una morte degenere.

Preferisco ora fare ritorno al mio romanzo.  Lo intitolerò ‘Il circo’ e inizierà così: Un guardiano del circo in piena notte, sente un urlo bestiale, poi più nulla. Aspetta ancora un po’ a muoversi, ma non si sente più nulla. Potrebbe riprendere a dormire, ma non riesce. Si alza e va a vedere. Nebbia fitta e luci molto offuscate. Ha timore, ma procede. Nulla, tutto sembrerebbe a posto, ma poi improvvisamente, vede la gabbia delle tigri aperta, il terrore lo prende, si volta di scatto e… Almeno questa sarà la prima versione che l’uomo darà alla polizia… Domani, te ne parlerò più a lungo, perché ora mi viene sonno e mi sento un po’ di febbre. L’altro giorno ho preso la pioggia e sicuramente, sarà questa la causa. Sono troppo stanco. A proposito, ti chiederai perché ti ho scritto sul tuo profilo in privato.

Esattamente, perché non voglio rendere pubbliche le mie idee. Non voglio essere messo alla gogna. Qualsiasi cosa si scriva, si è sempre insultati da qualcuno. Mi danno fastidio, anche se so che chi ti insulta, è uno che non la pensa come te, ma anche che gli manca la proprietà di linguaggio per contrapporsi. Troppa trivialità nei social, che non offende solo me, ma anche tutti quelli che pur avendo idee diverse dalle mie, sono comunque, capaci di interloquire e all’altezza del confronto. Ora, veramente, ti saluto. Un caro abbraccio da Pietro (amichevolmente Pierre).

P.s. Il nome di battesimo del mio ispettore o investigatore (non ho ancora ben definito il ruolo), sarà Fulgenzio, come uno dei santi che si festeggiano oggi, primo gennaio.

A proposito, buon 2021.