Moira

Era stato un giorno speciale quello, un altro giorno di cui essere grata.

313

Ancora una volta è sceso il sole, il tramonto è la parte del giorno che preferisce. Il momento giusto per alzare le tapparelle e godersi quello spettacolo di colori caldi che tanto ama guardare dal terrazzo del suo attico sull’Aurelia. Il traffico e lo smog non la raggiungono così in alto ed è libera di godersi quello spettacolo così rasserenante.

Anche quello sarà un giorno speciale, di cui essere grata.

Rientra in casa, la portafinestra aperta, lascia che la brezza accarezza ogni parte della sua casa. Si siede sul divano, i capelli rossi raccolti in una coda morbida, sorseggiare il suo The, aspettando che le luci calino completamente con il suo fedele Zefiro – una calopsite blu- appollaiato sul tavolino di fronte.

Pronta per uscire incontro alla notte che si avvicina. I suoi vestiti neri la fasciano, abbracciandola, lo specchio nell’ascensore sembra ammiccarle. Il suo suv bianco la aspetta fuori, butta la sigaretta..E si parte. In questo caso avvicinarsi al mare e respirare l’aria sarà ancora più elettrico. La strada è sgombra a quell’ora, occasione rara.

Guida rilassata, le luci della via l’accompagnano. Si ferma all’inizio della via, vede la villetta e le luci sono spente. Sa che in casa non c’è nessuno e sa che deve entrare. E, di nuovo, aspettare.

La copia della chiave gelosamente custodita nella voliera di Zefiro gira senza porre resistenza e richiude la porta dietro di lei. La casa è grande, due piani, molto fresca, pulita. Si fa un The, si siede e aspetta.

La chiave gira nella serratura. Moira posa la tazza di The. In perfetto orario. Le persone prevedibili sono incredibilmente noiose ma a volte fanno comodo. Sente ogni singolo centimetro della sua pelle che freme, un lungo brivido su tutta la colonna vertebrale, le pizzicano le orecchie; gli occhi verdi attenti.

Si accende la luce del corridoio, la porta viene chiusa. Ottimo. È da sola. Nessun programma per la serata. Dovrà dedicarla a lei. Moira è calma, la paura non fa più parte di lei, l’ha abbandonata e sconfitta molto tempo prima. Al suo posto rimangono solo adrenalina ed eccitazione. E tanta tanta cattiveria. Quante volte ha visto quelle immagini nella sua testa? Le ha vissute e rivissuto centinaia di volte. Questa non è altro che una volta in più.

La donna entra nella cucina ed accende la luce. E la vede. Moira è lì che la guarda, appoggiata alla cucina a gas con un sorriso strano sulle labbra. Un sorriso più strano del fatto stesso che lei sia li.

<<Ciao Rebecca >>

<<cosa ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?>> Nessuna risposta per lei, nessuna parola che possa meritarsi. Per certe persone il silenzio è già abbastanza.

Moira stringe con forza il collo di una bottiglia e gliela sbatte con forza sulla tempia sinistra. Rebecca è a terra, priva di sensi. La guarda un po’, non la tocca, non la entusiasma l’idea di doverla toccare. Infatti ha portato i guanti.

La trascina fino alla Camera da letto più grande, su per le scale al piano di sopra. Le lega i polsi e le caviglie e la lascia riversa a terra; prima o poi si sveglierà, non c’è fretta. Moira apre la finestra e si accende una sigaretta, mentre la guarda, impaziente; e aspetta.

Quando Rebecca si sveglia la testa le fa un male incredibile. Si gira, non può muovere braccia e gambe, ha i capelli sugli occhi. E poi la vede. Moira le sorride.

<<bentornata>>

<<aiutami! Cosa vuoi fare? Sei impazzita?>> Moira le sorride di nuovo. Le si china di fianco <<inginocchiati >>

La tira per i capelli per farla mettere sulle ginocchia mentre la donna strilla dal dolore. Rebecca vede la ragazza con quel suo viso chiaro e dolce tirare fuori da una borsa nera un rasoio a batterie.

Moira la sistema davanti allo specchio della camera <<così puoi vedere anche tu>> Accende il rasoio e comincia a rasarle la testa costringendola a guardare nello specchio. A niente servono lacrime e suppliche. Il terrore avvolge il viso e l’animo della donna e Moira ne gode come e più di quanto avesse immaginato. Rebecca piange, ma lei guarda quella poveraccio completamente senza capelli e scoppia a ridere. È ora di chiudere.

Raccoglie i capelli della donna e glieli infila in bocca tutti appallottolati, stringendole la mascella con le dita. Rebecca non respira più. La sua faccia diventa di una moltitudine di colori, gli occhi le sporgono dalle orbite, cerca di tossire ma invano. Impossibilitata a muoversi, lentamente la donna soffoca davanti agli occhi rapiti di Moira che la osserva con una sigaretta tra le dita.

Rebecca è immobile ora. Un gran senso di pace avvolge la ragazza mentre cosparge il corpo del cadavere di benzina, e tutto il letto e continua a farne cadere per terra, sulle scale, nel salone al piano di sotto. L’ultima sigaretta sulla porta di quella casa. Il mozzicone raggiunge la benzina…che farà il suo lavoro.

Moira raggiunge il Suv, sale e guida fino a casa. Pace e armonia la accompagnano. Parcheggia davanti a casa. L’aria è frizzante, il cielo sgombro. Dal suo terrazzo vedrà anche le stelle. Entrata in casa si spoglia e indossa una vestaglia bianca e fresca. Zefiro l’ha aspettata sveglio, fido guardiano di casa. La ragazza Va in camera da letto, suo marito dorme avvolto nel lenzuolo color cenere. Controlla la camera dei suoi figli, Andrea e Sofia, che dormono vicini nel loro letto a tenda. Moira sorride, torna al suo terrazzo, Zefiro le vola sulla spalla e insieme aspettando l’alba.

Era stato un giorno speciale quello, un altro giorno di cui essere grata.