Già dal 1821 il Messico si era liberato dal dominio spagnolo, ma proprio quell’anno fu l’inizio di un lunghissimo calvario politico durato svariate decine di anni, ancora oggi rimasto una questione irrisolta. Il Messico stava diventando sempre più un paese del terzo mondo. Durante un lustro di tempo misurato dal 1821 (anno dell’indipendenza dalla Spagna), erano cambiati più di cinquanta presidenti tra costituzionali e dittatori. Soltanto il dittatore Porfino Diaz tenne il potere per molto tempo dal 1876 al 1911. Per il Messico quegli anni si potevano descrivere solo con una parola: incubo.
Diaz aveva attutato una politica repressiva e totalitarista, formando uno stato forte, di cui le fondamenta era l’appoggio di burocratici e latifondisti corrotti.
L’economia era stata venduta a favore dei latifondisti, considerata la penetrazione da parte del capitale straniero come voluto da Diaz. Nei primi anni del ‘900 venne toccato il fondo, secondo delle stime dell’epoca, circa l’1% della popolazione possedeva il 96% delle terre, lasciando il restante 99% in ginocchio. Si doveva fare qualcosa. Ciò che accadeva in Messico era la rappresentazione della disperazione, della burocrazia corrotta e dello sfruttamento dei poveri. I “Peones” (I lavoratori a giornata) costituivano la gran parte della popolazione ed erano vittime della nazione.
Bisognava agire, serviva una rivoluzione per fare tabula rasa su quelle atrocità, per riportare la dignità ai contadini e mandare a casa i dittatori o almeno aumentare il dialogo con loro. Si dovette attendere il 1910 per agire. Nel 1910 erano fissate le elezioni politiche, le ennesime elezioni corrotte a favore di Diaz.
A prendere l’iniziativa rivoluzionaria fu il partito politico di Francesco Madero, un ricco possidente, appartenente alla alta classe sociale messicana.
Egli fondò in tutta la nazione un movimento rivoluzionario. A prenderne parte furono anche le masse contadine capitanante da due interpreti nonché protagonisti della rivoluzione messicana, uno è Emiliano Zapata e l’altro è Pancho Villa. Fu questo il partito che ci mise la faccia e portò avanti le sue idee rivoluzionarie. L’operato degli di Madero fu subito proficuo, nel 1911 Porfino Diaz a causa delle azioni di questo irrefrenabile parlamento, fu costretto a dare le sue dimissioni.
Era il momento di voltare pagina, invertire rotta e ricominciare, far rinascere la società messicana. Fu eletto al governo Madero, il Messico sperava in lui, come si spera in qualunque rivoluzionario che dopo anni infernali ti promette la libertà. I sogni si spensero subito, il governo di Madero fu travagliato. Francesco Madero dovette affrontare i conflitti tra le forme moderate della rivoluzione (che si ritenevano soddisfatti e si opponevano ad ulteriori riforme) e le forze radicali (che richiedevano la riforma agraria).
Insomma Madero si trovava danti, i rivoluzionari purosangue che volevano attuare la riforma agraria, cioè dare i diritti ai contadini, motivo per cui erano nati i pigli rivoluzionari.
D’altra parte troviamo i moderati, una massa di traditori che avevano ottenuto ciò che volevano, sfruttando la rivoluzione per raggiungere i loro interessi personali, dimenticando ciò che aveva fatto nascere la rivoluzione; dare i diritti ai contadini. La situazione era ingestibile. Un colpo di stato costrinse Madero a dare le dimissioni. Fatto che precedette la sua successiva uccisione. Al governo salì Vittorio Huerta che iniziò una repressione senza precedenti. Ci fu una guerra civile, scandita da una brutali lotte ed ostilità innumerevoli. Furono inutili le iniziali vittorie della parte rivoluzionaria poiché la rivoluzione fu fermata. Nel 1919 fu ucciso Emiliano Zapata . L’altra colonna delle forze rivoluzionarie, niente poco di meno che Pancho Villa si ritirò dalle lotte nel 1918, in seguito ad una accordo con Venustiano Carranza (presidente che ha succeduto Huerta).
Anche Pancho Villa venne ucciso. Nel 1923 degli assassini sconosciuti sparano una raffica di proiettili all’auto dell’illustre interprete della rivoluzione Messicana. Con l’omicidio di Pancho Villa si chiude una pagina sempre più cupa del libro della nazione Messicana.
Lasciando i contadini sempre più poveri e facendo diventare il Messico sempre più un paese del terzo mondo.