Cosa sono i neuroni specchio? Apro questo articolo, in modo inedito. Ritengo questo approccio utile, per una migliore comprensione, di quanto segue.

Ascoltate, con attenzione e trasporto!

Un bambino piange, guardando un coetaneo, disperato, perché gli è stato sottratto il giocattolo, a cui teneva tanto. Una madre prova un senso di terrore ed angoscia, osservando una scena, di un piccolo, in pericolo. Un uomo, donna, piange, quando vede il proprio amato bene che, per qualche motivo, soffre.

Che relazione intercorre tra queste situazioni così differenti?

Esse sono tutte espressioni del cervello sociale umano. Ognuna di esse presume una rapporto, con altri esseri umani e non solo. Tutto ciò, nel corso dell’evoluzione, ha predisposto circuiti neuronali, come conseguenza di legami sociali. La risposta è nello specchio. Nello specifico, nei Neuroni Specchio. Il confine, tra quello che chiamiamo Reale ed il mondo Immaginato, è molto meno definito di quanto si possa pensare. Infatti, vedere ed immaginare di vedere, agire ed immaginare di agire, provare un emozione ed immaginarsela, si basano sull’attivazione di circuiti cerebrali, in parte uguali, stimolati dalla simulazione incarnata. Per capire di cosa sto parlando, è necessario, fare un passo indietro, spiegando, cosa sono questi particolari neuroni, chiamati specchio.

Agli inizi degli anni 90, alcuni ricercatori di Parma, dei quali faceva parte Vittorio Gallese e Giacomo Rizzolatti, fecero una scoperta di popolarità mondiale.

Mentre indagavano la corteccia motoria dei macachi, si accorsero che c’erano dei neuroni che si eccitavano, sia quando le scimmie eseguivano un azione, come prendere un oggetto, sia quando lo vedevano eseguire da un altro essere. Chiamarono quei neuroni, Neuroni Specchio. Il seguito dello studio ha evidenziato che gli automatismi di rispecchiamento, non valgono solo per le azioni, ma, anche per le emozioni. Le aree cerebrali che si eccitano, quando proviamo rabbia o paura, si innescano anche, quando vediamo altre persone provare le stesse identiche emozioni. Questa è la simulazione incarnata che è alla base dell’empatia. È per questo che quando vediamo il dolore dipinto, nel volto di chi ci sta di fronte, si attivano le nostre aree del dolore, nello specifico, le aree corticali, cioè cingolo anteriore, somatosensoriale e insula.

Allo stesso modo, se leggiamo, negli occhi, di un altra persona, una sensazione di repulsione, di nausea, si attiva l’area corticale del disgusto, la stessa che ci fa vomitare: l’insula.

Riconoscere quello che gira nella testa altrui, guardandolo, semplicemente, negli occhi e tenendo conto  della sua postura,  ci rende capaci, di prendere, eventuali contromisure.

Per questo si è evoluto un circuito cerebrale che collega aree corticali, di notevole rilievo, come le prefrontali, le somatosensoriali, il cingolo, con zone più antiche, come l’amigdala e l’ippocampo. Sono regioni che integrano cognizione sociale ed emozioni. Questo, nella vita di tutti i giorni. Nello sport, i neuroni specchio, sono alla base della tecnica della visualizzazione. Con questo termine, si fa riferimento all’abilità di una persona, di rappresentare, mentalmente, tramite l’uso dell’immaginazione, precise sequenze motorie e comportamentali, indirizzate al raggiungimento di un obiettivo.

Per esempio, nel caso di un’atleta, questa tecnica, all’interno di un contesto di allenamento mentale, può aiutarlo, nel consolidare e intensificare l’apprendimento di gesti, azioni, in grado di guidarlo al miglioramento della prestazione sportiva, al momento della gara. Ad esempio, un calciatore può visualizzare il calcio di punizione o il rigore, eseguito, in modo magistrale. Inoltre, in molti sport di squadra, come il calcio, le informazioni da analizzare, dall’atleta,  sono moltissime, quindi, egli deve essere preparato a ricevere solo quelle ritenute fondamentali, in un determinato contesto, per riuscire a dare una risposta molto più specifica. Questo può essere possibile, allenando i neuroni specchio. Questo particolare tipo di neurone, di cui ho già parlato, prima, si attiva sia quando eseguiamo un azione, sia quando la osserviamo compiere da un altra persona. Inoltre, una stessa azione effettuata con fini diversi, attiva neuroni differenti.

Ancora, c’è da specificare che gesti differenti, ma fatti con lo stesso fine, mettono in azione gli stessi neuroni.

Per questo ed altri motivi, ogni allenamento deve avere una motivazione, ben definita, che faccia riferimento ad una fase specifica del gioco, se vogliamo addestrare adeguatamente le facoltà cognitive.

Non è raro, osservare che le abilità mentali vengano preparate, in situazioni non in linea con il gioco specifico, ma a se stanti.

Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. (Seneca)

Riferimenti bibliografici:

1] Rizzolatti G., Sinigaglia C. (2006), So quel che fai, Cortina, Milano.
2] Iacoboni M. (2008), I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino.


Dott. Sicignano antonio

Medico di Medicina Generale
Medico Psicoterapeuta
Specialista in Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana
Esperto in Psicologia dello Sport
Presidente comitato Campania SPOPSAM
Membro direttivo Nazionale SPOPSAM
Mind set coach