Io fanciulla un po’ zingara dallo spirito libero indomabile, pensatrice, sensibile, dolce, amante della solitudine la mia migliore amica. Stavo bene in sua compagnia, confidavo i miei pensieri, i miei sentimenti, i turbamenti che apparivano e scuotevano il mio cuore facendolo battere forte. Correvo fra le bionde spighe, raccoglievo i delicati papaveri rossi come il fuoco, quel fuoco che sentivo dentro di me all’alba della mia primavera. Si, dentro di me stava sorgendo un nuovo mondo fatto di emozioni forti di primi amori, di calore di desideri acerbi, di primi baci sulle labbra dal sapore di uva, di ciliegie, di miele, di frutti di bosco. Tante sensazioni nuove mai sentite che mi facevano sentire euforica, allegra, aperta alla nuova vita. Amavo la cascina in cui vivevo, una grande famiglia, non mancavano gli affetti, c’era tanta compagnia. Bello il mio ricordo in quella campagna fatta di estesi campi, di vita semplice. Ricordo la nonna curva sul fuoco a preparare per tutti noi il cibo, non dimentico l’odore degli intingoli, del brodo alla domenica, della sfoglia tirata a mano, delle torte caserecce. Ricordo gli inverni seduti davanti al fuoco, le donne che filavano, il raccontar racconti che infervorivano i cuori. Mi piaceva veder cader la neve a grossi fiocchi, scendere lenta fino a farsi alta. Guardavo dalla finestra accanto al tepor del fuoco, disegnando cuori sui vetri. Amavo il silenzio della notte, l’immenso cielo trapunto di stelle, amavo il ticchettio dell’orologio a pendolo che scandiva il tempo. Amavo la mia fanciullezza di selvaggia fra cavalli, mandrie di mucche e tutte le specie d’animali. Amavo quella vita, i prati verdi mentre correvo scalza!
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