LETTERA ALLA VITA

Il momento1924464_784671658224861_7073858991206263820_n più bello per una donna è la nascita di un figlio.

Per nove mesi sogni il momento in cui lo avrai tra le tue braccia. Ho sognato mio figlio per otto mesi e per un istante l’ho avuto tra le mie braccia, poi il buio mi ha avvolto tra le sue braccia.

Mi ritrovai in un mondo di nuvole, la mia vista e il mio udito sembravano fossero due cose distinte. Avevo abbandonato il mio corpo. Ero circondata da una fitta nebbia, non vedevo nulla e nessuno, non mi interessava sapere dove fossi finita, non mi interessa nulla.

Finalmente ero in pace.

Avevo trovato la pace.

Quella pace che negli ultimi tempi avevo perso. Mi voltai per guardarmi intorno e lo vidi. Era un tunnel buio, nero come la morte. In fondo alla fine del tunnel c’era, una luce forte, dolce piena di pace. Mi chiamava, voleva che andassi verso di lei, ed io volevo raggiungerla, ne avevo bisogno, un bisogno disperato. Ma, nonostante ogni sforzo non riuscivo a raggiungerla.

Ripensandoci ho come l’impressione che in quell’istante fossi consapevole del fatto che una volta entrata in quel tunnel non sarei più tornata indietro. C’era qualcosa in me che non mi permetteva di andare oltre. Ero sospesa tra il tunnel e la nebbia. Quella luce era così calda, come il tepore delle braccia di una mamma che avvolgono il proprio figlio. Non saprei descrivere diversamente la sensazione di pace e tranquillità che ho provato.

Mi sono sempre chiesta il perché non avevo paura di quel tunnel.

Non era quella paura che mi aveva accompagnato nella mia adolescenza e che era svanita nel buio, un buio che non mi spaventava, ma che anzi mi amava. Non era più il mio nemico, ma un mio amico più fidato che mi proteggeva.

Quella luce, piena di calore, amore e bellezza mi donava, risposte rassicuranti che arrivavano non dentro un corpo, perché io non avevo un corpo, ma dentro il mio pensiero fatto di aria pura e limpida.

Riflettendoci oggi, potrei definire quel mondo come un utero materno. E penso che io ero quel bambino che doveva nascere e che quel tunnel era la via per raggiungere la luce della vita, accolto dalle braccia della madre, cioè Dio.

Dio mi regalò,  la vita per la seconda volta.

Posso sicuramente affermare che in quello spazio l’amore è alla base di tutto. E’ un amore infinito come la vita. Non c’è gelosia, non c’è egoismo ma solo amore incondizionato verso il prossimo. Nessuno in quel luogo può ferirti e farti del male perché Dio è la madre e noi siamo i suoi figli. Lui voleva che fossi io a scegliere quale strada percorrere. Non è stato facile. Alla fine del tunnel c’era lui con le sue forti braccia che mi accoglievano piene di amore, mentre dall’altro lato c’erano le persone che sulla terra mi amavano e che soffrivano a causa mia… Ed io cosa volevo?

Ho scelto la vita consapevole che c’era mio figlio…

Un vortice mi ha risucchiato dentro il mio corpo. Ho provato una sensazione di smarrimento, come se non riconoscessi il mio corpo, la mia vita. C’era qualcosa di diverso in me, ma solo col tempo capii.

Ho aperto gli occhi ed ho visto mia sorella, con gli occhi umidi, pieni di terrore e di paura. Dieci giorni dopo ho provato a mettere i piedi a terra. Non ricordavo più come si camminava: le mie gambe non mi rispondevano, non riconoscevano i miei ordini. La memoria richiedeva un enorme sforzo celebrale e il mio cervello non era ancora capace di comunicare col mio corpo. Il medico mi ripeteva che col tempo tutto sarebbe ritornato alla normalità.

Ritornare in vita è stato difficile, sarebbe stato più facile morire.

L’amore di mio figlio e la sofferenza di non poterlo vedere, mi hanno dato la forza di reagire e uscire dall’Ospedale dopo venti giorni dal parto…