Recensione: senza fine la meraviglia dell’ultimo amore di Gabriele Romagnoli

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Il primo amore è stato a lungo oggetto di dibattito e approfondimento letterario ma, pochi, sono gli autori ad essersi soffermati sulla meraviglia dell’ultimo. Gabriele Romagnoli, nel breve saggio, smonta ogni stereotipo su un tema trito e ritrito in modo assolutamente innovativo. Basta con le storie di innamoramento giovanili e con la filastrocca de “il primo amore non si scorda mai”. L’autore ci racconta episodi veritieri e attuali, di persone comuni e non, di sbagli, di amori persi, ritrovati, mitizzati, sereni e travagliati, a cui fa da comune sfondo la ricerca della propria identità, acquisita necessariamente con il tempo.

Le vicende e i personaggi si susseguono senza eccessive caratterizzazioni, mantenendo comunque vivo un unico filo rosso a conferma della tesi.

La tangibile differenza tra il primo e l’ultimo amore, non è dunque riconducibile all’amore di per sé ma risiede in noi stessi, nel nostro cambiamento e nel raggiungimento di una nuova e definitiva consapevolezza. Per Romagnoli l’ultimo amore è “la fine dell’attesa”, il momento della ritrovata speranza e l’inizio di una nuova vita: non volere altro e non volere essere altro.

A tal proposito l’autore scrive: “Gli anziani non sono confusi. Non vanno in sette direzioni diverse. Un pensionato sa cosa non vuole…e sapere cosa non vuoi è più importante di sapere cosa vuoi.” Ma è essenziale diventare anziani e viaggiare in sette direzioni diverse per potere vivere la meraviglia dell’ultimo e definitivo amore con maturità e pienezza?