Arriva il momento della paura. Draghi lo ha ripetuto più volte, ma se qualcuno dovesse dimenticarlo anche il suo capo-economista Peter Praet lo ribadisce: non è ancora tempo di procedere con la stretta monetaria. Qualche settimana fa la BCE, al termine del suo meeting di politica monetaria, chiarì la situazione dell’Eurozona. C’è una ripresa forte e costante, ma l’inflazione ancora sotto il target del 2%. Per questo motivo si andrà avanti con il piano espansivo almeno fino al prossimo autunno. Di fatto non è cambiato molto da dopo l’estate. Anzi, una cosa è cambiata: l’euro.

La valuta unica è scesa dall’allarmante (per la BCE) valore di 1.20 fin verso la quota 1,16. Basta utilizzare il miglior settaggio stocastico lento (20 5 5) per evidenziare come l’andamento un po’ isterico della coppia major si sia attenuato negli ultimi tempi.

La BCE e l’inflazione

Proprio l’euro era stato indicato come fattore da tenere sotto controllo da parte del board della BCE (nella riunione di ottobre). Un eccessivo apprezzamento della valuta comunitaria rispetto al dollaro infatti stava avendo un effetto deleterio sull’inflazione. Infatti l’eccessivo apprezzamento dell’euro contro il greenback (si osservi la strategia awesome oscillator come funziona in questo caso) ha come effetto quello di ridurre il costo delle materie prime (che sono appunto denominate in dollari). Questo al tempo stesso abbatte i costi di produzione e in ultima analisi i prezzi al consumo.

Comunque anche se il rischio deflazione è ormai scomparso, la politica monetaria dell’Eurotower non si sente ancora pronta a operare una svolta restrittiva. Il capo economista Praet, commentando la decisione dello scorso mese, ha ribadito che fino a settembre 2018 gli acquisti titoli procederanno al ritmo di 30 miliardi al mese. Un dimezzamento che però non vuole dire che automaticamente in autunno prossimo ci sarà l’azzeramento del QE. Men che meno si potrà procedere con il rialzo dei tassi (se tutto va bene ci sarà nel 2019).

Praet ha sottolineato che “l’inflazione, nonostante qualche segnale di miglioramento negli ultimi mesi, deve ancora mostrare segnali più convincenti di tendenza rialzista”. Non c’è dubbio quindi che il driver delle prossime mosse della BCE non è cambiato. Al primo posto resta la dinamica dei prezzi. Come del resto avere già più volte ribadito Mario Draghi.