L’ora di Lucia

Un' ora che avrebbe dovuto essere tranquilla e sarà tragicamente ricordata per sempre.

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Salve, io sono un’ora. Sì, sì un’ora, quella che prima che mi chiamaste così se ne stava tranquilla ed indistinta nel Tempo e che al massimo poteva definirsi in base al giorno, alla notte, alla pioggia, al sole, roba semplice insomma.

Poi siete arrivati voi e con la vostra mania di controllo, mi avete inventato tanto per darvi un tono, per illudervi di potermi controllare, ma vi è andata male, vi siete dati la zappa sui piedi. Da allora per voi sono diventata spesso una condanna: troppo veloce o lenta, triste o allegra, vuota o piena, mancante o di troppo, desiderata o temuta, insomma, di tutto e il suo contrario. Poi siamo diventate tante. Io, ad esempio, sempre in base ai vostri schemi cervellotici, sono precisamente un’ora dell’anno 2016.

Una delle ottomilasettecentoottantaquattro ore del 2016.

Beh, se vogliamo proprio fare i pignoli, siamo ancora di più perché io ho una gemella per ogni uomo sulla faccia della terra ad eccezione di pochissimi fortunati, quindi visto che a occhio e croce siete sette miliardi e mezzo, noi siamo più di sessantacinquemilamiliardi. Troppe? E che volete da me, la colpa è vostra.

Io sono passata e, come me, tutte le ore passate sono spesso dimenticate, a volte trattate male solo per il fatto che ci avete voluto dare una vita breve, facendoci risucchiare dal Passato al termine di sessanta minuti, questo sempre in base alle vostre definizioni, si intende.

Ma torniamo a me. Visto che vi piace tanto dare nome e cognome a tutto, io sono stata l’ora n° 5.667 dell’anno 2016, la n° 555 del mese di agosto, la n° 3 del giorno 24, data in concessione a Lucia di anni 17, tutto sempre in base ai vostri calcoli.

Voi direte che in fondo sono stata una delle tante e io vi risponderò che no, non è così, e la prova è che qui nel passato sono additata e derisa per essere stata una ribelle, un’illusa sentimentalista, una che invece di guardare tutto dall’alto della sua superiore ineluttabilità, è scesa in basso confondendosi con i destini umani, provando a forzare e scardinare la mia stessa natura. Vabbè facciamola corta, ora vi racconto la mia vita, tanto è così breve che ci metterò davvero poco.

All’inizio mi sono detta, beh mica male, è notte fonda e passerò liscia come l’olio. Questa sensazione è divenuta quasi certezza quando, dalla soglia del Tempo, ho visto passare la n. 5.666 tutta tranquilla e paciosa e ho pensato che per me sarebbe andata ancora meglio, considerando l’inoltrarsi della notte. Ma poi ho conosciuto Lucia, la mia destinataria, e ho capito che non sarebbe stata una cosa tranquilla. In lei non c’era niente di tranquillo, era una ragazza talmente vivace che anche nei sogni andava a cento all’ora, come dite voi.

Ora 03:00 del giorno 24 agosto: ecco che arrivo e Lucia sta salendo le scale di casa.

È una casa antica di quelle fatte di sassi, con i travi in legno che incrociano il soffitto, una casa massiccia, forte come tante qui al centro di Amatrice, dove Lucia passa le vacanze. La sua stanza è al primo piano e appena è dentro Lucia inspira profondamente quell’aria confortevole che sa di muschio, di antico, di certezze secolari, di amori adolescenti e di storie mozzafiato, poi si butta sul letto e prende in mano il telefono. È notte già da tanto, ma dagli schiamazzi che si sentono ancora tra i vicoli, si capisce che le notti d’estate qui ad Amatrice hanno qualcosa di speciale, di unico.

I suoi capelli rossi ricadono sullo schermo del telefono mentre scambia messaggi con qualcuno, forse un ragazzo che ci sta provando con lei, oppure un’amica a cui confessare l’inconfessabile. Sorride arrossendo e le sue lentiggini si confondono quasi con il colore del viso. Inizia a spogliarsi togliendosi le scarpe mentre scrive al suo interlocutore “domani sarà una giornata meravigliosa!”, poi posa il telefono sul comodino di legno antico, si infila il pigiama pesante e spostando un lembo delle coperte si mette a letto. Un’ultima occhiata al telefono che lampeggia e un cuore palpitante inviato a chissà chi, forse al suo amore.

