Un giorno ordinario

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Un giorno che sembrava ordinario, ma diverso come nessuno immaginava. Turi, Vito e Mariuccia, seri seri, senza lacrimoni, senza sospiri da moccolo al naso, fanno il viaggio degli emigranti, il viaggio dell’ultima speranza: salpano, per andare in America. Brasi è pronto agli ormeggi. Bastano sette carusi curiosi e un cane di mannara dalla banchina, per un addio che nessuno, da vicino, saprebbe dire all’altro. È tutto pronto. La “Castagna”, così battezzata, l’hanno messa in moto, e adesso, prima di andarsene al largo, fa un cupo rumore di fondo, e ondeggia tra infiniti cerchi riflessi che preannunciano la prossima partenza. Ecco pure Vincenzo. Vincenzo, che a scuola, forse così bravo non era. Ma si sbagliavano, si sbagliavano tutti.

Non esistono “gli ultimi”.

Gli ultimi sono quelli bravi in qualcosa, quelli in cui nessuno ha mai avuto fiducia e pazienza. Gli ultimi sono quelli in cui, nessuno, davvero ha creduto. Ma ora s’è fatto tardi. “Bambini…venite qua, venite a salutare vostro padre”. Nuccia è nervosa, non sa far finta di niente, e le trema la voce. Brasi, Turi, Vito e Mariuccia non dicono una parola, continuano a giocare, restano silenziosi dove sono. Vincenzo magari era “sceccuri scola”, ma non è affatto stupido. Ci va lui, si inginocchia.  Se li abbraccia e li bacia tutti e quattro, con le lacrime agli occhi, come un condannato a morte. “Ci vediamo…ci vediamo presto”. Si rialza e se ne va con la giacca in spalla. Veloce, senza voltarsi un attimo.

La paura è quella di voltarsi ancora, e scegliere di non andarsene più. Brasi, senza acchianare a bordo, ha mollato gli ormeggi, e diligente, sorveglia il varo. Tiene in mano un barattolo vuoto di pomodoro, oggi domani dovessero imbarcare acqua. Il catino-piroscafo allora prende il largo, e fa appena un millimetro di navigazione nel porto stretto della pozzanghera.  Tutti salutano. Si parte, si parte. Chissà quando, si torna.

50 COMMENTS

  1. Racconto emozionante in cui viene raccontata la spensieratezza di gioco e la cruda realtà dell’emigrazione. Un duro colpo per questi piccoli e i loro familiari, costretti a lasciare qualsiasi affetto per cercare un po’ di oro, un po’ di fortuna in terre più vergini.

  2. Che dire?… Sembra un quadro dove puoi vedere davvero le immagini descritte… Mi sembra un po’ di leggere – con le dovute differenze – qualche pagina dei malavoglia in cui proprio si sentono i sentimenti dei protagonisti. Racconto davvero bellissimo!

  3. ” Iu mi nni vaiu America Rusina…! ” proprio uno dei motivi tipici della cultura siciliana del secolo scorso: qui i picciliddi di Antonio ci comunicano sia la spensieratezza e gioco, tipici della loro età, che pure una serietà verso la quale sono portati da…..un giorno ordinario !

  4. Un racconto commovente, un piccolo spaccato di una triste pagina dei nostri italiani, costretti a dire quasi addio ai propri cari, per cercare la fortuna e un po’ di benessere. Mi è “arrivato” dentro, bravo.