Mercati emergenti, il 2019 può essere l’anno del riscatto?

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L’anno che è appena trascorso è stato davvero complicato per i mercati emergenti. Nonostante i fondamentali tutto sommato solidi, diversi fattori ed eventi hanno creato pressioni fortissime che alla lunga hanno pesato.

Il difficile 2018 dei mercati emergenti

Le prime incertezze sui mercati emergenti si sono manifestate con lo sprint del dollaro (alimentato dalla politica monetaria aggressiva della FED). A questo hanno fatto seguito le tensioni sul fronte commerciale tra USA e Cina. Il colpo violento è stato vibrato però durante il periodo estivo, quando la crisi turca ha fatto crollare prima la Lira, ma poi dietro ad essa sono scese verso il baratro tutte le altre valute emergenti. Le sofferenze si sono fatte sentire soprattutto in quei paesi con deficit di partite correnti più ampie, come Argentina e Turchia.

Non a caso proprio in questi Paesi le banche centrali hanno dovuto mettere in atto delle iniziative importanti per limitare gli sbilanci macro e porre fine al deprezzamento delle valute. Lo ha fatto sia Buenos Aires, per frenare la caduta del peso. Nel corso del 2018 ha perso metà del suo valore rispetto al dollaro USD. Lo ha fatto anche Ankara, che a settembre ha spinto i tassi di interesse al 24%, arginando solo così la caduta della lira turca il cui indicatore OBV on balance volume era tragicamente impazzito.

I segnali di ottimismo

E per il 2019? Molti gestori preferiscono vedere la cosa con ottimismo, sebbene i segnali affidabili o sicuri non ci sono all’orizzonte. I mercati emergenti in sostanza potrebbero tornare a sovraperfomare. Tuttavia la condizione necessaria affinché ciò accada è che la disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina finisca presto. Peraltro entrambi i paesi – visto il diffuso rallentamento dell’economia globale – hanno l’interesse a stemperare le tensioni. La marcia del dollaro potrebbe poi cominciare ad essere un po’ più claudicante, soprattutto se la FED davvero rallenterà o fermerà il ciclo di rialzo dei tassi. Questo potrebbe spingere nuovamente gli investitori a lasciare il dollaro e tuffarsi di nuovi nei mercati emergenti.