Se solo fossi stata un pochino più ordinata


Mi guardo intorno e penso che questa non può essere una casa.

Qui è tutto un ammasso di cose. C’è roba ovunque. Tutti i tavoli e le sedie sono stipate. Persino il divano risulta inagibile. Quando vado a dormire, devo fare la guerra con tutti quei vestiti che mi invadono il letto. Gli armadi, ormai, non si chiudono più. Le scale, poi, sono piene di ciarpame.

Ma qui niente è inutile. Tutte queste cianfrusaglie non si possono buttare.

La doccia in bagno è diventata l’ennesimo ripostiglio: ci stanno tutte le scatole di medicine che non riescono a trovare posto nell’armadietto sopra al lavello.

La cosa buffa è che ci sono mille stanze qui, e in nessuna c’è più posto per nulla.

Ovunque vada, mi manca l’aria.

Se siamo a tavola per cena, non riesco a dialogare con nessuno degli altri commensali, talmente è abbondante l’ammasso di pentole e stoviglie inutilizzate e senza meta che sotterrano la tovaglia.

E’ come se fossi in trappola.

Oggi sono qui da sola.

Non so dove siano finiti tutti gli altri, ma mi è venuta una fame sconsiderata, e tra le innumerevoli dispense che abbiamo sono riuscita a scovare una bella scatola di zuppa di fagioli.

Sinceramente, i fagioli mi fanno abbastanza ribrezzo, e la scatola non è bella per niente. E’ anonima. Ma so che dopo averne ingurgitato il contenuto non potrò mai gettarla via. Sarà un cimelio insostituibile.

Nessun’altra scatola di zuppa di fagioli al mondo potrebbe avere il privilegio di infondermi il ricordo di una giornata solitaria, trascorsa a passeggiare tra i miei tesori, e conclusasi con una misera cena a base di brodo di legumi.

Ho aperto il barattolo di latta e l’ho lavato da cima a fondo. L’ho reso lindo e presentabile e l’ho impilato e tutti gli altri suoi simili.

C’è la salsa di pelati che avevo aggiunto una volta a una pastasciutta troppo scotta. Quanto avevo riso quel giorno! Era davvero immangiabile quel pasto, ma non avrei mai potuto conservare quel barattolo senza tenermi un ricordo da poter riesumare alla sua vista.

Ogni cosa ha una storia, in questo tugurio.

Non potrei neanche immaginare cosa potrebbe succedermi se un giorno mi dovessi svegliare e mi accorgessi di non avere più memoria di niente. Sarebbe la fine. La più grande catastrofe.

La mia casa è un insieme di ricordi, e non ricordarli equivarrebbe a non avere più bisogno di vivere in questa casa.

Come potrei mai lasciarla nelle mani di qualcun altro… E’ buia, malconcia e disordinata, ma è nostalgica, memorabile ed evocativa. Tutte le cose, qui, mi parlano. Mi raccontano la mia storia.

Per un nuovo proprietario, nessuna cianfrusaglia avrebbe più significato.

Il fischio della pentola sul fuoco richiama la mia attenzione.

C’è uno strano odore nell’aria. Qualcosa di acre. Mi affaccio sulla zuppa e mi rendo conto di essermi nuovamente persa nei miei futili pensieri. Non c’è più alcuna traccia del brodo e i legumi si stanno arrostendo.

Un fastidioso rantolo mi pizzica la gola, la vista mi si appanna leggermente. Devo averla combinata grossa questa volta. Sento che i polmoni non stanno funzionando come dovrebbero.

Ho bisogno d’aria.

Ho bisogno d’aria.

Ho assolutamente bisogno d’aria.

Mi volto verso la finestra, ma ci sono troppe cose ammassate lì davanti.

C’è un mobile pieno di non so che, sul quale si sono date appuntamento delle orribili sculture di legno.

Davanti, c’è una sedia a dondolo che dondola un’altra piccola seggiolina che mi sorreggeva quando ero una bambina.

E poi, cose su cose.

Ci sono altri mille cimeli a separarmi dall’aria aperta, ma non riesco più a distinguerli, e la mia zuppa di fagioli rimarrà per sempre senza significato.

Mentre mi sono persa a ricordare, i ricordi mi hanno soffocata.

Immagine tratta dall’omonimo cortometraggio a cura di Sabrina Stocco


Se solo fossi stata un pochino più ordinata