La fisica quantistica sembra esser lontana dall’immaginario comune, ma in realtà è tutta una questione di statistica.
Il fisico Paul Dirac spiegò il concetto, così:
“in natura esistono corpi “grandi” o “piccoli”. Tutto dipende dalla sensibilità di rimanere più o meno soggetti ad una qualsiasi perturbazione. Un corpo “grande” non risente di tale perturbazione, lo stato di quiete o di moto non viene alterato, mentre per un corpo “piccolo” è il contrario!
Ci siamo accorti che i risultati per questi corpi “piccoli” si discostano completamente dalla descrizione classica della fisica che conoscevamo.
Ecco! La teoria quantistica nasce per poter descrivere il moto di questi corpi particolari, cosa che gli strumenti della fisica classica non sono capaci di fare“.
Ci sono voluti secoli per dimostrare che il moto di una particella può non essere descritto, sempre, con le leggi della meccanica newtoniana.
Si deve tutto, principalmente, a Max Planck che riuscì a determinare una relazione lineare fra energia e frequenza, cioè riuscì a descrivere che il comportamento microscopico, di ogni particella, aveva nel complesso un’energia che dipendeva alle loro pulsazioni:
E=ℏω
In altre parole, lo scambio di energia tra radiazione e materia avviene per “quanti” di radiazione.
L’effetto fotoelettrico di Einstein, per esempio, dimostra proprio che una lamina metallica colpita da raggi UV rilascia elettroni all’esterno quando quest’ultimi raggiungono l’energia necessaria per poter lasciare la lamina stessa.
Questo significava che le componenti microscopiche della materia agivano indipendenti da quello che era il moto totale dell’intero corpo!
Il fisico francese Louis De Broglié diede la svolta grazie ad un concetto che si rivelò importante: “la luce è un fenomeno che presenta caratteristiche sia corpuscolari e sia ondulatorie, cioè essa ha un comportamento simultaneo”.
La luce era considerata, ormai, con la nascita dell’elettromagnetismo, un fenomeno prettamente ondulatorio. Ciò aveva fatto decadere il concetto newtoniano che era quello che la luce era un insieme di corpuscoli.
Ma De Broglié dimostrò quanto detto: la velocità di gruppo di un’onda è uguale alla velocità di una singola particella, e che quindi la luce è sia un’onda e sia una particella (non contemporaneamente, però).
La conferma sperimentale arriva nel 1926, in quello che fu consacrato come il “principio di complementarità”, che confermò l’ipotesi dello scienziato francese:
“abbassando l’intensità luminosa e facendo passare un solo fotone per volta, attraverso una fenditura, questa verrà visualizzata su uno schermo posto di fronte. Dopo che saranno passati un migliaio di fotoni sullo schermo verrà visualizzata l’onda luminosa”.
La luce poteva comportarsi o da particella o da onda, in maniera complementare. La novità era che l’andamento casuale della particella non permetteva di descriverne la traiettoria, il tutto diventava una questione statistica! Questo introduceva il famoso principio di indeterminazione di Heisemberg in cui non potendo conoscere la traiettoria non potevano essere determinate nello stesso tempo posizione e momento della particella.
Erwin Schrodinger riuscì a darne una relazione totale, unificando la relazione onda/particella:
La formulazione ha permesso così di dare il concetto alla meccanica quantistica: dare come risultato l’ampiezza di probabilità di trovare una particella in un determinato punto dello spazio.
Lo stesso scienziato è conosciuto per aver dato un’interpretazione semplice conosciuta come “il paradosso del gatto” in cui spiega che se un gatto si trova all’interno di una scatola assieme ad una fiala di cianuro (composizione letale) la probabilità di trovare il gatto vivo è del 50%, cioè ci sono solo due possibili situazioni.
Queste possibilità furono formalizzate e collegate a degli “stati”, solitamente indicati |Ψ>, in cui all’interno sono contenute tutte le informazioni della funzione d’onda associata ad una particella.
L’equazione di Schrodinger permette così di determinare i valori e gli stati delle energie, e tali energie diventano oggetto studio della meccanica quantistica (anche perché le onde sono propagazioni di energia nello spazio e nel tempo). La teoria funziona poiché sperimentalmente è stata approvata più volte, si vedano esperimenti come l’effetto Compton, teoria degli spettri dell’atomo di idrogeno, assorbimento di un corpo nero!
La cosa che più sta affascinando, scienziati e non, è il curioso comportamento di tali particelle. Particelle che non obbediscono del tutto alle leggi classiche della fisica, come si è visto.
Quello descrive al meglio questi agenti microscopici sta nell’insieme di probabilità che racchiude a sé l’eventualità che una particella si possa trovare e dare energia in un determinato punto nello spazio.
Da questo “paradosso quantistico” tutto ciò che oggi ci circonda funziona secondo queste leggi ribelli, dalla natura semplice alla tecnologia più complessa.
Questo universo parallelo -che quasi non vediamo- di particelle che danno vita al “caos”, alla causalità muove i nostri corpi, i nostri comportamenti, le nostre ammirazioni. Cosa è la quantistica? Magari il linguaggio finale, binario del Supremo Creatore, oppure un mondo parallelo di esseri viventi che vivono come noi la loro confusa vita alla ricerca della loro essenza.