Sono passata per metà e mi sono proprio affezionata a questa ragazza. Io so che questo sentimento non mi è consentito perché io sono stata inventata per essere neutra, al di sopra delle parti, ma intanto sono grata al Tempo per avermi concessa a Lucia.

La sua testa ora sporge appena dalle coperte e i suoi occhi celesti indugiano aperti ancora per un po’, creando un contrasto sorprendente tra il rosso dei suoi capelli ed il bianco candido del cuscino spumoso.

Ecco, mi sono detta, fra poco si addormenta e io passerò tranquilla l’altra mia metà, guardandola mentre dorme e immaginando in quale sogno stia vivendo dal movimento delle sue labbra scarne e delle sue palpebre ancora sporche di trucco.

Minuto 36:00 dell’ora 03:00 del giorno 24 agosto: un rumore primordiale prevale su tutto, tutto si scuote, tutto cade, tutto sembra accelerare. Succede talmente tanto così velocemente che la mia durata sembra comprimersi, come se forze superiori spingessero anche me da ogni lato.

Ancora mi accanisco con il fato, chiedendomi perché doveva succedere durante il mio corso, perché non poteva essere la n. 5.668 ad assistere a questo cataclisma; io me ne sarei stata tranquilla nel Passato senza essere continuamente ripescata dai ricordi come un’ora tragica, nefasta, senza precedenti.

Lucia anche è precipitata in un letto di macerie e una parte del tetto la copre per metà.

Tutto ha perso colore, anche i suoi capelli, che ora si confondono come tutto nel grigio della polvere, ma i suoi occhi no, quelli per fortuna ancora spiccano celesti in mezzo ad un mare di cenere.

Lucia sta zitta, con la testa ancora nel sogno ed il corpo immobilizzato sotto ad un incubo, sta zitta per paura che il mostro si accorga di lei e finisca l’opera. Poi sente gridare e grida anche lei. Grida e sente gridare, grida e sente gridare e grida più forte, perché è l’unica cosa che riesce a fare.

Ormai mancano pochi minuti al mio passaggio e lo strazio mi assale, vorrei fare qualcosa per Lucia, vorrei estendermi fino a poter vedere qualcuno che la salvi, qualcuno che la tiri fuori da lì sotto.

Vedo tante mie gemelle interrotte dirigersi in anticipo nel Passato, un paio anche dalla casa di Lucia, ore incompiute di uomini, donne, ore di bambini.

Ci siamo, manca un solo minuto e Lucia è ancora lì, ora non grida più, ma muove i suoi occhi in ogni direzione per cercare una luce, uno spiraglio, o almeno un colore diverso dal grigio.

Lontano, tra un pezzo di trave e un masso, intravede muoversi qualcosa di color arancio, ma io sento che il passato inizia a richiamarmi. Cerco di resistere, di durare un po’ di più, vorrei solo vedere Lucia salva, ma non posso. Addio.

Il Tempo mi ha concesso di rimanere qui ancora un po’, in quella terra di nessuno tra Passato, Presente e Futuro, e quando vedo arrivare l’ora seguente le grido “Ti aspetto qui, capito? Ti aspetto qui per sapere di Lucia e non ti azzardare a tornare in anticipo!” L’aspetto ansiosa di sapere se è salva, se quel colore arancio che aveva intravisto era stato un buon segno. Ora vi capisco quando dite che un’ora certe volte non passa mai.

Eccola! Sta tornando, mi prende per mano e mi porta verso il Passato: ”Vieni, ora possiamo andare, Lucia è salva! Quel colore arancio che aveva intravisto nel buio era l’elmetto di un volontario, un ragazzo di un paese vicino che ho lasciato, insieme a tanti altri, a scavare ancora tra le macerie.”

È salva, Lucia è salva! Ora posso riposare nel Passato. Molti mi definiranno tragica, mi malediranno, ma per fortuna qualcuno mi ricorderà anche come l’ora della salvezza.

Questa storia è dedicata ai ragazzi de La Via del Sale Onlus che da quell’ora non hanno mai smesso di restituire speranza alle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto.